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F1, GP Monza: un giro di pista nel tempio della velocità

Sui quattro rettilinei di Monza, si raggiungono le velocità più alte del Mondiale. Si viaggia in pieno per il 69% del tempo sul giro. E’il tracciato meno tortuoso della stagione. L’ERS vale quasi tre secondi. Aggressiva la Haas: nove treni di SuperSoft per pilota.
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Mappa circuito Monza

Il tempio della velocità accoglie la Formula 1. Forse per l'ultima volta. Lo storico impianto della Villa Reale è il più veloce e il meno tortuoso del Mondiale. “Tutti pensano che Monza sia solo i lunghi rettilinei e le due curve strette” ha detto Jenson Button, “ma non è vero: le due varianti di Lesmo, la chicane Ascari, la Parabolica richiedono impegno e precisione. È un grande tracciato”. Le caratteristiche del circuito, con i suoi quattro rettilinei e gli oltre 240 kmh di velocità media, impongono un assetto da basso carico. “Monza è la pista su cui si raggiungono velocità di punta tra le più alte, ma è anche una pista la cui particolarità fondamentale è l’uscita dalle varianti e alcune curve ad alta velocità, che richiedono un carico aerodinamico adatto” ha spiegato Diego Ioverno, race team manager della Scuderia Ferrari. “E’ un tracciato particolarmente stressante per la Power Unit e per i freni. In queste due aree si cercherà di fare la differenza”.

Le gomme – Pirelli porta a Monza per la prima volta le SuperSoft, che si vedranno ovviamente in qualifica e probabilmente molto in Q2, insieme alle Soft e alle Medium, necessarie per chi vorrà puntare, come l'anno scorso, a chiudere la gara con una sola sosta. Secondo le simulazioni per questa combinazione, già vista in 9 GP su 13, il gap fra le Supersoft e le Soft si attesta sui sette decimi mentre le medie rispetto alle morbide dovrebbero perdere fino a 9 decimi. Dal punto dei vista delle gomme, si gioca tutto sui rettilinei dove ci si aspetta velocità record visti gli assetti particolarmente scarichi. Sugli pneumatici, già sollecitati sui cordoli, agiscono forze longitudinali molto intense, specie in frenata e in trazione nelle due chicane.

Alta pressione – Anche a Monza, come a Spa, il fornitore ha deciso di fornire per le libere un treno di gomme sperimentali e di mantenere alte le pressioni di gonfiaggio: 23,5 Psi all’anteriore (2,5 più dell'anno scorso) e 21,5 Psi al posteriore (due in più del 2015). Un incremento giustificato anche dalle simulazioni che suggeriscono la possibilità di raggiungere i 364 kmh con l'ala mobile. Sono ben sei le scuderie che hanno diversificato le strategie fra i due piloti. Una decisione che accomuna anche Mercedes e Ferrari.

Strategie diversificate – Hamilton, che ha omologato tre motori nuovi e dunque potrà utilizzare settaggi più aggressivi dopo le 60 posizioni di penalità scontate (per quanto assurdo possa sembrare), ha scelto come Vettel di correre con un solo set di medie, cinque di Soft e sette di Supersoft. Il britannico non ha nascosto l'obiettivo di “ripetere la gara perfetta dell'anno scorso e tornare su quel podio magico: guardaregiù il mare di tifosi è una delle esperienze più straordinarie che un pilota possa vivere”. Rosberg, come Raikonen, ha invece voluto un set in più di medie, che si sono rivelate decisive a Spa con il gran caldo, e uno in meno di morbide. La Haas, solo sei punti nelle ultime nove gare, ha optato per la più spregiudicata delle strategie: nove treni di SuperSoft per pilota.

Settore 1 – Alla Prima Variante, dove Ronnie Peterson morì dopo la carambola di cui fu accusato Patrese nel 1978, si arriva dopo 620 metri dalla linea della pole. In gara, con l'ala mobile, la frenata diventa decisamente impegnativa per via del basso carico, e il rischio di pattinamento è sempre in agguato. Realizzata nel 1972, all’altezza della variante junior, è stata ridisegnata prima nel 1976 poi nel 2000 come una secca curva a destra, che spezza il rettilineo d’arrivo e si raccorda verso il tornante successivo con una curva a gomito a sinistra altrettanto stretta. Dal rettilineo dei box si arriva lanciati a oltre 370 km/h e, con una lunghissima frenata, si decelera a soli 70-80 km/h per affrontare questa “esse”. Qui, ha detto Carlos Sainz, sempre molto dettagliato nel presentare i tracciati in conferenza stampa, “arrivi a quasi 350 kmh e sei circondato dai tifosi, puoi sentire il profumo del barbecue: è fantastico”. In meno di tre secondi e mezzo, i piloti si ritrovano in uscita in prima a 80 kmh. Dopo la chicane secca sinistra-destra si viaggia verso la Biassono, l'ex Curva Grande, così ribattezzata per la vicinanza del paesino omonimo. È una larga piega a destra, che si affronta a oltre 300 orari e immette nel bosco: qui nel 1995 Berger perse la vittoria per uno specchietto che si era staccato dalla Ferrari del compagno di squadra Jean Alesi. “Un altro rettilineo con punte di 330 kmh” prosegue Sainz, “e arrivi a un'altra chicane, le curve 4 e 5: qui è fondamentale saltare sui cordoli”.

Settore 2 – E' la variante della Roggia, che interrompe un tratto in pieno lungo un chilometro, Biassono compresa, e inaugura il secondo settore. È una curva storica, che nel 1995 ha fatto da scenario al duello rusticano in pista e fuori fra Damon Hill e Michael Schumacher: l'inglese tampona Schumi e solo un commissario evita che vengano alle mani. Si entra a 340 kmh, lungo la rapida sinistra-destra, si toccano i 100 kmh e si esce a 130 kmh per salire fino in sesta all'ingresso delle due curve di Lesmo, che tanto piacciono al giovane Sainz. “C'è molto spazio” ha spiegato, “e giro dopo giro prendi fiducia, così riesci a spingere di più sull'acceleratore”. La prima, un tempo nota come Curva delle Querce poi Curvetta di Lesmo, si percorre a velocità non elevatissime. Oggi la seconda, poi, è molto più lenta dell'originale, l'antica Curva del bosco dei Cervi dove Scheckter perse il controllo della Wolf nell'edizione 1978: dal 1994 ha solo 35 metri di raggio e si affronta a 160 kmh. Le curve di Lesmo preparano al terzo tratto veloce della pista, su cui si può tornare a usare il DRS, che immette al Serraglio. È una curva leggera a sinistra, dal raggio di oltre 600 metri, così chiamata per la presenza nelle vicinanze della casa di caccia del Re, che passa sotto un ponte pedonale e immette sull'ormai classica Variante Ascari.

Settore 3 – In origine si chiamava Curva del Platano o del Vialone proprio perché passava sopra il grande viale di accesso all’Autodromo. Ma qui, il 26 maggio 1955 durante una sessione di prove private per la Mille Chilometri, al volante della Ferrari Sport di Eugenio Castellottti, muore Alberto Ascari. È uno dei tre tratti rallentati nel 1972, l'anno dopo la vittoria di Gethin, con una chicane, ulteriormente modificata due anni dopo. È un punto cruciale per il sorpasso. La prima frenata, da quasi 2200 k”, porta la vettura in quarta per affrontare la 8, a sinistra. Poi via via si sale, cercando di sfruttare al massimo i cordoli: si va a 190 kmh lungo la 9, a destra, e a oltre 230 in uscita della 10, ancora a destra. Si entra così nell'ultimo tratto veloce, in leggera discesa, verso la Parabolica, che ha assunto il suo nome attuale dopo la ricostruzione del 1955. Prima, vista la particolare pavimentazione con i classici cubetti, la chiamavano semplicemente Curva del Porfido. È una curva lunga, a raggio via via crescente: dopo la parte più stretta, all'inizio, si può andare in accelerazione, scorrendo verso l'esterno, alla ricerca della massima velocità sul rettilineo d'arrivo. Un lunghissimo rettifilo che dalla fine della Curva Parabolica all’inizio della Prima Variante misura 1194,40 metri.

Le chiavi – Il tracciato, che richiede un assetto molto scarico, rende più utile l'effetto scia del DRS. Considerato il 69% del tempo sul giro percorso in accelerazioni, saranno particolamente sotto pressione le power unit e le unità di recupero dell'energia, che valgono quasi 3 secondi sul giro e una ventina di chilometri in più sulle velocità di punta. I lunghi rettilinei e le poche frenate ne fanno uno dei tre circuiti meno impegnativi per la trasmissione, con Spa e Silverstone: bastano 1960 cambi di marcia per finire la gara. Anche il consumo non sarà un fattore critico, in quanto si arriva alla bandiera a scacchi con 88 chili di benzina. Ma il vero rischio è nel raffreddamento dei freni. Una temperatura troppo bassa sulle quattro staccate violente può scrivere la parola fine ai sogni di gloria nel tempio della velocità.

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