Costi eccessivi e disuguaglianze: l’Unione Europea potrebbe indagare la Formula 1
L'Unione Europea potrebbe presto mettere sotto inchiesta la Formula 1. L'autorità per la concorrenza ha espresso qualche preoccupazione, rivela Kevin Easton del Times, sui meccanismi decisionali e sulla distribuzione dei proventi tra le squadre. Già all'inizio di aprile le quattro scuderie più piccole -Marussia, Caterham, Force India e Sauber- si erano lamentate in una lettera dello Strategy Group, di cui fanno parte Red Bull Racing, Ferrari, McLaren, Mercedes, Lotus e Williams. Il gruppo, che ha votato all'unanimità contro l'introduzione del salary cap dal 2015, di fatto decide riguardo alle nuove regole insieme al Formula One Management, e si prende la fetta più grossa degli introiti. La sperequazione, che non è stata risolta dalla proposta di rinnovo dell'accordo Concorde per il periodo 2013-2020, è palese. Nel 2013 Red Bull, Ferrari, McLaren, Williams e Mercedes si sono spartiti il 63% dei proventi, mentre gli altri sei team si sono dovuti accontentare del 37% e di un ruolo secondario nella definizione dei nuovi regolamenti all'interno della Formula 1 Commission, chiamata in causa solo dopo le decisioni dello Strategy Group. Non solo, l'anno scorso la Sauber, che ha chiuso l'anno con 57 punti, ha guadagnato il 10% in meno della Williams che di punti ne ha totalizzati appena 5, e la Lotus, invitata nello Strategy Group, ha ottenuto quasi il doppio dei punti della McLaren, 315 a 122, ma ha ricevuto poco più della metà dei soldi andati alla scuderia di Woking.
FORCE INDIA – “Nella situazione in cui ci troviamo, cinque squadre vengono arricchite e diventano più potenti, mentre le altre sei non contano nulla” si lamenta Bon Fernley, team principal della Force India, alle prese anche con le difficoltà del co-proprietario Roy Subrata, al momento in carcere in India. “La Fia è in una fase di stabilità, con Jean Todt all'inizio del suo secondo mandato da presidente. Ha fatto un gran lavoro portando la Formula 1 nell'era dei motori ibridi. Ma ora è il momento di guardare alla salute della Formula 1 e non solo alla direzione dello sviluppo tecnologico di questo sport”. Fernley, una delle voci più ascoltate nel paddock, tra gli autori della missiva in cui si sostiene che lo Strategy Group sia contrario alle norme comunitarie, attacca anche la CVC, il fondo di private equity che ha acquistato la maggioranza delle azioni del Formula 1 Management. “La CVC non ha alcun interesse nel futuro della Formula 1. Il loro mandato è solo di guadagnare il più possibile dall'investimento. Dal loro punto di vista non c'è niente di sbagliato, è questo che fanno i fondi di investimento. Ma dal punto di vista della Formula 1 è un disastro. L'hanno svalutata, hanno permesso che diventasse uno sport frammentato con una serie incredibile di accordi bilaterali con le singole squadre”. La situazione va ancora peggio per le scuderie con meno fondi e senza la spinta delle power unit Mercedes.
CATERHAM E SAUBER – Già alla cerimonia di presentazione della nuova monoposto, il proprietario della Caterham Tony Fernandes aveva minacciato di lasciare la Formula 1 se le prestazioni non fossero migliorate in fretta. Per la Sauber i problemi sembravano allontanarsi, ma anche a causa delle rivolte in Ucraina gli investitori russi che avevano promesso di entrare nella proprietà del team sono svaniti. L'instabilità politica ha cambiato e non poco le prospettive future della Marussia: tre squadre che per sopravvivere hanno assoluto bisogno di competere alle stesse condizioni dei rivali. Un orizzonte ad oggi più lontano che mai. E la decisione della FIA di ridurre i costi aumentando il ventaglio di parti comuni che si potranno fornire alle varie scuderie non basta certo a rasserenare l'orizzonte.
MARUSSIA – “Negli anni, abbiamo tagliato su aspetti come i test e i motori” ha spiegato il team principal della Marussia, Graeme Lowdon, “eppure quest'anno la McLaren ha pubblicamente dichiarato che sta spendendo più di quanto abbia mai fatto in passato. Le migliori squadre, con i migliori piloti, continueranno a vincere ma la Formula 1 dovrebbe premiare i risultati, le qualità, e non solo la solidità economica. Al momento, con queste regole, chi può spendere di più va più veloce. Se ci fosse un limite, il divario non si aprirebbe troppo”. La Marussia ha già dovuto affrontare un cambio di proprietà due settimane fa, quando la Marussia Motors ha annunciato l'interruzione della produzione di supercar e la separazione dalla scuderia, che ora risulta di proprietà di una compagnia dallo stesso nome, Marussia Communications Limited. “Non siamo mai stati di proprietà della Marussia Motors” ha detto Lowden. “In comune c'è solo Andrey Cheglakov, azionista nell'azienda e azionista di maggioranza nella scuderia”. Per Lowden, la Formula 1 deve imparare dalla NFL, che ha aumentato l'equilibrio competitivo grazie all'introduzione del tetto salariale. “E' uno sport cresciuto tantissimo negli ultimi dieci anni per due ragioni: una equa distribuzione delle risorse e il controllo dei costi. Così la competizione è diventata più equilibrata e il pubblico si diverte di più. Anche i tifosi di Formula 1 vogliono corse incerte ed emozionanti: perché non possiamo imparare dalla loro esperienza?”.
COMPETITIVE BALANCE – Il concetto di equilibrio competitivo è uno di quei concetti smerigliati, dai contorni sfuggenti, che tutti intuiamo nella sua essenza, ma che fatichiamo a definire in maniera precisa. Esistono, però, dei parametri che possono aiutare a capire se un campionato è equilibrato oppure no. Lo studioso Stefan Szymanski, uno dei principali esperti in materia, ne individua tre, pensati per il calcio ma validi anche per la Formula 1: l’assenza di dominio di lungo periodo, l’imprevedibilità delle singole partite, e dunque dei singoli gran premi, e l’incertezza sull’esito finale della stagione. Se i verdetti principali sono decisi con largo anticipo rispetto alla scadenza naturale del campionato, come capitato l'anno scorso con Vettel campione del mondo con tre gare ancora da disputare, gli ultimi eventi della stagione perdono di interesse e di significato. Ma perché è così importante mantenere l’equilibrio e la concorrenza? Ad una lettura superficiale, l’obiettivo di massimizzare le vittorie e l’esigenza di mantenere un sistema concorrenziale e competitivo possono apparire in contraddizione. Ma così non è. Anzi. Trovare l’equilibrio giusto, riuscire a vincere senza che il dominio diventi controproducente è il segreto del successo. Per questo, pur essendo nella sostanza imprese commerciali, le scuderie, come le squadre di calcio, non possono pensare di comportarsi come le aziende tradizionali, che cercano di spazzare via la concorrenza per ampliare la propria quota di mercato. In sintesi, nello sport il monopolio puro è un disastro. La Formula 1, come ogni sport di lega, è un prodotto congiunto, e se una delle parti viene meno, l’intero prodotto ne risente negativamente. E non solo sul piano strettamente sportivo. Un campionato più interessante è infatti un prodotto più appetibile che fa guadagnare di più tutti i soggetti coinvolti: più spettatori pagheranno i biglietti per andare allo stadio, gli sponsor daranno più soldi per vedere il proprio nome sui cartelloni pubblicitari, le emittenti tv si contenderanno a suon di milioni di euro i diritti di trasmissione. E un campionato più equilibrato è certamente un campionato più interessante. Come diceva già negli anni '50 J.H.Topkis a proposito del baseball, “i presidenti non sono dei pazzi: se qualcuno mettesse insieme un gruppo di giocatori perfetti, chi pagherebbe per andarli a veder giocare contro le altre squadre?”.
INCONTRO – Jean Todt ha reagito all'infuocata lettera firmata dalle quattro scuderie “minori” convocando un incontro con i rappresentanti di tutte le squadre per l'1 maggio. Nel corso del meeting, il presidente della FIA spera di “chiarire i mezzi attraverso cui raggiungere una significativa riduzione dei costi di gestione di una scuderia di Formula 1”. Della questione, si può star certi, si continuerà a discutere fino al 30 giugno, l'ultima data utile per raggiungere un accordo che permetta di introdurre le eventuali nuove regole già a partire dalla prossima stagione.