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Caso Alonso, il lato oscuro della forza (di gravità)

Alonso non sarà al via del GP d’Australia. Deve recuperare in un ambiente protetto dopo l’incidente di Barcellona. A 10 giorni dall’impatto, nessuno ha fatto chiarezza: c’è stato un guasto, un malore, una scossa elettrica? La F1 continua a nascondere la verità e a perdere credibilità.
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Fernando Alonso sta bene, ma il GP d'Australia lo guarderà dal divano di casa. Perché l'incidente durante i test pesa ancora, ma nessuno sa bene che cosa sia successo in quei misteriosi secondi. Due sole certezze non bastano a sollevare il velo di Maya sul mistero del Mondiale 2015: i medici hanno fermato l'asturiano che salterà il primo gran premio dal 2002, e alla folata improvvisa di vento ormai non crede più nessuno. Intanto la guerra interna con Ron Dennis pare già arrivata ai livelli di guardia del 2007.

Ipotesi 1: la scossa – Le raccomandazioni dei medici di Alonso non mi hanno sorpreso” ha dichiarato l'ex ferrarista René Arnoux. “Ho guidato in Formula 1, so di che parlo. L’impatto è stato laterale, più che altro ha colpito di striscio, e questo non spiega il danno di Alonso”.  Lo spagnolo, che ricorda poco ma ha rivisto le ricostruzioni dell'incidente, ha ammesso di aver sentito come una scarica elettrica alla colonna vertebrale. L'impatto ha in sé contraddizioni difficili da sanare. Perché lo spagnolo ha sbattuto contro le barriere a velocità relativamente bassa, non oltre i 100 kmh, ma con una forza che ha superato la soglia dei 15G, attivando così il sensore FIA nell'abitacolo. Il quotidiano tedesco Sport Bild ha sottolineato come “le vittime di una scarica elettrica spesso mostrano segni di confusione e perdita di memoria”, e Alonso ha fatto fatica a riconoscere chi gli stava intorno (ha identificato senza fatica solo il padre) e ha parlato in italiano, convinto di essere ancora alla Ferrari. Un'ipotesi da non scartare, ma comunque improbabile, anche perché, come hanno riferito uomini di Mercedes e Renault aalla Bild, un'eventualità del genere può accadere solo se si verifica un guasto contemporaneo a tutti i cinque diversi sistemi di sicurezza a bordo della monoposto. La Fia ha aperto un’inchiesta che sembrerebbe escludere l’ipotesi della scossa elettrica, ma la federazione non ha un organo inquirente neutrale, e ammettere una tale circostanza sarebbe forse la pietra tombale sulla rivoluzione dei motori ibridi. Gli esami cardiologici cui Alonso si è sottoposto, però, hanno dato esito negativo, e questo porta verso nuove direzioni. Perché la scossa elettrica avrebbe inevitabilmente creato aritmie cardiache.

Ipotesi 2: il malore – Ma allora, gli è successo qualcosa che lo ha fatto andare a sbattere, o gli è successo qualcosa perché è andato a sbattere? Arnoux è convinto che “Alonso si sia sentito male al volante. Che ci fosse il vento è stata usata come una comoda scusa”. Un'ipotesi che hanno sostenuto da subito i media spagnoli, convinti che Alonso avrebbe addirittura perso i sensi e per questo avrebbe improvvisamente rallentato per poi finire fuori pista. Come ulteriore indizio, Marca sottolineava come il pilota sia rimasto per una decina minuti privo di sensi nella vettura, prima di essere estratto dall’abitacolo. L'agente dell'asturiano, però, ha smentito subito. Ma a 10 giorni dall'incidente, con l'ulteriore ipotesi dell'amnesia ad aggiungere variabili e caos, i medici hanno detto che è meglio per Alonso recuperare in un ambiente protetto. Da cosa, esattamente? Potrebbe essere una scelta precauzionale come quella suggerita a Mario Andretti dopo lo schianto a Houston. Allora i medici gli dissero: “Ora stai bene, ma se prendi un'altra botta rischi di restarci secco”. Il tre volte campione di Indianapolis chiuse lì la carriera: anche la vita dei piloti è fatta di priorità. Quale tassello, dunque, manca per capire perché, quando saranno passati 21 giorni dall'impatto, lo spagnolo non potrà essere al volante della sua McLaren?

Ipotesi 3: il guasto – C'è anche una terza ipotesi, il guasto meccanico. È l'idea che difende Jean Alesi, è la spiegazione che dà Franco Nugnes di Omnicorse, presente a Barcellona. Sull'asfalto, scriveva a poche ore dall'accaduto, si nota il segno chiaro della frenata, e la “pressione sul pedale aumenta man mano che si avvicina verso la barriera. Una persona sottoposta ad una scarica di alta tensione resta "fulminato" e non è in grado di agire nell'abitacolo”. Resta un aspetto inquietante, si vede solo la striscia nera della ruota destra: c'è stato un guasto meccanico allo sterzo, o alla sospensione, che ha bloccato la macchina e impedito ad Alonso di cambiare direzione? Possibile, e purtroppo con la scuderia chiusa a riccio, oltre le ipotesi non è possibile andare per capire le possibili cause.

Dov'è la verità? – La grande assente, ancora una volta come in occasione dell'incidente di Jules Bianchi, è la verità, la trasparenza di uno sport che non può più permettersi, visto anche quanto costa, di non essere credibile. Nascondere la verità non aiuta, nemmeno un tentativo di rispettare la privacy di un uomo, di un campione, sulle sue condizioni di salute, basta a giustificare la coltre di nebbia spalmata sulla vicenda, con la complicità della McLaren. Il danno di immagine, per la scuderia, è enorme, e si aggiunge agli esiti fallimentari dei test. E le striscianti teorie complottiste su un Alonso insoddisfatto e invano forzato dal team a scendere in pista a Melbourne, fanno proseliti. C'è del marcio a Woking, come nella Danimarca dell'Amleto shakesperiano. Ironia della sorte, è al danese Magnussen, considerato vicino alla Marussia, che la McLaren si riaffida per mascherarlo. Almeno in Australia. Per non finire Down Under già alla prima gara.

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