F1, crisi Ferrari: perché non è colpa solo di Domenicali
Dal 2009 a oggi, la Ferrari ha sbagliato quattro vetture su sei. Quest'anno il Cavallino è l'unica scuderia, insieme alla Mercedes, ad aver realizzato in proprio telaio e power unit. La differenza, in termini di potenza e aerodinamica è sotto gli occhi di tutti: un gap così forte non si vedeva da una ventina d'anni. Ha pagato Domenicali, con una decisione in un certo senso calcistica, se i risultati non vanno è sempre l'allenatore a cambiare. Ma il problema è tecnico, non gestionale. La colpa di questo pessimo avvio di stagione è di chi ha realizzato la F14T con carenze evidenti di telaio, aerodinamica e motore. Domenicali è un gestore di uomini, e la Gestione Sportiva con lui ha sempre avuto i conti a posto, ma non è un ingegnere come Adrian Newey, il genio della Red Bull.
LE STRATEGIE RECENTI – Negli ultimi anni, da quando aveva lasciato andar via Ross Brawn (che per restare avrebbe voluto diventare team principal) e aver incassato il rifiuto di Newey nel 2006, la Ferrari ha iniziato a strappare tecnici alla McLaren. Da Woking sono arrivati Iley, David Sanchez, esperto di alettoni, il progettista Nikolas Tombazis e Pat Fry, arrivato nel 2010 come l'uomo nuovo alla direzione tecnica, tolta a Aldo Costa. Con l'arrivo di James Allison, che aveva fatto volare le Lotus di Raikkonen e Grosjean, qualcosa inizia a cambiare. Perché Fry, seppur nominalmente di pari grado, finisce ridimensionato da Ellison, che viene nominato direttore tecnico dell'autotelaio, e dunque responsabile per tutto quel che riguarda la vettura, mentre Fry è direttore dell'ingegneria, che in inglese sarebbe “director of engineering”, una sorta di responsabile della struttura, e di fatto allontanato dallo sviluppo della monoposto. La Ferrari si dà una struttura simile a quella della McLaren, con un responsabile per ogni aspetto della macchina, ma i vari “sottufficiali” non hanno risolto i problemi strutturali e il ritardo, la sudditanza aerodinamica verso la Red Bull prima e la Mercedes poi. Anche perché in questa struttura c'è un solo progettista di livello, Tombazis, che finora non è stato mai messo in discussione nonostante gli evidenti ritardi nello sviluppo delle Rosse degli ultimi anni. E anche la riduzione dei test è solo un'attenuante parziale: la riduzione, infatti, c'è stata per tutti ma le scuderie rivali hanno saputo affrontare la situazione molto meglio e risolvere i problemi molto più velocemente.
FATTORI ESTERNI – Non è un caso se nella nuova Formula 1 dei turbo e delle power unit il vento soffi verso un costruttore puro come Mercedes, che ha il vantaggio di un'esperienza superiore a tutti gli altri concorrenti delle unità ibride e turbocompresse. In Ferrari, invece, mancano l'esperienza e il know-how: e le Rosse pagano un prezzo altissimo, di performance e di immagine, perché il progetto della F14T è stato evidentemente sbagliato e non c'è modo di rimediare a breve termine. Il punto dolente della nuova Ferrari resta la trazione in uscita di curva, oltre all'incapacità di ottenere più cavalli dalla MGUH, il motore elettrico che recupera energia dai gas di scarico e la riversa direttamente nel KERS. Usare una vettura danneggiata per i test post-gara in Bahrain, scoprendo il danno solo durante le prove, non aiuta di certo. Non hanno aiutato i budget cap e non ha aiutato l'obsoleta galleria del vento. Quello che si può di sicuro imputare alla Ferrari è l'aver sottovalutato l'impatto delle novità regolamentari di quest'anno, il non essersi opposta, come il suo prestigio e la tradizione in Formula 1 le avrebbero consentito, a una rivoluzione che porta le corse più importanti del mondo in una direzione lontana dalla tradizione. Una direzione in cui conta meno l'esperienza di chi ha sempre costruito motori, in cui viene premiato chi sa gestire i propulsori di nuova generazione, in cui entra energia elettrica ed escono cavalli di potenza.
LE NUOVE SFIDE – Domenicali ha lasciato in continuità a Mattiacci, uno dei manager emergenti del Cavallino Rampante, con comprovati successi nella direzione del brand in Asia e in Nordamerica. Un altro italiano, un altro gestore di uomini, del tutto esterno al mondo della Formula 1. L'addio di Domenicali potrebbe far emergere con più facilità le lacune e le colpe di chi ha lavorato alla F14T, dalla quale è lecito aspettarsi un cambio di rotta almeno nella seconda parte di stagione. Accantonare già il 2014, dopo tre gare, e pensare solo al 2015 aumenterebbe solo il malumore dei piloti. C'è già chi parla di un ritorno di Alonso in McLaren e del passaggio in Ferrari di Vettel, magari accompagnato da Newey.