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F1, GP Australia: Ferrari-show, che la nuova era abbia inizio

L’anno del settantesimo anniversario Ferrari non avrebbe potuto iniziare meglio. La vittoria di Vettel in Australia è figlia di un motore decisamente più competitivo e di una vettura razionale che ben interpreta le nuove regole. Con queste basi, non servono più strategie estreme per colmare il gap. E se la fiducia cresce, si può sognare in grande.
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Gina va. E vola a scrivere la storia. Suona la musica più bella del mondo Gina, il nome che Vettel ha datto alla sua Ferrari. L'anno del settantesimo anniversario, l'anno in cui cambia la Formula 1, anche se quasi niente sembra cambiato davvero, ha il suono ammaliante del motore del Cavallino. E' racchiuso qui il motore del cambiamento, che può attirare la fantasia e le speranze dei tifosi, da troppo parcheggiate in una narrazione da seconda o terza fila, accese e alimentate anche dai numeri, dalla storia che dà i brividi perché nessuno la può cambiare. E la storia racconta che non si vedeva un pilota Ferrari in testa alla classifica mondiale dal weekend del GP di Corea del 2012, che 19 volte dal 1990 chi ha vinto in Australia è poi diventato campione del mondo a fine stagione.

Il motore del cambiamento

L'avevano detto dopo i test Hamilton e Lauda. La Ferrari è anche più veloce delle Mercedes, profetizzavano. Ha tenuto il profilo basso, invece, Vettel, non ha alimentato troppe ambizioni. Ma venerdì, raccontava Marc Genè, è stato l'ultimo a lasciare il paddock a Melbourne. Ogni dettaglio diventa decisivo quando la lotta passa sul filo dei centesimi, dei millesimi e dei millimetri. I risultati, già dalle qualifiche di ieri, si sono visti eccome. Era dal GP di Singapore 2015 che non si vedeva una Ferrari in prima fila e davanti a tutti sotto la bandiera a scacchi. Era quella la terza affermazione di Vettel alla prima stagione in rosso, tre timbri di un colore solo per quelle che sembravano magnifiche sorti e progressive. E invece si sono rivelate solo tre illusioni, tre accelerate verso un sogno che ha assunto i colori dell'incubo, della disillusione costante, dell'obiettivo vicino e irraggiungibile per tutto il 2016.

C'è un'aria diversa quest'anno, però. Certo, il risultato conta eccome. Ma l'impressione, a caldo e dopo una sola gara dunque di per sé ampiamente smentibile nel prosieguo della stagione, è che qualcosa sia cambiato davvero dentro la squadra. L'addio di Allison, il team tutto italiano, la promozione di Binotto danno un indizio. Il lavoro per predisporre una vettura vincente nella stagione delle incognite e delle nuove regole ha portato a disegnare una Ferrari non solo intrigante ma soprattutto efficace. Il gap con le Frecce d'Argento è ridotto anche sul giro secco e con le gomme più larghe e performanti che non si consumano praticamente mai, Vettel ha stampato il suo giro migliore al 53mo passaggio e Raikkonen ha firmato il giro più veloce della gara al 56mo e penultimo del gran premio. "Vettel ha vinto con merito" ha ammesso Toto Wolff, direttore esecutivo della Mercedes. "Forse abbiamo pensato che il degrado delle gomme fosse più rapido di quanto poi non sia stato in realtà, devi mantenerle nella giusta finestra (di temperatura), dobbiamo imparare la lezione".

Fiducia e serenità, si riparte da qui

Il segno del cambiamento è anche e soprattutto qui. Per tutto il 2016 Arrivabene ha inseguito strategie estreme, colpi a sorpresa, ha messo il multiforme ingegno al servizio di una monoposto sempre più lontana dagli obiettivi e dalle Mercedes con l'andar della stagione. Il Cavallino si è inviluppato per un anno dentro nuvole di dubbi, dentro un'iperattività precaria quanto inefficace, anzi troppe volte controproducente. Ha perso terreno e fiducia, la Ferrari, ma nell'incertezza che accompagna la prima alba dell'era post-Ecclestone è tornata a far valere le virtù che hanno scritto la storia del Cavallino. La Formula 1 del presente e del futuro riporta al centro della scena la power unit, e il motore è da sempre il cuore della filosofia Ferrari. E' dal motore che si è costruito un sogno in grado di attraversare le generazioni, di accompagnare gli anni mitici della gestione del Drake dai tempi di Ascari e Bandini giù fino ai calcoli di Lauda e all'innamoramento genuino, passionale, per Villeneuve. Il rosso Ferrari ha unito la fantasia di tifosi e piloti affascinati dal canto delle sirene, di quel motore che ha dominato la scena nell'era Schumacher, punta e icona di un iceberg reso solido dalle fondamenta piantate da Jean Todt e Ross Brawn, tornato in F1 come responsabile sportivo dei nuovi padroni del vapore della Liberty Media. sarà un caso, sarà una coincidenza, ma il suo rientro coincide con una Ferrari di nuovo razionale, di nuovo bella e vincente. Una Ferrari competitiva, del cui valore sono consapevoli tutti. Una Ferrari che ha messo paura dall'inizio alle Mercedes, Hamilton si è messo a spingere in maniera molto più decisa prima della sosta, intorno al decimo giro, anche per il ritmo imposto dietro da Vettel. Una Ferrari, soprattutto, che ha finalmente consentito al team di gestire la strategia di gara senza la pressione della necessità di tirar fuori il coniglio dal cilindro.

La primavera del Cavallino

Hamilton si è fermato troppo presto, Vettel stavolta ha potuto conservare il potere dell'iniziativa, della scelta, ha proseguito quel tanto che basta da approfittare di Verstappen, e della sua difesa del quarto posto dopo la sosta del vicecampione del mondo, e mettere le basi per aprire il divario necessario all'undercut. Quei cinque giri in più con pista libera hanno fatto tutta la differenza del mondo. Così Vettel ha potuto scegliere anche per il secondo e ultimo stint le stesse mescole delle Mercedes, senza l'obbligo di dover strafare, come spesso capitava l'anno scorso. E' il segno di una diversa fiducia nel potenziale della SF70H, una fiducia che si traduce nei fatti, che si vede nel rendimento diverso in qualifica e in gara, nella costanza che già dal venerdì Vettel ha dimostrato sul passo gara con le supersoft. Il quarto posto di Raikkonen, messo in ombra anche nella sfida contro il connazionale Bottas, lui sì motivato anche un po' a strafare per il dovere di dimostrare di essere all'altezza di Rosberg e del rinnovo del contratto, non altera la sostanza dello scenario. Certo, è solo la prima gara della stagione. Certo, una rondine non fa primavera. Ma la primavera che si spalanca sulla nuova era della Formula 1 si porta via l'inverno del nostro scontento. E per la prima domenica della stagione, può bastare anche questo per tornare a sognare.

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