F1, GP Messico: non solo la Peraltada, tutti i segreti dell’Audromo Hermanos Rodriguez
Un segno di rinascita e di speranza. Dopo il terremoto che ha colpito il Messico, la Formula 1 torna sull'Autodromo Hermanos Rodriguez, intitolato ai due fratelli sfortunati che hanno fatto la storia dell'automobilismo messicano. Ricardo perse la vita su questo tracciato l'1 novembre del 1962, mentre si disputava una gara di F1 non valida per il campionato del mondo. Pedro, invece, morì in una gara del campionato Interserie, al Norisring, in Germania, l'11 luglio 1971, al volante di una Ferrari 512M. Un circuito che si presenta nella versione rinnovata dall'ingegner Tilke, specie tra le curve 12 e 16, e alla Peraltada, teatro degli incidenti di Senna nelle ultime due edizioni, nel 1991 e 1992: oggi se ne percorre solo la metà.
Tra i circuiti più duri per i freni
“E' una bella sfida” ha detto Nico Hulkenberg, partito quinto l'anno scorso, una delle sole 13 occasioni in 131 gare in cui ha chiuso in top 5 le qualifiche. “L'altitudine toglie molta downforce vista l'aria più rarefatta. La macchina è più leggera e scivola più facilmente”. Si corre a 2240 metri, si attraversano tre tratti ad altissima velocità e nove curve lente e frenate pesanti, e si cambia marcia oltre 5 mila volte, anche più che a Monaco e Singapore.
Il mix tra un primo settore molto veloce e gli ultimi due più lenti, più guidati, richiede un carico aerodinamico molto elevato, come a Monaco, anche per controbilanciare gli effetti della rarefazione dell'aria. Secondo i tecnici Brembo, che hanno classificato le 20 piste del Mondiale usando una scala da 1 a 10, l’Autódromo Hermanos Rodríguez rientra nella categoria dei circuiti più impegnativi al mondo per i freni. La pista messicana si è meritata un indice di difficoltà di 10, identico al valore ottenuto dai circuiti di Montreal, Abu Dhabi e Singapore.
Il turbo deve andare su giri più alti
Sui 4304 metri complessivi, si raggiunge una velocità media sul giro di poco superiore ai 190 km/h e una decelerazione media di 2.6G. Tuttavia, si trascorre il 26% del tempo sul giro in frenata.
L'aria più sottile, ha spiegato Remi Taffin, capo dei motoristi Renault, “fa sì che il turbo deve girare su regimi più alti per far arrivare abbastanza ossigeno all'ICE, circa l'8% più alti di quanto avviene ad Abu Dhabi. Allo stesso tempo, il consumo di carburante per ogni giro è abbastanza basso così il recupero di energia cinetica è un fattore meno rilevante che su altre piste”
Un giro di pista
La prima curva è la più impegnativa
Alla prima curva si arriva dopo un lungo rettilineo, che comincia già dalla Peraltada, 1259 metri per 16”2 in pieno. La staccata è violenta, la più impegnativa del tracciato perché la velocità delle monoposto passa da 354 km/h a 107 km/h in appena 70 metri. Per percorrerli i piloti esercitano un carico di 113 kg sul pedale del freno per 2,85 secondi durante i quali subiscono una decelerazione di 4,2 g.
La prima curva, a destra, compone una sorta di sequenza a esse con le curve 2 e 3 che si percorre a 175-180 kmh. In uscita, con la possibilità di usare il DRS, si accelera fino alla settima per arrivare alla frenatona della curva 4, la seconda più impegnativa del tracciato: in 3,01 secondi si va da 337 a 94 kmh grazie ad un carico di 111 kg sul pedale di freno.
Solo tre frenate fra la 4 e la 10
Più guidati il secondo e terzo settore, dove Tilke non ha rinunciato alla tentazione di segmentare le antiche esse più armoniose. Per questo, spiega il capo ingegnere di pista della Force India, Tom McCullogh, “il set-up della vettura deve privilegiare l'efficienza della prestazione in questi settori. Ma d'altra parte devi anche ottenere il massimo sul lungo rettilineo”.
Nel tratto di pista compreso fra le curve 4 e 10 i piloti usano i freni solo 3 volte e mai per spazi superiori ai 26 metri, per staccate dal gap di velocità che non raggiunge in nessun caso i 100 kmh. La 4 apre verso la 5, stretta, per una combinazione che esalta la meccanica e le qualità del telaio. Dalla quinta curva si esce in seconda e si allunga verso la 6, un tornantino da cui si esce in prima per immettersi in una sequenza di chicane, di “esse” (curve 7-11) da percorrere a velocità medie sempre crescenti fino ad arrivare all'ultima frenata importante del tracciato. Nello spazio di 1,98 secondi e 52 metri, in salita, si passa da 314 a 134 km/h. È una frenata da 4g di decelerazione, anche se la tortuosità delle sezioni centrale e finale della pista contribuiscono ad abbassare la decelerazione media sul giro che non supera i 3,4 g, il secondo valore più basso del Mondiale dopo i 3,3 g di Suzuka.
Più tecnico l'ultimo settore
L’ultimo settore è il più lento, il più tecnico. Dalla curva 12 si esce a meno di 100 kmh verso la 13, un tornante a sinistra in vista del leggero allungo che porta alla curva 14, a destra, e alla 15, a sinistra, dove si trova il detection point per l’uso dell’ala mobile. Il circuito si chiude con la 16, a destra, che si affronta passando dai 155 ai 65 kmh per poi volare a tutto gas verso la Peraltada e il lunghissimo rettilineo d'arrivo, secondo punto in cui si può beneficiare del DRS.
Le gomme: la prima volta delle Ultrasoft
Quest0anno, Pirelli fa debuttare in Messico le Ultrasoft. Confermato dunque il ventaglio di P Zero Yellow soft, P Zero Red supersoft e P Zero Purple ultrasoft come a Austin. L'asfalto sull'Autodromo Hermanos Rodriguez è piuttosto liscio e scivoloso e questo riduce usura e degrado degli pneumatici, spiegando così la tendenza a uno step di mescola più morbide rispetto a un anno fa. Una scelta, spiega Mario Isola, che ha lo scopo di “aumentare le prestazioni e avere gare ancora più entusiasmanti. Per il secondo anno consecutivo portiamo su questa pista una nuova mescola: nel 2016 era stata la volta della Red supersoft. I Team non hanno molta familiarità con l’attuale configurazione del circuito, sul quale si sono disputate solo le ultime due edizioni del Gran Premio. Il programma di lavoro delle prove libere sarà quindi particolarmente importante, soprattutto quello con i pneumatici ultrasoft”.
Le scelte dei piloti
Cambiano le strategie dei top team. Mercedes ha optato per una dotazione molto più aggressiva con ben 9 treni di Ultrasoft. Ferrari ne porta 7, Red Bull addirittura solo sei. Strategia diversa per Lewis Hamilton e Valtteri Bottas, con il britannico che ha un treno di SuperSoft in più rispetto al finlandese, il quale ha però a disposizione due Soft. Anche in Ferrari strategie differenziate, per lavorare diversamente sul passo gara al venerdì: Kimi Räikkönen avrà infatti un set in meno di SuperSoft rispetto a Sebastian Vettel.