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Capirossi: “In Ducati trattato come spazzatura, dopo la morte del Sic ho avuto paura”

L’ex pilota italiano, ora responsabile della sicurezza, si racconta: “A Brno feci dormire nel mio camper un biondino, era Valentino Rossi”. Poi il ricordo di Simoncelli: “Ho chiesto di poter correre col suo numero la mia ultima gara, è stata la più difficile della mia vita”.
A cura di Matteo Vana
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Loris Capirossi - Getty Images
Loris Capirossi – Getty Images

L'addio al mondo delle corse è arrivato nel 2011, ma Loris Capirossi in realtà non se ne è mai andato: dopo aver smesso la tuta, il campione italiano ha deciso di indossare quelli del commissario, occupandosi proprio della sicurezza in pista. Una carriera che gli regalato tre titoli mondiali, ma anche il rimpianto di non essere riuscito a portare a casa il trofeo nella classe regina: nonostante questo ha disputato 328 gran premi, vincendo 29 gare e salendo sul podio in 99 occasioni.

Il rapporto complicato con la Ducati

Un bottino niente male per Capirossi, idolo di intere generazioni, che ha deciso di raccontare la propria vita sportiva attraverso il libro "65, La mia vita senza paura" in cui sono narrativi eventi, episodi e aneddoti dei suoi 22 anni di carriera. Proprio per ripercorrere la sua storia nelle due ruote, Capirex si è concesso ai microfoni di Repubblica

Sono stato il più giovane di sempre a vincere un Gp e nello stesso anno, ne avevo 17, il titolo. Storie di meccanici e notti passate in officina – racconta -. Ducati? Mi trattarono come spazzatura, cibo scaduto, ma mi presi una grande rivincita a Motegi. Il tempo ha dimostrato che Stoner era l’unico a saper guidare la 800cc.

Il ricordo del Sic e la paura

Una carriera impossibile da raccontare in poche battute, ma nella mente di Capirossi sono scolpite alcune immagini fondamentali, come quella volta in cui ospitò un giovanissimo Valentino Rossi: "A Brno feci dormire nel mio camper un biondino: non sapeva dove andare, diceva che ero il suo idolo. Che tenerezza. Al mattino sono uscito per fare il warm up, lui ronfava. Era Valentino, un anno dopo avrebbe esordito in 125" ricorda. Poi il 2011, l'anno in cui tutto finì.

Ad Assen  sono finito nella ghiaia. Ho capito che non me la sentivo più di rischiare. Mio padre disse: Dai un taj, dacci un taglio, ma dovevo chiudere la stagione. Ed è arrivata Sepang con la morte di Simoncelli – racconta in conclusione – Ho chiesto di poter correre col suo numero – il 58 – l'ultima gara a Valencia. Ho scoperto una parte di me che non conoscevo: ho avuto paura di correre, di morire. La gara più difficile della mia vita.

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