F1, GP Ungheria: come si guida a Budapest
Quando la F1 è arrivata per la prima volta in Ungheria, c'erano carri armati sovietici parcheggiati sulle colline e soldati con i kalashnikov a tracollo per le strade. Non che fossero una minaccia, però, i tempi del 1956 e dell'invasione dopo la rivolta studentesca sono solo un ricordo. Vogliono solo veder sfrecciare quei bolidi impegnati nella prima corsa della storia dietro la Cortina di Ferro. L'accordo con la FIA, firmato nel dicembre 1985, cinque anni prima delle prime elezioni democratiche, serve all'Ungheria per promuovere in Occidente la sua immagine di nazione aperta agli investimenti stranieri, un messaggio colto subito dalla Philip Morris che sponsorizza la prima edizione. Il governo boccia la proposta di correre all'interno del parco Nepliget, dove Tazio Nuvolari aveva conquistato il GP d'Ungheria del 1936, e opta per la costruzione di un nuovo impianto, realizzato in soli otto mesi e costato 7,6 milioni di dollari dell'epoca, a Mogyorod, 19 km a nord-est della capitale.
Storia e modifiche – La pista, lunga 4.381 metri, che i piloti dovranno percorrere per 70 giri in senso orario, è impegnativa viste le elevate temperature ambientali (si prevede che l'asfalto raggiunga i 60 gradi) e l'alternanza continua di accelerazioni e frenate. In origine il tracciato, su cui le Ferrari hanno vinto cinque volte, era ancora più tortuoso rispetto all'attuale configurazione: dopo la curva 3, prima del breve rettilineo che ora porta alla 4, era prevista un'ulteriore chicane lenta, eliminata nel 1989 allungando il rettifilo dopo la curva 3. A partire dall'edizione 2003, si sono succedute diverse modifiche: le più significative hanno riguardato l'allungamento del rettilineo principale, e la modifica della prima e della terzultima curva. Per questa edizione, che le Rosse di Maranello hanno studiato nel nuovo simulatore, è stata montata una nuova recinzione all'altezza del guardrail sulla sinistra tra le curve 11 e 12, e all'esterno della 14. Come negli anni precedenti, infine, ci saranno due zone per l'attivazione del DRS, alla prima e alla 14ma curva.
Il primo settore – Ci sono 580 metri tra la linea di partenza e la prima curva, cui si arriva a 320 km/h in settima o ottava marcia: è la frenata più severa del tracciato. Dalla curva 1, una svolta a destra con un raggio che aumenta in uscita, si esce in prima marcia. Segue un'accelerazione di poco più di 5 secondi che porta, in leggera discesa, alla staccata della curva 2, a sinistra: qui la vettura è sollecitata con un'accelerazione laterale di 2.3G per 3 secondi. Si prosegue in leggera discesa verso la curva 3, a destra, che si percorre in pieno e immette nel terzo tratto veloce fino a scollinare oltre la curva 4, da cui si esce in quarta marcia.
Il secondo settore – Dall'uscita della 4, mantenendo la stessa marcia, si arriva alla 5. un'altra curva a destra ad ampio raggio dove l'asfalto è molto ondulato. Si sale poi verso la chicane (curve 6 e 7), un tratto lento in cui bisogna fare attenzione ai cordoli, particolarmente insidiosi in caso di pista umida. Il circuito prosegue con due curve abbastanza veloci, la 8 e la 9, da percorrere a 150 e 140 kmh e si allunga verso la 10, a sinistra, una curva da prendere a 265 km/h in sesta che ha un picco di accelerazione laterale di 3.4G per 1”. Si entra così in piena potenza alla curva 11, con una frenata che porta la velocità di uscita a 180 kmh. In questo tratto, dove anche un piccolo errore può pregiudicare il tempo sul giro, ai piloti servirà una macchina ben bilanciata e reattiva nei cambi di direzione.
Il terzo settore – L'ultimo settore inizia con la curva 12, una svolta di 90 gradi a destra che porta alla 13, la curva più lenta del circuito. La staccata è impegnativa perché bisogna portare la monoposto dai 230 ai 100 kmh ed è difficile trovare l’esatto punto di frenata. In uscita, l'asfalto ondulato può creare fenomeni di sovrasterzo in fase di erogazione della potenza. Si giunge così, in quarta a 217 kmh, alla curva 14 dove prima della staccata, una frenata in tre fasi, si trova il detection point del DRS.
Motore – La pista dell'undicesima prova stagionale non è particolarmente severa per la power unit, visto che il motore è utilizzato a pieno regime solo per il 56% del tempo sul giro, anche se il raffreddamento rimane un fattore critico. L’Hungaroring esalta la trazione all’uscita delle curve 1,2, 5, 13, e 14 dove la mappatura della centralina e il compressore devono essere ben calibrati. Più agevole la gestione del carburante: 93 kg di benzina, infatti, sono sufficienti per completare il Gp.
Le gomme – Anche in conseguenza delle alte temperature attese sulla pista, Pirelli ha scelto di portare a Budapest gli pneumatici P Zero bianco medium (che assicura prestazioni elevate anche a basse temperature) e P Zero giallo soft, con una differenza in termini di prestazioni che dovrebbe essere di poco superiore al secondo a giro. La serie di curve è praticamente ininterrotta, per cui le gomme non fanno in tempo a raffreddarsi e le monoposto corrono con il massimo carico aerodinamico per massimizzare il grip nei settori lenti, e questo comporta un'ulteriore forza laterale che va a pesare sugli pneumatici.
Aerodinamica – Carico che va caricato al massimo all'alettone posteriore, con una configurazione simile a quella usata a Monaco, perché la pista stretta e tortuosa impone alti livelli di deportanza. In più, all'avantreno, è imprescindibile la ricerca del grip soprattutto alla curva 4, in cui è facile rischiare di andare in sottosterzo, e in tutta la parte finale per ottenere una vettura reattiva nei cambi di direzione.