F1, GP Monaco: Ferrari, Alonso non basta
"Come è affidabile la Ferrari nessun'altra, manca solo la velocità". Il commento di Marc Genè ai microfoni di Sky è l'esatta fotografia della stagione del Cavallino. Una macchina lenta e meno performante, che non riesce a colmare il gap nemmeno con le Red Bull. Una macchina nata male, progettata male, che paga non solo il ritardo nello sviluppo dei motori ibridi ad alte prestazioni, settore in cui Mercedes ha costruito un enorme vantaggio competitivo con il lavoro sulle auto ibride destinate al mercato. Quello che la fotografia di Genè non dice, nel disperato tentativo di vedere mezzo pieno un bicchiere quasi interamente vuoto, la domanda a cui non risponde si fa sempre più pressante: qual è la reale ambizione della Ferrari, oggi?
Vincere o partecipare – La Formula 1, per tutte le scuderie, Cavallino compreso, è da sempre una competizione che brucia soldi e regala sogni, che deve servire anche a guadagnare fette di mercato, ad aumentare le vendite. Non può essere letta come una semplice coincidenza, dunque, la nomina di Mattiacci a team principal della scuderia. Come Domenicali, Mattiacci è un gestore di uomini e risorse, che ha aperto alla Ferrari il mercato americano. Tuttavia, oggi la scuderia di Maranello è a un bivio, in un guado da cui non riesce a uscire ma in cui non può rimanere a lungo, in cui anzi è rimasta già troppo a lungo. Il core-business della Ferrari è da sempre il propulsore, la Rossa ha costruito i suoi trionfi negli anni d'oro più sui cavalli del propulsore che sulle sottigliezze avveniristiche in fase di progettazione e design della vettura. Un vantaggio che adesso non ha più. Adesso deve inseguire gli avversari sul suo terreno, e insieme colmare il gap dal punto di vista del comportamento aerodinamico in cui lo svantaggio dura da diversi anni. E tutto questo in una stagione in cui lavorare in corsa sul progetto della vettura è impossibile o quasi vista la decisione di ridurre al minimo i test con l'obiettivo dichiarato di ridurre i costi ma con l'unico risultato tangibile di cristallizzare posizioni e distanze e rendere scontate le corse e il Mondiale. Sei gare opache fanno più che una prova: il progetto della F14T è fallito. L'affidabilità non può bastare, non serve a consolare. Non serve nemmeno a far vendere più auto, perché nell'identità del brand Ferrari non c'è la durata dei motori: chi sceglie la griffe del Cavallino vuole la velocità, il brivido, il lusso e l'adrenalina, vuole accendere la fantasia da troppo parcheggiata. Essendo l'unica squadra presente in ogni edizione del Mondiale dal 1950, la Ferrari ricava un bonus significativo rispetto alle altre scuderie in base all'ultimo Patto della Concordia. Ma la Ferrari non può permettersi, al di là dei numeri e del pareggio di bilancio, di limitarsi a vivacchiare, di partecipare come negli anni più bui della gestione Barnard. E' questa la domanda a cui rispondere, ora, pensando già al 2015: l'importante è partecipare o vincere?
Alonso non basta – Alonso continua a fare quello che gli riesce meglio, guidare da campione una macchina non all'altezza del suo talento e arrivare più in alto di quanto la logica vorrebbe in base ai mezzi a disposizione. Oggi ha cercato invano di superare le Red Bull in partenza, con una manovra che ha favorito Raikkonen, bravo a infilarsi all'esterno alla prima curva, ha aperto un gap enorme nei confronti di Hulkenberg, ma anche questa è una consolazione più che marginale, senza mai riuscire ad attaccare davvero Ricciardo, senza mai dare l'impressione di poter lottare per il podio. Discorso a parte, stavolta, per Raikkonen, che ha superato i problemi in frenata sofferti a inizio stagione ed è stato praticamente perfetto fino alla safety car e alla prima sosta. Poi, per parafrasare un classico dei Clash, ha combattuto contro la sfortuna e la sfortuna ha vinto. Prima viene speronato da una Marussia durante un doppiaggio, poi l'incidente con Magnussen nelle fasi finali al tornante Loews.
Strategia da rivedere – Al di là dei distacchi, prevedibilmente meno appariscenti viste le caratteristiche del tracciato, il circuito di Monaco non ha stravolto la sostanza dei valori in campo. E questo mette in discussione non solo la F14T, ma anche la strategia che ha portato alla realizzazione di una macchina poco competitiva. Finora ha pagato solo Domenicali, che però non è l'unico colpevole. La decisione di affidarsi a più specialisti per progettare aree specifiche della monoposto con il solo Tombazis a capo del progetto è una scelta che non ha pagato. Come non ha pagato l'aver preso Allison dalla Lotus senza affidargli un ruolo chiaro nello sviluppo della macchina. E soprattutto non ha pagato aver scelto un team principal con innegabili qualità gestionali ma senza un know-how ingegneristico. Un team-principal costretto a fidarsi del lavoro dei progettisti quasi a scatola chiusa. Il ritardo e i miglioramenti sempre rimandati si spiegano anche, ma non solo così. Ora il momento della svolta è stato ulteriormente spostato, al GP del Canada. Ma generare aspettative può diventare un errore ancora più grande, senza la certezza di poter mantenere le promesse.