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Chiedi chi era Ayrton Senna vent’anni dopo la sua morte a Imola (video)

Vent’anni fa moriva Ayrton Senna, uno dei più grandi campioni nella storia della Formula 1. Il pilota è stato un simbolo di riscatto per tutto il Brasile, per un popolo che lo ha amato anche più di Pelè.
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Ayrton, acceleriamo insieme”. Con questo striscione la nazionale brasiliana ha festeggiato il titolo mondiale del 1994 nella torrida notte di Pasadena. “Senna dall'alto mi ha fatto sbagliare” commenterà Roberto Baggio. È un omaggio commovente all'eroe di un popolo intero, morto in pista due mesi e mezzo prima. Per il Brasile, Ayrton Senna era il figlio, il fratello, il padre che tutti avrebbero voluto avere. I 6 mila che affollavano casa sua dopo la sua prima vittoria a Interlagos, per i milioni che ne hanno pianto la morte, lo hanno amato come e più di Pelè. Senna era il loro riscatto contro le miserie della vita. Quando alzava la bandiera, sembrava dire al mondo: questo è il Brasile che vogliamo, onesto, deciso, vincente. Era insieme un pilota formidabile e un uomo pieno di paure, con una fede in Dio al limite del mistico e rapporti più che complicati con le donne. Aveva la ferocia del debuttante e un talento fuori categoria: per lui contava vincere, e nient'altro. Dopo le prove, quando non c'era più nessuno, attraversava il circuito a piedi, una strategia di visualizzazione affinata con il preparatore Nuno Cobra, in Brasile, perché per lui prima della macchina viene la mente. Aveva quel mix di volontà, dedizione totale e tensioni irrisolte che rendono i campioni unici e indimenticabili.

PREDESTINATO – Non viveva nel lusso, ma certo poteva concedersi uno stile di vita superiore alle famiglie brasiliane. Ha sempre un rapporto contrastato con il denaro: “I soldi sono una cosa strana: chi non li ha fa di tutto per averli, chi li ha si ritrova un sacco di problemi a causa loro" diceva. Sui suoi soldi, sui 15 miliardi di ingaggio e sui favolosi contratti di sponsorizzazione con cui alimentava le sue attività finanziarie, aveva messo gli occhi nel 1990 il ‘Commando Vermelho’, la gang più potente della criminalità organizzata di Rio de Janeiro, che preparava un piano, mai messo in pratica, per rapirlo. Ayrton viene educato con attenzione: va bene a scuola e aiuta il padre nell'azienda di famiglia. "E' una regola di vita importante: per avere occorre meritare, e per meritare occorre lavorare", dirà papà Milton. Il legame con la famiglia non si spezzerà mai. Goffo ma iperattivo, inizia a guidare a quattro anni. Il padre ha un'officina meccanica e gli costruisce un kart con un motore da 1cv. A sette anni, nelle strade vicino casa, comincia anche a fare pratica con l'auto del padre. E in un tema a scuola già si vedeva come un futuro pilota di Formula 1. E' papà Milton da Silva a portarlo alla pista di kart a Interlagos, ma è col cognome della madre, Neide Senna, che Ayrton decide di correre. “Di da Silva ce n'erano tanti, di Senna no”. Il 1° luglio 1973 Senna debutta in una gara ufficiale a Interlagos e vince. Indossa il casco giallo e verde che gli ha disegnato Sid Mosca, a cui poi chiederà di aggiungere la striscia blu: correrà sempre con i colori del Brasile sulla testa. Il padre lo affida al “Tche”, è lui il primo maestro, l'istruttore di Ayrton che a 17 anni vince il campionato sudamericano di kart. Il passo successivo è Le Mans, al campionato del mondo. Sono i fratelli Parilla, i proprietari della fabbrica DAP di Milano, che lanciano Senna nel mondo dei kart. Il legame è profondo e duraturo, ma non porta al titolo mondiale. Fortissima la delusione nel 1979, quando Senna vince all'Estoril e crede di avercela fatta, ma quell'anno le regole sono cambiate: è arrivato a pari punti con l'olandese Peter Koene, premiato per i migliori nelle qualificazioni. "I go-kart sono stati la mia migliore scuola. Lì ho imparato tutti i trucchi del mestiere” racconta Ayrton.

VIA DAL BRASILE – Senna non ha dubbi: per arrivare in Formula 1 deve andare in Inghilterra. Sceglie di gareggiare in Formula Ford e affitta un appartamento a Norfolk con sua moglie, Lilian Vasconcelos Sousa. Corre nel Townsend Thorensen e nel RAC: è il primo nella stotria a vincerli entrambi al debutto. Non è felice però. Quella non è la vita che Lilian sognava, e il rapporto tra i due si logora presto. In più, in Brasile tutta l'attenzione è per Nelson Piquet, che vince due campionati del mondo con la Brabham di Bernie Ecclestone, e su Moreno e Bosel, al vertice in Formula 3. Così, Senna torna a casa per aiutare il padre, che gli apre un negozio di ferramenta. Ma il richiamo è troppo forte. Dopo qualche mese è di nuovo Inghilterra, di nuovo in Formula Ford, nella classe superiore, le 200cc. Vincerà 22 gare su 28: un trionfo. Il divorzio da Lilian è inevitabile. Prima della fine della stagione, Ron Dennis gli promette di pagargli un anno in Formula 3 e un'opzione per entrare in Formula 1. "Ayrton era disposto a impegnarsi a correre per noi nel 1984 o più avanti, a patto che avesse la garanzia del posto". Ma Dennis non può accontentarlo e Senna rifiuta. Nonostante il prestigio dell'offerta Ayrton voleva gestirsi da solo. Corre nel campionato britannico di F1 e trionfa nel Mondiale dopo una partenza irripetibile: vince tutte le prime 9 gare della stagione 1983 restando in testa per 185 giri su 187. Il 19 dicembre 1983 firma un contratto con la promettente Toleman, giovane scuderia sponsorizzata da una grande azienda di trasporti. È il quattordicesimo brasiliano a entrare in F1 e fa includere nel contratto triennale una clausola di svincolo. Vuole vincere, vuole diventare il terzo brasiliano campione del mondo dopo Fittipaldi e Piquet, e non far vincere.

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IL RE DELLA PIOGGIA – Il suo primo gran premio, in casa, non è proprio memorabile. Si qualifica in ottava fila, ma prima della partenza l'abitacolo si allaga di benzina e la sua gara dura solo otto giri per mancanza di pressione nel turbocompressore. Andrà peggio a Imola, nel 1984, unico GP nella sua carriera in cui non riesce a qualificarsi: dieci anni dopo lo stesso circuito gli sarà fatale. La sua storia cambia a Montecarlo. Al debutto sul circuito più difficile del Mondiale, dove vincerà sei volte (record nella storia della corsa) si qualifica 13mo, con pista asciutta. Ma la domenica diluvia. Senna vola come se la pista fosse asciutta, sui kart ha imparato un trucco che si rivela decisivo, ha imparato a scalare e curvare senza frenare. Si lancia in una rimonta strepitosa, fino al secondo posto. E' a 7 secondi dalla McLaren di Prost, quando il francese all'ingresso del tunnel alza il braccio e chiede di fermare la corsa. E il direttore Ickx lo accontenta. È sua la prima stoccata di una rivalità che segnerà tutto il successivo decennio. "Non posso dire che abbiano fermato la gara apposta, ma mi suona strano che quella bandiera rossa sia uscita proprio quando io ero molto più veloce di Prost” dirà Senna Da quel giorno, Senna diventa “il re della pioggia”, ma non è sempre stato così. È un talento che ha costruito con quella determinazione feroce, quella voglia di vincere che viene prima di tutto, che conta più di tutto. La sua prima gara sul bagnato, sui kart, è un disastro. Non sa da che parte girare, non fa altro che slittare. "Era furioso, era pazzo di rabbia per aver perso” ricorda la sorella Viviane. “Dopo quella corsa, ogni volta che iniziava a piovere usciva di casa, montava sul kart e se ne andava in giro fino a che non faceva buio. Continuò a fare così ogni volta che pioveva tornando a casa grondante acqua fino a che non imparò ad avere il controllo totale della situazione”.

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LA LOTUS – Dopo il primo anno, Senna non è soddisfatto. “Se non posso lottare per ottenere buoni risultati e buoni piazzamenti, credo che il tempo investito nella Formula 1 sia tempo perso, tempo che farei meglio a dedicare a qualcos'altro. Per come la vedo io, questa è una professione non necessaria. Ritengo davvero che non valga la pena impegnarsi, se non si dispone di una macchina competitiva”. Torna a vivere a Londra, compra casa a Esher dove abita con Mauricio ed Estela Gugelmin. A ottobre un virus gli paralizza la parte destra del volto. Solo a febbraio, nei test a Rio, prova la nuova macchina: la Lotus. Il 21 aprile, all'Estoril, ottiene la sua prima pole. La macchina si rompe durante il warm up, ma i meccanici preparano il muletto, Senna parte e sotto la pioggia vince: la Lotus non conquistava una corsa dal GP d'Austria del 1982. Piove anche a Spa-Francorchamps, corsa in calendario a maggio ma rinviata per le pessime condizioni dell'asfalto, quando Ayrton firma la seconda vittoria. “In Belgio è stato difficile fino a metà gara, poi mi sono un po' rilassato. La gara stava diventando perfino un po' noiosa, dato che non ero pressato da nessuno; mi lasciai proprio andare. Ero sempre in testa. Con la paura di rompere qualcosa. Ho incominciato a pensare: e adesso cosa si romperà?”. Per sua fortuna, la monoposto non lo tradisce. A fine anno, Warwick lascia la scuderia. Senna non lo voleva, non voleva nessuno che potesse sottrargli attenzioni e risorse. Sostiene anche di aver incluso nel contratto una clausola secondo cui tutta l'attenzione della scuderia doveva essere rivolta su di lui nel 1986. Senna resta in Lotus fino al 1987, ma le sue ambizioni lo portano lontano. “Le corse non si vincono con i sentimenti” dice, e passa in McLaren, la miglior macchina del Mondiale. Qui trova “il professore” Alain Prost. Sono diversi in tutto, due opposti che non si attraggono. E la coppia scoppia molto presto.

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SENNA VS PROST – I due quasi si toccano sull'asfalto viscido di Silverstone, e la stampa francese accusa Prost di non avere fegato per attaccare Senna sul bagnato. All'Estoril, arrivano affiancato sul rettilineo dei box, prima di una curva stretta, Prost all'ultimo accelera ed evita lo scontro. "Se vuole vincere il Mondiale con questi mezzi lo dica subito e vedrò di adeguarmi", dice Prost. Il campionato si decide a Suzuka. Senna ha problemi con la frizione, ma rimonta, rincorre il professore e lo passa a metà gara. Piove anche quel giorno, quando il re della pioggia vince il suo primo titolo. "Oggi ho vinto qualcosa di più di una gara di Formula 1 ", dirà. Quel giorno fa festa tutto il Brasile. In Giappone, si decide anche il Mondiale 1989. A Prost basta arrivare davanti al rivale per conquistare il titolo. Senna si conferma re della pole, il suo record di 65 è ancora imbattuto, e parte davanti. Al 46mo giro, prova il sorpasso in una chicane dove superare è di fatto impossibile. Lo scontro è inevitabile. Senna riesce a riprendere, continua, recupera posizioni, gli organizzatori aspettano a comunicargli la decisione e gli sventolano davanti la bandiera nera quando mancano sei giri alla conclusione. Senna è squalificato e Prost vince il Mondiale. Ayrton vive quella decisione come una profonda ingiustizia e pensa di lasciare la Formula 1. “Ero disgustato, non volevo correre in quel modo. Poi, grazie all'affetto della famiglia, sono riuscito a raggiungere nuovamente il giusto equilibrio e così decisi di continuare. Il problema più grosso fu superare il rancore e la rabbia”. Una spinta gli arriva dal passaggio di Prost in Ferrari. Ancora una volta, i conti si fanno a Suzuka. Di nuovo, Senna è in pole. Prost lo passa subito, ma alla prima curva Senna passa all'interno: a tutti sembra una mossa premeditata per buttare il rivale fuori pista. "Il suo obiettivo non era superarmi, era buttarmi fuori strada. E' disgustoso quello che ha fatto” protesta Prost. “A volte le gare finiscono subito dopo il via e a volte a sei giri dalla fine…" dirà Senna, con evidente riferimento all'episodio dell'anno prima. Dopo aver vinto facilmente il Mondiale 1991, Senna corre due anni con una McLaren inferiore alle Williams, che conquista due titoli di fila con Mansell e Prost, tornato dopo un anno sabbatico che annuncerà di lasciare la Formula 1. Al suo posto, Frank Williams vuole proprio Senna. Il pilota più veloce, sulla macchina più veloce. Per Ayrton la soddisfazione è doppia: ha tolto la macchina al Professore.

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LA BALLATA DELL'EROE – Ma il sogno diventa presto un incubo. L'abitacolo è stretto, la Williams ha troppi problemi, la squadra è abituata a vincere ma non è abituata a lui. "Non si tratta di problemi gravi. Ma Prost è un pilota che segnala una indicazione e poi lascia fare; Senna segnala e sta lì a guardare il tecnico e i meccanici sino a quando hanno fatto ciò che voleva. Sono un po' tutti sotto stress per questo, ma Ayrton è cosi" spiega un meccanico. In più, un nuovo rivale, più giovane e forte, si affaccia all'orizzonte: Michael Schumacher. E quando i sogni svaniscono, diceva Senna, non vale più la pena di vivere. Se ne andrà alla fine di un weekend dell'orrore, con l'incidente di Barrichello, la morte di Ratzenberger. Se ne va dopo aver chiesto uno scatto speciale al suo amico fotografo, Angelo Orsi: voleva essere fotografato nell'abitacolo con le bandiere brasiliana e austriaca, in memoria dell'amico Roland. E invece l'unica bandiera con cui viene fotografato è quella che avvolge la sua bara, che viaggia su un volo di linea della compagnia di bandiera brasiliana, in compagnia degli amici, sui sedili e non nella stiva dopo infinite trattative e le pressioni della madre. Al ritorno dal suo ultimo viaggio, un intero Paese è in lutto. Un popolo cui Ayrton ha insegnato a lottare come un guerriero e gioire come un bambino. Un popolo che con lui si era commosso, aveva sognato, che lo aveva amato per quello che era, che lo aveva capito più di quanto immaginasse. Sognavano il ritorno di un campione vivo, non sapevano che farsene di un eroe morto.

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