F1, il mesto 2014 della Ferrari
Nel 2014 della Ferrari c'è un solo aspetto positivo: è finito. E' finito come peggio non avrebbe potuto, con una corsa che ha esacerbato tutti i limiti e i difetti di una macchina nata male e di una squadra travolta da un insolito destino e nel mezzo di un guado fumoso, presa e un po' persa dentro un cammino che non si sa bene dove e quando porterà. E' una Ferrari che va piano, e non va certo sana né tantomeno lontana. E' una Ferrari buona per i nostalgici della generazione beat, per quelli che "l'importante è andare". Dove va il Cavallino? Ovunque e in nessun posto, dice questo 2014, l'anno che potrebbe chiudersi con la nomina del terzo team principal in 12 mesi, da Domenicali a Mattiacci a Maurizio Arrivabene, l'anno del divorzio da Montezemolo e dal capo motorista Marmorini, l'anno della ristrutturazione interna e delle gare sempre uguali a se stesse, tristi repliche di un brutto film già visto. Sembra la Ferrari di Barnard, che però almeno portava una visione avveniristica, certo fin troppo estrema, della progettazione della macchina. In una stagione senza vittorie e senza piazzamenti in top-3 in griglia, con i soli due podi di Alonso e i 5 GP senza punti di Raikkonen, più di quelli dell'anno scorso con la Lotus, c'è il senso di un inverno, e di un anno, senza vista. Di una squadra che ha partecipato alla definizione delle regole e ne ha subito le conseguenze, che ha cercato di mettere toppe improbabili come la nuova coibentazione degli scarichi, per nascondere un gap strutturale con chi, come la Mercedes, partiva con un vantaggio di qualche anno nella ricerca sui motori ibridi per le auto da strada, e non a caso respinge l'idea della Red Bull di montare power unit semplificate dal 2016.
Addio alla Rossa – Sarà anche stato emozionante, come ha dichiarato, ma i meccanici e gli ingegneri che gli hanno firmato il casco si sarebbero attesi da Fernando Alonso un'addio diverso. La sua ultima gara è un epilogo più che triste. E' mesto, è rassegnato. E' illusorio nei primi giri, quando passa Raikkonen per entrare prima ai box. Poi si spegne, come tante volte in questa stagione, e si arrende anche al sorpasso di Vettel, pur partito dalla pit lane, con le supersoft negli ultimi giri. Un sorpasso che è un po' un anticipo di 2015, il segno di un campione anche lui insoddisfatto che supera il più anziano leone sempre più in gabbia, benché dorata, che ha accettato una scommessa ancor più dorata. Alonso lascia una squadra un po' allo sbando, ma almeno in questa sua veste ultima, triste e finale, non sarà esattamente rimpianto nonostante in cinque anni abbia fatto il doppio dei punti dei compagni di squadra. Ma in Ferrari ha pur sempre vinto quanto Massa. E' andata ancora peggio a un Kimi Raikkonen che la F14T non l'ha mai capita. Decimo allo Yas Marina, solo una volta in top-5 in stagione, suo record negativo, Iceman ha incassato sconfitte su sconfitte e fatto rimpiangere anche Massa, arrivato a Abu Dhabi per la prima volta in top-2 dopo due anni. Però lo scorso anno ha strappato un biennale, con una clausola secondo cui può anche decidere di restare dopo il 2015.
L'anno che verrà – Basteranno i 60 tra meccanici e ingegneri già assunti per cambiare la storia l'anno prossimo? Basterà un pilota tedesco a rinvigorire la Ferrari e ad aumentare, come sottolineava Toto Wolff alla Gazzetta dello Sport, l'interesse della Formula 1 in Germania, a beneficio anche della Mercedes? Non per Andrea Agnelli, che sembra l'eminenza grigia dietro la scelta, data per ufficiale, di Maurizio Arrivabene, vicepresidente di Philip Morris e nel cda della Juve, come nuovo responsabile della gestione sportiva. Una rivendicazione anche politica per la famiglia Agnelli, beneficiari finanziari dell'operazione di scorporo del Cavallino dalla FCA, che insomma vuole comunque mantenere un'influenza e un potere di indirizzo a Maranello.
Vettel sì, ma anche no – Per vedere in Ferrari Vettel, insoddisfatto della Red Bull e delle nuove regole che limitano il peso del pilota nelle prestazioni, oltre che irritato dai risultati di Ricciardo, bisognerà però aspettare il prossimo febbraio perché, sottolinea Mateschitz, il contratto del tedesco scade il 5 dicembre. E consentirgli di salire sulla Ferrari già nei test di Abu Dhabi della prossima settimana consegnerebbe al Cavallino troppi vantaggi. “Se Sebastian si siede su una Ferrari solo due giorni dopo l’ultima gara, può fare un confronto diretto" ha detto Marko Mateschitz. "Ha le sensazioni ancora fresche. Guidando la Ferrari al più presto in febbraio, potrà fornire loro meno informazioni".