Cinque sorpassi che hanno fatto la storia della Formula 1
Il brivido della velocità. Il ricordo di un tempo che fu, di generazioni di piloti che hanno scritto la storia della Formula 1. Storia e storie di momenti che hanno segnato un'epoca. Cinque sorpassi destinati a restare nella memoria per generazioni.
Digione 1979: il duello Villeneuve-Arnoux
Più di un sorpasso, è un duello passato alla storia. Due rivali che si rispettano, che tirano fuori il meglio l'uno dall'altro, che entusiasmano e infiammano Digione anche se in palio c'è “solo” un secondo posto. Gilles Villeneuve sulla Ferrari 312 T4 (spinta dal 12 cilindri boxer aspirato/atmosferico) e Rene Arnoux sulla Renault, che col compagno di squadra Jabouille festeggia la prima vittoria per un motore turbo compresso nella storia della Formula 1, scrivono la leggenda dal giro 41. Guidano due vetture con qualch problema. Villeneuve ha provato le gomme e i freni oltre ogni limite, Arnoux non ottiene tutta l'alimentazione dal motore che comunque gli garantisce una potenza maggiore sui rettilinei del tracciato. Gli ultimi tre giri raccontano e racchiudono lo spirito della Formula 1 dei pionieri, l'epoca del rischio e della correttezza, del limite da cercare e superare come compagno e paradigma di vita. “La gente si impressiona perché non è abituata a vedere certe scene” diceva Arnoux. “Il rischio è sempre abbastanza calcolato. Le nostre vetture sono costruite apposta per andare forte, per frenare velocemente e per tentare sorpassi al limite”.
Villeneuve alla fine riesce a stargli davanti per soli 26 centesimi ma è il viaggio, il percorso, a raccontare il successo di un momento epico. Di una fama che non sbiadisce col passare degli anni.
Hungaroring 1986: Piquet, che mossa su Senna
Un duello tutto brasiliano accende la prima volta della Formula 1 oltre la Cortina di ferro. Ayrton Senna, partito in pole, mantiene l'assetto da qualifica e si difende con una Lotus meno performante dagli attacchi di Piquet, sulla Williams-Honda, che riesce a passarlo due volte, al 12° e al 55° giro, ma il più giovane connazionale ha sempre recuperato la posizione. Alla 57 tornata Senna occupa il centro della pista per non lasciare spazio all'interno alla prima curva l'unico vero punto per cercare l'attacco. Piquet, due volte campione del mondo, non vuole lasciarsi scappare questa terza occasione e si infila nello stretto tratto di asfalto tra l'erba e la sagoma nera della Lotus. Senna frena il più tardi possibile, ma Piquet riesce a posticipare ancora di più la staccata e in derapata passa all'esterno, togliendo al rivale, che concluderà secondo staccato di 17 secondi, ogni possibilità di contrattacco. “Penso che la Lotus fosse veloce quanto la Williams in curva” dirà Senna, che subirà tre anni dopo un altro sorpasso rimasto nella storia da Mansell in versione davvero Leone, “forse anche leggermente di più in alcuni punti ma Piquet andava decisamente più forte in rettilineo”. E l'Ungheria, che aveva tanto atteso di vedere il grande spettacolo della Formula 1, non è certo rimasta delusa.
Città del Messico 1990: Mansell alla cieca su Berger
Gliela dedicheranno, quell'ultima curva, a Nigel Mansell. Certo oggi la Peraltada non è più la stessa di allora a Città del Messico, dove ha vinto nel 1987 e nel 1992, il giorno del primo podio di Schumacher in Formula 1. Ma una ragione per dedicarla al Leone c'è. E sta tutta in quel sorpasso, tra i migliori di sempre, sulla McLaren di Berger nel 1990. “A volte penso: ma l'ho fatto davvero” ha confessato Mansell, celebrando l'intitolazione della curva, alla Reuters. “Allora se sbagliavi una mossa rischiavi di farti male sul serio. All'ingresso della curva ero vicinissimo. Ho pensato: se adesso mi tocca addio, sono finito. La mia mossa l'ha spaventato, secondo me, sapeva che in caso di contatto si sarebbe fatto male anche lui. Alla fine ha avuto più istinto di conservazione di me quel giorno”. E c'è anche da capirlo, Berger. È su quella tessa curva che il giorno di Ognissanti del 1962, nelle prove di una gara non valida per il Mondiale, morì Ricardo Rodriguez, uno dei due fratelli cui è dedicato il tracciato. Oggi la vecchia curva a destra, velocissima e con l'asfalto irregolare è spezzata in due parti, per ragioni di sicurezza, attraverso un antico stadio per il baseball. Quel giorno, però, Mansell ha scelto il punto più pericoloso della pista, al penultimo giro, per chiudere secondo e completare la doppietta dietro Prost. E dopo ha chiuso gli occhi per una curva nella memoria, per una mossa di coraggio epica.
Spa 2000: il miglior sorpasso di sempre?
La prima gara del terzo millennio all'università della Formula 1 segna un punto di non ritorno. A quattro gare dalla fine della stagione, Schumacher è sempre più vicino a regalare alla Ferrari il primo titolo mondiale dai tempi di Jody Scheckter, 21 anni prima. Sulla pista bagnata, però, è Mika Hakkinen che parte in pole position. Un errore di strategia nella scelta delle gomme con annesso testacoda facilitano il tedesco che passa in testa. La Ferrari ha un assetto ad altissimo carico aerodinamico, perfetto finché continua a piovere ma fortemente penalizzante quando la pista comincia ad asciugarsi. Il resto è storia. Hakkinen, con una macchina decisamente più performante sull’asciutto, prende la scia di Schumacher alla fine del rettilineo del Kemmel, subito dopo l"Eau Rouge.
La prima volta, Schumi si difende e costringe il rivale a mettere le ruote nell'erba. La seconda, un giro dopo, si ritrovano a duellare nello stesso punto, con una differenza cruciale: fra loro due c'è il brasiliano Zonta, sulla BAR-Honda, da doppiare appena prima della curva Les Combes. Schumacher ha il fianco scoperto e si sposta verso l’esterno. Zonta si ritrova in mezzo ai due, incredulo, mentre Hakkinen si inventa il doppio sorpasso che lo porta davanti anche a Schumacher. È il momento decisivo della sua unica vittoria a Spa. Una vittoria di Pirro, perché Schumi vincerà le ultime quattro gare e festeggerà il primo di cinque mondiali di fila alla Ferrari.
Interlagos 2001: Montoya aggredisce Schumacher
Un anno dopo, è un giovane rookie, Montoya, a farsi un nome passando il campione del mondo a Interlagos. “E' un pilota emozionante” diceva Frank Williams alla vigilia della stagione. “Ha un superbo controllo della macchina, anche se gli manca un po' di esperienza. Quando l'avrà, diventerà davvero forte”. Gli bastano tre gare e due giri per dimostrarlo. Dopo un breve inrtermezzo con la safety car, alla S di Senna, Montoya marca il territorio. Non è solo una manovra per prendersi il primo posto, è una dichiarazione di intenti per il modo, muscolare, in cui schiaccia e quasi manda fuori pista una leggenda della Formula 1. “Lui ha frenato troppo presto e io mi sono infilato all'interno” commenterà Montoya, che finirà speronato nel doppiaggio di Jos Verstappen al giro 38.
“Dopo la frenata non potevo lasciargli troppo spazio altrimenti sarei rimasto fregato alla curva successiva”. Si comincia a parlare, troppo presto ma questo sarà evidente solo tempo dopo, di una nuova era in Formula 1. “Ma non ha senso” commenta il direttore tecnico della scuderia, Patrick Head. “Però credo che Michael abbia riconosciuto di avere in Montoya un rivale duro quanto lui. Abbiamo scoperto un nuovo pilota di vertice”. Il tempo, almeno in parte, lo smentirà.