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Ducati: le stelle di Aragón e le stalle di Termas de Rio Hondo. Una domenica di passione

Il bello ed il brutto del motociclismo: le rosse dominano in Superbike e Superstock e sprecano in MotoGP. Qualcosa nel meccanismo perfetto si è incrinato e, forse, la colpa non è solo dei piloti.
A cura di Fabrizio Carrubba
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Iannone su Dovizioso, e Rossi ringrazia - Getty
Iannone su Dovizioso, e Rossi ringrazia – Getty

Dalle stelle alle stalle, nel giro di poche ore. In Ducati prima si festeggia per il dominio assoluto in terra spagnola e poi si piange raccogliendo i cocci di una giornata sprecata nella remota pista sperduta nella terra argentina. Poteva essere una giornata memorabile per la casa di Borgo Panigale ed invece le luci dei box si spengono lasciando l’amaro in bocca, con un retro gusto che probabilmente durerà a lungo. Nella massima serie del motociclismo le ripercussioni di quanto avvenuto durante l’ultimo giro del GP potrebbero incidere sul resto della stagione, considerando che è stata archiviata soltanto la seconda di diciotto lunghe tappe verso il titolo 2016.

Ducati torna a far paura

Sarebbe inutile ripercorrere i successi sportivi di Ducati: nella Superbike le rosse di Borgo Panigale hanno fatto il bello ed il cattivo tempo con 14 piloti portati all’iride e 17 titoli costruttori portati a casa. In MotoGP la strada verso il successo è decisamente più difficile, ma quel titolo vinto nel 2007 con Casey Stoner fa battere ancora forte il cuore. Successi che parlano di una storia di passione, di sviluppo, di uomini che vivono con le corse nell’anima e che hanno portato le rosse a tornare a fare paura agli avversari nel giro di poche stagioni. Chi aveva gettato fango troppo presto sul progetto Panigale in Superbike deve ora ricredersi, chi aveva visto nella GP il flop irrecuperabile dopo il binomio Rossa-Rossi deve ora chinare il capo. Ducati c’è, vince o convince, ma qualcosa nell’ultimo week-end non ha funzionato.

Aragón sintesi della perfezione: squadra e affiatamento

In Spagna si festeggia il nuovo Re di Aragón, Chaz Davies, capace di portare lo scorso anno la Panigale alla prima vittoria e di farla letteralmente volare sabato e domenica davanti a quelle che sembravano le imprendibili Kawasaki di Rea e Sykes. Chaz Davies si è dimostrato pilota e signore, in un ambiente dove squadra, intesa come tutti gli uomini del team dal primo all’ultimo, e piloti lavorano in sinergia. Passione e scambi di opinione portano ai risultati che abbiamo visto al MotorLand: doppietta di Davies, Giugliano che anche se non brilla ci mette il cuore e Xavi Forés, che mette la Panigale di Barni Racing Team a ridosso dei primi. Se a questo aggiungiamo il successo nella Superstock 1000 il quadro diventa perfetto, con Mercado e Rinaldi ai primi due posti con i colori del Racing Junior Team. Infine quel segnale di affiatamento che mette il punto sulla giornata perfetta di Ducati: Chaz Davies che si presenta sotto il podio della Stock ad omaggiare i piloti compagni di marca, gesto che è la sintesi del completo lavoro di squadra di Ducati nelle derivate dalla produzione di serie.

Termas de Rio Hondo: punto di rottura

Bastano poche ore e 10.000 chilometri di distanza da Aragón per vedere il contraltare della perfezione spagnola. In MotoGP si lavora sodo, al pari della Superbike: la GP di Borgo Panigale è tornata a far parlare con i fatti in pista e non solo per gli insuccessi che solo fino a qualche anno fa venivano sbattuti in prima pagina. Bello vedere le rosse tenere testa alle giapponesi, eppure in Argentina qualcosa si è rotto. Gli equilibri sono spezzati e viene più facile trovare il colpevole nell’errore di un singolo piuttosto che nella sinergia di una squadra corse che lavora con la stessa passione, con lo stesso cuore. Il pilota può sbagliare, è vero, ma forse è anche vero che l’ambiente GP sta vivendo passivamente un periodo in cui, forse, contano più le parole nel paddock che i fatti in pista. Troppe voci, troppi rumors di mercato ad appena due gare dall’avvio di stagione, troppa pressione, troppa tensione. Sono cose che in qualche modo fanno male allo sport e che alimentano pressioni non necessarie a piloti che in pista rischiano la vita. Al grido di #escilo un pilota viene invitato da “tifoserie” a mettere giù gli avversari, lo stesso pilota che pochi Gran Premi prima viene pesantemente insultato per aver ostacolato l’idolo di turno. I gesti al parco chiuso, le provocazioni in conferenza stampa, le bombe di mercato stanno uccidendo il motociclismo. Con l’aggravante che tutto questo è alimentato da una tifoseria che nulla ha a che fare con la passione. I fischi, in ogni sport, non sono cosa gradita. Iannone è colpevole di un sistema che forse non funziona più, dove si ritrova già messo alla porta, ed alla gogna, da un probabilissimo contratto di Lorenzo. La pressione aumenta e l’errore è dietro l’angolo, fosse sol anche per dimostrare il proprio valore, ed il risultato è quello di vedere l’antagonismo più marcato non solo tra gli avversari in pista, ma anche all’interno di un team, come anche nel caso di Yamaha. Team che in un ambiente come la Superbike, più rustico e ruspante, è ancora per fortuna sinonimo di famiglia, di condivisione. Il resto, forse, ben più si addice ai sopracitati rumors da paddock che diventano sempre più simili alle discussioni sterili da dehor estivo del bar di paese.

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