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Cinque cose da sapere su Piquet, una leggenda in chiaroscuro

Ha vinto 23 gran premi e tre titoli mondiali. E’ il primo campione del mondo con una monoposto a motore turbo. Perfida la rivalità con Senna.
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Cos'è un nome? Ha cancellato il suo, Nelson Souto Maior, figlio di un ministro del governo brasiliano che avrebbe sognato il figlio tennista, come lui, e anche per questo lo spedisce in California a studiare ingegneria e management. Nelson però si appassiona ai kart e usa il cognome della madre per nascondere quello che fa. Ma va forte, e un nome Nelson Piquet se lo fa comunque.

Una fama da tombeur de femmes

Lo chiamano lo "zingaro" della Formula 1 perché vive in barca. La tiene ormeggiata nel porto di Montecarlo, sempre pronto a salpare verso nuove incredibili avventure. Si sposta col suo aereo personale, regalo per il secondo titolo mondiale, che impara a guidare nell'inverno del 1983 vicino Reggio Emilia. Ha sempre avuto fama di tombeur de femmes, è leggenda il suo flirt mai confermato né smentito con la principessa Stephanie di Monaco. Dispensatore di scherzi, facile all'ira e alla polemica cattiva in pista e fuori, ha incantato per un decennio. Ha unito maestria, intelligenza e astuzia, senza mai smettere di risultare controverso. Un campione in chiaroscuro, dai toni estremi, caravaggesco, che non ha esitato a scoperchiare il “crashgate” del 2008 per vendicarsi di Briatore che aveva “tagliato” il figlio. E di fatto ha chiuso per sempre le porte della Formula 1 a Nelson junior.

Alla Brabham… grazie alla birra

Terzo al campionato europeo di F3, entra in Formula 1 su una Ensign sponsorizzata Tissot al GP di Germania nel 1978. In quella prima stagione guida tre vetture diverse in cinque gare. Per le successive tre è al volante di una vecchia McLaren M23 del team Ligget Group B&S Fabrication. La svolta però arriva al GP d'Italia. Arriva nono a Monza, ma soprattutto tratta con Bernie Ecclestone per entrare alla Brabham. Il posto sembra praticamente garantito a De Angelis. Piquet dalla sua ha i soldi della birra Brahma, che in passato aveva appoggiato anche il connazionale Carlos Pace, e gli interessi della Parmalat, altro sponsor della scuderia, in Brasile. Ecclestone lo sceglie per due motivi. Perché sbaglia poco e accetta un ingaggio bassissimo. Al primo anno parte in prima fila nel GP Usa Est. L'anno successivo arrivano le prime pole, a Long Beach e in Canada. A Montreal, però, il suo grande rivale, Alan Jones, lo manda contro il muro subito dopo il via.

Sarà sempre Jones, prima guida della Williams, a duellare con Piquet per il Mondiale 1981. Divide et impera, sembra il suo motto. Proprio in Brasile, alla seconda gara nel Mondiale, Reutemann rifiuta di obbedire agli ordini di scuderia e non lascia passare Jones. L'aria diventa elettrica. La scuderia è dalla parte del britannico, i due compagni-rivali si tolgono punti a vicenda per tutto l'anno e a Piquet bastano tre vittorie per diventare campione del mondo. L'argentino, peraltro, paga anche un'altra guerra, quella tra la FISA e la FOCA, tra la Federazione e i costruttori, che ha portato a invalidare il GP del Sudafrica. SA Kyalami, infatti, aveva vinto proprio Reutemann su Piquet: con quei punti il titolo sarebbe stato suo. Tuttavia, il guadagno maggiore di Piquet arriva dalla vittoria nel campionato Procar, la serie monomarca che si corre alla vigilia dei Gran Premi con le Bmw M1.

Il secondo titolo e l'addio alla Brabham

Il passaggio al motore turbo BMW è tutt'altro che facile. “Non era competitivo, non si teneva insieme” ammetterà il team manager di allora Herbie Blash. “Però Nelson era determinato a farlo funzionare. Dava l'impressione di essere un playboy ma era molto preparato tecnicamente, era un po' il nostro test driver. C'era sempre lui dietro al progetto e poneva domande molto giuste. I risultati si vedranno nella stagione 1983, che inizia ancora in salita. I piazzamenti però si moltiplicano e le vittorie di Monza e Brands Hatch lo riportano in lotta per il titolo con Prost che l'aveva speronato in Olanda. A Kyalami, all'ultima gara, il Professore si ritira e Piquet lascia la vittoria al compagno di squadra Patrese. Gli basta il terzo posto per diventare il primo campione del mondo con un motore turbo. È più veloce del francese, più creativo di Lauda, più simpatico e preparato tecnicamente di Rosberg, più solido di Arnoux, migliore di Tambay. Quando la Brabham si accorderà con la Pirelli, nel 1985, correrà per svolgere i test l'equivalente di 75 gran premi. Se si fosse ritirato al termine di quella stagione, sarebbe stato ricordato come uno dei migliori piloti di sempre.

1987: l'incidente al Tamburello

Nel 1986 Piquet passa alla Williams, al fianco di Mansell. “E' stato un anno buono” ha detto. “A volte si rompeva la sua macchina, due volte si è rotta la mia, che ho avuto anche una rottura del motore e altri problemi. Penso che quel Mondiale però avrei dovuto vincerlo io e quello successivo, nel 1987, l'avrebbe meritato lui”. È una stagione strana per Piquet, che inizia con un cattivo presagio. Durante le prove del gran premio di San Marino sbatte con violenza contro il muro all'esterno della curva del Tamburello. È un cedimento meccanico, dice Adrian Campos che lo segue. Piquet è illeso, ma precauzionalmente non partecipa alla corsa e si improvvisa telecronista RAI insieme a Mario Poltronieri e Clay Regazzoni anche per i buoni rapporti che ha con Ezio Zermiani. Non lo ammette subito, ma l'incidente ha conseguenze pesanti. “Non riuscivo più a guidare come prima” dirà, “avevo perso molta profondità del campo visivo, l'80% nei primi mesi. Ogni due settimane andavo a Milano a farmi visitare e miglioravo ma per frenare dovevo guardare i cartelli. Riuscivo a fare bene se rimanevo dietro un altra macchina ma se ero in testa diventava tutto più difficile. Quel giorno, per me è finito tutto. Ho continuato a correre fino al 1991, ma l'ho fatto solo per i soldi”.

Piquet e Senna: molto più di una rivalità

C'è un destino di dolore e di morte a legare Piquet e Senna, due icone e due modi opposti di essere brasiliani, al Tamburello. Piquet non ha mai sopportato il rivale. È memorabile il sorpasso a Budapest, nel 1986, nella prima edizione del primo gran premio dietro la Cortina di ferro. Dopo qualche giro Piquet entra al tornante in condizione sfavorevole ma firma in controsterzo uno dei più bei sorpassi nella storia della F1. "È stato come fare un looping con un Boeing 747″. Le battute cattive, negli anni, si sprecano. È Piquet a mettere in giro la voce sull'omosessualità di Senna. Prenderà poi il suo posto alla Lotus, dopo gli anni alla Williams. “"Vado a mettere a posto la macchina che Ayrton non ha saputo mai sistemare" dirà. La storia però lo smentirà. Mostrerà, forse per la prima volta, rispetto per il talento di Senna nel giorno del suo funerale: non si presenta, “perché non è opportuno” spiega. Ma non dimentica. “Chi era, onestamente il migliore fra te e Senna” gli chiede un giornalista. “Beh”, risponde, “io sono vivo…”.

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