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F1, GP Singapore 2010: Alonso e quell’unico storico Grand Chelem

Il primo dei due successi Ferrari a Singapore coincide con un’esibizione di superiorità di Alonso. Vettel, secondo, paga una strategia troppo prudente. Storia e numeri del GP.
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Sono passati solo sei anni. Ma da allora è cambiato tutto, da quell'unico Grand Chelem (pole position, fastest lap and victory) di Fernando Alonso, da una Ferrari che a Singapore riapriva un Mondiale thrilling.

La vigilia – Dopo i controversi ordini di scuderia a Hockenheim e il trionfo di Monza, al Cavallino scoppia la pace per la gara che vale una stagione. Massa di fatto accetta il ruolo di scudiero per l'asturiano che pure arriva a Singapore a 21 punti da Webber e a 16 da Hamilton. Ma nelle quattro gare precedenti ha ottenuto 68 punti, più dei rivali (Webber 59, Vettel 42, Hamilton 37, Button 32) e per il britannico è il rivale più pericoloso nella corsa al titolo. “Non abbiamo la macchina più veloce sui rettilinei o nelle curve lente” ammette Alonso, “ma siamo competitivi in tutte le condizioni. Invece di sprecare energie a preoccuparci di quel che fanno gli altri, ci preoccupiamo solo di noi stessi”.

Le libere – È un venerdi di pioggia e tensione sulla pista a cavallo dell'equatore che a Hamilton proprio non va giù. “Ho paura che possa verificarsi un brutto incidente – si lamentava -. La pista è insidiosissima e ha la peggiore curva dell' intera Formula 1”, la Singapore Sling, “una chicane strettissima, ci arrivi a 200 allora e devi inchiodare. È una follia”. Alonso sta girando sugli stessi tempi di Vettel ma sfiora il muro alla curva 17, la stessa su cui due anni prima si era volontariamente schiantato Piquet junior proprio per favorirlo, per il cedimento di un pezzo sperimentale del cambio.

La pole – Ma al sabato si inventa una pole di rabbia e talento sull'asfalto reso viscido dalle piogge equatoriali, con le gomme che impiegano più tempo a entrare in temperatura, pur con una Ferrari meno veloce della Red Bull. Spalle al muro, nel confronto più importante del weekend, Vettel sbaglia due volte nei suoi due giri lanciati decisivi. “Non ho mai trovato il ritmo – ammette -. In Q3, nel primo tentativo ho calcolato male il gap con le vetture davanti: dopo quattro curve ero già dietro Michael Schumacher. Nel secondo poi, ho sfiorato il muro nella sezione delle curve 11, 12, 13 e ho perso tempo. Ho recuperato nel terzo settore, ma non abbastanza”.

Massa parte in coda – In gara, però, Alonso non potrà contare sull'appoggio di Felipe Massa, che parte ultimo per un inspiegabile guasto. “All' improvviso – racconta Felipe – si è bloccato tutto, cambio, motore e gomme”. Così la Ferrari decide di cambiare anche il propulsore sulla monoposto del brasiliano. Alonso punta innanzitutto a controllare Webber. Partito quinto, l'australiano cambia subito le gomme (proprio come Felipe Massa) provando a giocare d' anticipo sui pit stop. La mossa riesce solo in parte: si ritrova terzo, chiamato a resistere agli attacchi di Hamilton.

Alonso campione – A Singapore, Alonso si rivela più campione di Vettel. “Ho sperato per tutta la gara che Fernando andasse a sbattere contro un muro” ammette il tedesco, traduzione ingenua e fedele del senso di impotenza che ha scandito tutta la gara. Alonso ha sfoderato una superiorità assoluta, indiscutibile. Succede con i campioni. “Ma con i campioni succede anche dell' altro – scriveva Marco Mensurati su Repubblica -. Succede che riescano, per carismao per forza, a farsi seguire, a spingere chi gli lavora attorno. Proprio quello che è successo alla Ferrari, cresciuta dietro il suo leader fino ad essere irriconoscibile, fino a diventare quel gioiello cheè adesso: una macchina versatile e veloce che può giocarsela alla pari con l'(ex) astronave Red Bull”.

Capolavoro – Una Red Bull che paga anche una strategia prudente sì, ma forse troppo. Avrebbe potuto rischiare il tedesco, partito anche meglio dello spagnolo. Dopo il duello a distanza, giro veloce contro giro veloce, avrebbe potuto rimanere in pista qualche giro in più del rivale prima di fermarsi ai box. Differenzare la strategia, però, è parso un azzardo eccessivo in casa Red Bull, e Vettel si è così limitato a marcare a uomo lo spagnolo accontentandosi del secondo posto. La gara è praticamente finita qui. A parte l' ultimo giro da infarto. «Guidavamo da due ore, con quell' umidità pazzesca, c' erano state le safety car e tutto, c' erano le bandiere gialle e la Lotus in fiamme al bordo della pista, e a un tratto mi sono trovato davanti un gruppo di cinque macchine da doppiare. Non potevo passarle per via delle bandiere gialle ma dovevo stare attento a non ridurre il gap da Sebastian. Non potevo correre nessun rischio. Ho fatto affidamento sulla difficoltà di sorpassare su questo circuito e sul bisogno di Vettel di rischiare troppo». A Maranello, a qualcuno sarà venuto un infarto. Specialmente quando si è capito che la prima delle cinque macchine da doppiare era quella di Schumacher. «Sì, è stato molto difficile. Ma l' intera gara è stata dura. Fisicamente intendo. Probabilmente Singapore è la più dura dell' intero calendario. Due ore senza respiro, con 24 o 25 curve, immersi nell' umidità e nel caldo con i muri a due centimetri. Per questo la vittoria conta molto, per me. Monza è un unicum, vincere anche qui invece significa che la macchina va bene anche nei circuiti in cui serve molto carico aerodinamico. E questo può essere decisivo in chiave mondiale. Mancano quattro gare e ora sappiamo che possiamo essere competitivi ovunque. Questo grazie al team, che ha fatto un lavoro pazzesco».

La gioia di Domenicali – Fa la differenza Alonso, che carica di ottimismo tutta la squadra. “Ho il 50% di possibilità di vincere il Mondiale, il restante dividetelo fra gli altri quattro” ha detto. È cambiato tutto, ammette il team principal Stefano Domenicali, “nel week end di Valencia. Indipendentemente da come andò poi la gara, ricordo che sentii un clic. Che qualcosa si era sbloccato. Ci rendemmo conto che dovevamo lavorare su determinate aree, la parte anteriore e il fondo, e ci concentrammo su quello”. Da quel momento, la Ferrari smette di inseguire la concorrenza e inizia a sviluppare la propria idea di macchina. Una lezione che servirebbe, e molto, anche alla Ferrari di oggi.

GP SINGAPORE – STORIA E NUMERI
Prima edizione: 2008 (vittoria di Fernando Alonso, Renault)
Gara più lunga: 2015 (2h 01m 22.1s)
Gara più breve: 2009 (1h 56m 06.3s)

Vittorie dalla pole: 6 su 8

Vittoria dalla più bassa posizione in griglia: 15th (Fernando Alonso, Renault, 2008)

Le vittorie Ferrari
2010 Alonso
2015 Vettel

VITTORIE PILOTI

4 Vettel

2 Alonso, Hamilton

PODI PILOTI

6 Vettel

5 Alonso

3 Hamilton

2 Webber, Button, Raikkonen, Ricciardo

1 Rosberg, Glock

POLE PILOTI

3 Hamilton, Vettel

1 Massa, Alonso

VITTORIE COSTRUTTORI

3 Red Bull

2 Ferrari

1 Renault, McLaren, Mercedes

PODI COSTRUTTORI

9 Red Bull

5 Ferrari

4 McLaren

2 Renault

1 Williams, Toyota, Lotus, Mercedes

POLE COSTRUTTORI

3 Ferrari

2 McLaren, Red Bull

1 Mercedes

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