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F1, la magia e i segreti di Monza: come si guida nel tempio della velocità

A Monza potrebbe cadere il record per la più alta velocità media in gara e in qualifica. Ma la vittoria passa soprattutto per l’efficienza aerodinamica nei curvoni veloci, alla Variante Ascari, lungo le due di Lesmo e alla Parabolica.
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Una pista magica. Un'atmosfera unica, un design che sembra semplice e come tutto ciò che è facile diventa difficilissimo. Una pista di personalità, la più veloce al mondo, dove però è l'efficienza nella percorrenza in curva alla Lesmo, alla Ascari e lungo la Parabolica a scrivere la storia. È il tracciato che ha ospitato più gare di tutti nella storia della F1, e quest'anno potrebbero cadere un paio di record: la più alta velocità media in gara (247 kmh, Schumacher 2003) e più probabilmente quella in qualifica, quei finora inarrivabili 262 kmh di Montoya con la Williams-BMW del 2004. Ma, Spa e l'esperienza dell'anno scorso insegnano: sul circuito più veloce del mondo la velocità non è il fattore principale. Vedere per credere le Force India, davanti a tutti alla speed trap e sempre tanto indietro nei tratti guidati.

Efficienza e basso carico le chiavi del successo

È una pista di motore, lungo i 5793 si affrontano tre tratti da 13 secondi e il rettilineo principale da 16 secondi a pieno regime: il 75% del tempo sul giro, più che su qualunque altro tracciato. Sotto pressione il motore termico, e sarà interessante valutare le prime conseguenze della zona grigia del regolamento, le limitazioni sull'olio aggirate da Mercedes omologando l'ultima power unit a Spa. Più difficile, invece, portare l'MGU-H a recuperare energia cinetica nelle frenate, tutte brevi, sotto i due secondi. Le parole d'ordine rimangono basso carico e massima efficienza, con profili minimal e di dimensioni ridottissime al posteriore.

Un giro di pista

Alla Prima Variante, dove Ronnie Peterson morì dopo la carambola di cui fu accusato Patrese nel 1978, l'anno del trionfo matematico nel Mondiale di Mario Andretti e del suo successivo accordo preliminare poi saltato con la Ferrari, si arriva dopo 620 metri dalla linea della pole. In gara, con l'ala mobile, la frenata diventa decisamente impegnativa per via del basso carico.

Dalla Prima Variante al Biassono

Realizzata nel 1972, due volte ridisegnata come una secca curva a destra, spezza il rettilineo d’arrivo e si raccorda verso il tornante successivo con una curva a gomito a sinistra altrettanto stretta. In meno di tre secondi e mezzo, i piloti si ritrovano in uscita in prima e si lanciano verso la Biassono, l'ex Curva Grande, così ribattezzata per la vicinanza del paesino omonimo. È una larga piega a destra, che si affronta a oltre 300 orari e immette nel bosco: qui nel 1995 Berger perse la vittoria per uno specchietto che si era staccato dalla Ferrari del compagno di squadra Jean Alesi.

La Variante della Roggia e le due curve di Lesmo

Il lungo tratto in pieno si interrompe con la variante della Roggia, dove sarà determinante la leggerezza delle sospensioni per sfruttare al massimo i cordoli che interrompe un tratto in pieno lungo un chilometro, Biassono compresa, e inaugura il secondo settore. È una curva storica, che nel 1995 ha fatto da scenario al duello rusticano in pista e fuori fra Damon Hill e Michael Schumacher: l'inglese tampona Schumi e solo un commissario evita che vengano alle mani. Si entra a circa 340 kmh, lungo la rapida sinistra-destra, e in uscita si sale su fino in sesta all'ingresso delle due curve di Lesmo. La prima, un tempo nota come Curva delle Querce, si percorre a velocità non elevatissime. Oggi la seconda, poi, è molto più lenta dell'originale, l'antica Curva del bosco dei Cervi dove Scheckter perse il controllo della Wolf nell'edizione 1978: dal 1994 ha solo 35 metri di raggio.

Il Serraglio e il tratto veloce

Le curve di Lesmo preparano al terzo tratto veloce della pista, su cui si può tornare a usare il DRS, che immette al Serraglio, una piega leggera a sinistra che prende il nome dalla caccia del Re nelle vicinanze e passa sotto un ponte pedonale. Da qui si arriva alla classica Variante Ascari che apre il terzo settore.

La mitica variante Ascari e l'ultimo tratto

In origine si chiamava Curva del Platano o del Vialone proprio perché passava sopra il grande viale di accesso all’Autodromo. È uno dei tre tratti rallentati nel 1972, con una chicane, ulteriormente modificata due anni dopo. È un punto cruciale per il sorpasso. E da qui di nuovo a tutto gas, per tutta la pista cordli compresi, verso la Parabolica, che ha assunto il suo nome attuale dopo la ricostruzione del 1955. Prima, vista la particolare pavimentazione con i classici cubetti, la chiamavano semplicemente Curva del Porfido. È una curva lunga, a raggio via via crescente: dopo la parte più stretta, all'inizio, si può andare in accelerazione, scorrendo verso l'esterno, alla ricerca della massima velocità sul rettilineo d'arrivo. Un lunghissimo rettifilo che dalla fine della Curva Parabolica all’inizio della Prima Variante misura 1194,40 metri.

La scelta delle gomme

Pirelli ha nominato i pneumatici P Zero White medium, P Zero Yellow soft e P Zero Red supersoft, come un anno fa, che potrebbero essere ancora più stressate dalle altissime temperature su una pista i carichi longitudinali, in accelerazione e frenata, più che i laterali. “Con le monoposto 2017 potremmo vedere velocità massime simili o inferiori rispetto al 2016 su questo circuito, ma sempre con carichi molto elevati sui pneumatici a causa della deportanza extra imposta dai nuovi regolamenti” ha spiegato Mario Isola, responsabile car racing di Pirelli. “La combinazione di deportanza e velocità descrive la mole di lavoro a cui sono sottoposti i pneumatici su questa pista. La scelta delle mescole è stata influenzata anche dal rischio di blistering sulle gomme date le numerose aree di frenata in rettilineo, con l’area di camber sulla spalla che tende a surriscaldarsi”

Le scelte dei piloti

Sebastian Vettel che Kimi Raikkonen affronteranno il week end di gara con un treno di medie, due di soft e 10 di supersoft a testa, su una SF70H che dimostra di non soffrire più nemmeno sulle “piste Mercedes” e si presenta col vecchio “motore 3” che pompa più olio. Hamilton e Bottas, invece, porteranno un set di medie, tre di soft e nove di supersoft. Le scelte risultano praticamente condivise dal resto del circus. Red Bull, Williams, McLaren, Toro Rosso, Renault e Sauber scelgono la dotazione Ferrari, Force India e Haas replicano la distribuzione delle Frecce d'Argento.

Numeri e curiosità

Sebastian Vettel ha vinto tre volte, come Hamilton: nessuno ha fatto meglio fra i piloti in attività. Il re di Monza rimane Michael Schumacher con cinque successi, uno in più di Piquet. Vettel, però, potrebbe trionfare con la terza scuderia diversa dopo Toro Rosso e Red Bull e sarebbe il primo a riuscirci a Monza dopo Stirling Moss fra il 1957 e il 1959.

La pole non è così determinante, ha infatti garantito la vittoria solo in 22 occasioni su 66. Ma qui i distacchi possono essere davvero infinitesimali. Nel 1971 Peter Gethin arrivò primo alla testa di un trenino di sei vetture racchiuse in 61 centesimi: un record ancora imbattuto. Era partito undicesimo sulla sua BRM: è la posizione più bassa in griglia per un vincitore a Monza.

Sono 83 i piloti italiani che hanno guidato a Monza. In quattro hanno vinto. Nino Farina, l'uomo del coraggio amato da Enzo Ferrari, e Alberto Ascari, che a Monza morirà nei test come il padre, si spartiscono le prime tre edizioni. Sono anche i due unici italiani campioni del mondo. L'ultimo successo risale all'edizione 1966 grazie a Ludovico Scarfiotti, npote di uno dei fondatori della Fiat.

La Ferrari, infine, vanta 18 successi, di gran lunga il numero più alto nell'albo d'oro del Gran Premio, dal trionfo di Ascari del 1951 all'ultimo trionfo targato Fernando Alonso nel 2010.

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