F1: prodigio Kvyat, è il più giovane di sempre a punti
Daniil Kvyat meglio di Sebastian Vettel. A 19 anni e 324 giorni è diventato il pilota più giovane ad essere arrivato a punti nella storia della Formula 1. Il russo della Toro Rosso ha tolto il primato proprio al quattro volte campione del mondo che all'esordio, al volante della BMW Sauber, aveva chiuso ottavo il GP di Indianapolis del 2007, in cui gareggiava al posto dell'infortunato Kubica, a 19 anni e 349 giorni. Kvyat, che da tempo vive in Italia, ha negato che il suo ingresso in F1 sia stato motivato anche dai suoi potenti sponsor e dall'avvento in calendario del GP a Sochi. Il russo, che di fatto ha tolto il posto a Antonio Felix Da Costa (dirottato dalla Red Bull in DTM), ha vinto l'anno scorso il titolo mondiale in GP3 con una rimonta niente male. Sesto a tre gare dalla fine, ha messo in crisi Facundo Regalia, ha completato il trionfo a Abu Dhabi e a Melbourne, tra V6 turbo, ERS e KERS, brake by wire e motori ibridi, ha ammortizzato il doppio salto mortale senza evidenti controindicazioni.
PREDESTINATI – Il suo primato è tanto più significativo in quanto i piloti che hanno messo piede in Formula 1 prima di aver compiuto 20 anni sono solo otto. E non per tutti la precocità si è rivelata sinonimo di futuro roseo e successi. Certo lo è stata per Vettel, prodotto del Red Bull junior program, secondo in Formula 3 Euro Series nel 2006 e quinto in Formula Renault l'anno successivo prima di essere catapultato in Formula 1. Dopo il debutto con record, nella sua prima stagione completa in F1, al volante della Toro Rosso, ha sorpreso tutti con la vittoria a Monza sotto la pioggia e con quattro gare a punti. Risultati che gli sono valsi un posto alla Red Bull, accanto a Mark Webber. Il resto è storia.
Non è andato a punti alla prima gara Fernando Alonso, ma è diventato il più giovane campione del mondo di sempre nel 2005 (primato che poi gli sarà tolto da Lewis Hamilton nel 2008). L'asturiano debutta nel 2001 con la Minardi, ma già dai primi test, a Jerez nel dicembre del 1999, dimostra un talento fuori dal comune. «Sembrava che avesse sempre guidato una Formula 1» ha raccontato Gabriele Tredozi, il direttore tecnico della scuderia romagnola a Carlo Laudisa della Gazzetta dello Sport nel 2003. «Impressionante! Fece con noi il collaudatore per un anno e poi, nel 2001, esordì in pianta stabile. Si capì subito che era un grande talento naturale e, considerando la giovanissima età, aveva la non comune proprietà di non commettere errori, sempre sicuro di sé e disinvolto nella guida». Al primo anno riesce a stare davanti alle Benetton a Imola e chiude con uno straordinario undicesimo posto a Suzuka con quelli che il direttore del team, Paul Stoddart, definì «53 giri da qualifica».
MESSICO E NUVOLE – Il messicano Ricardo Rodriguez, uno dei rari esempi di piloti passati dalle due alle quattro ruote, è il più giovane di sempre ad essere salito sul podio a Le Mans e ad essere partito in prima fila in F1, primato stabilito a Monza nel 1961, a 19 anni 6 mesi e 27 giorni. Figlio di un ricco uomo d'affari, ingegnere che aveva fatto fortuna con la presidenza Cardenas, aveva acquistato terreni di pregio a Acapulco, che rappresentava compagnie estere a Città del Messico ed era intimo amico del presidente Adolfo Lopez Mateos, si è trovato anche in testa alla gara prima di essere costretto al ritiro per un guasto alla pompa di benzina. È morto l'anno dopo al volante di una Lotus, sul circuito Magdalena Mixchuca, nel primo giorno di prove di una gara che non valeva per il campionato, schiantandosi sul muro alla curva Peraltada dopo la rottura della sospensione posteriore destra.
IL PIÙ GRANDE SENZA VITTORIE – Degli otto che hanno debuttato in F1 da teenager, Chris Amon ha avuto la carriera più lunga. Il neozelandese ha corso per la prima volta al GP del Belgio nel 1963 a 19 anni 10 mesi e 20 giorni ed è rimasto in F1 per 12 stagioni. È considerato il più forte a non aver mai vinto una gara in F1, ma ha trionfato alla 24 ore di Le Mans accanto a Bruce McLaren. La sua carriera è scandita da una sfortuna al limite del patologico che Mario Andretti ha fotografato meglio di chiunque altro: «Se facesse il becchino la gente smetterebbe di morire». Nel 1968, in Spagna, è in testa con 23 secondi di vantaggio ma si ritira perché si rompe il fusibile di una valvola. In Canada ha oltre un minuto sugli inseguitori ma cede un anello della frizione. Si ritira in Sudafrica per una foratura e in Belgio perché un foglio di giornale gli finisce nel radiatore. Compra un diamante falso, pagandolo per vero, a Barcellona, gli rifilano due volte il “pacco” della stecca di sigarette con la segatura a Napoli, si fa pagare in sterline dalla Ferrari (con cui è arrivato quarto nel mondiale del 1967) per investire nella March, con cui otterrà due dei suoi tre secondi posti in carriera, proprio nella settimana in cui la moneta inglese si svaluta del 18%. Enzo Ferrari, che lha avuto come pilota per due anni, sosteneva che la sfortuna non esiste. Ma con lui, racconta Franco Gozzi che ha curato i suoi rapporti con la stampa, cambiò idea. Una volta, però, la fortuna è stata dalla sua. A Monza, nel '68, viene sbalzato fuori dalla macchina e finisce tra gli alberi alla curva di Lesmo. Si incastra tra le foglie e ne esce senza un graffio.
IL PIÙ GIOVANE – Il primato assoluto di precocità in un Gran Premio è dello spagnolo Jaime Alguersuari, che ha esordito a 19 anni 4 mesi e 3 giorni in Ungheria, chiamato a sorpresa dalla Toro Rosso per sostituire Sebastien Bourdais. Ha iniziato a correre in Italia, nel 2005, nella Formula Junior 1600 con la Tomcat. Nel 2006 è entrato nel programma Red Bull e ha corso in Formula Renault, con il secondo posto nella serie italiana alle spalle di Mika Maki nel 2007. L'anno successivo, al volante di una Dallara-Mercedes del team Carlin, vince il mondiale di F3 britannica. In Formula 1 dura tre stagioni, con un settimo posto come miglior risultato, poi la Toro Rosso scarica lui e il compagno di squadra Buemi per ingaggiare Jean-Eric Vergne and Daniel Ricciardo.
MIST(U)ERO – E' il terzo pilota più giovane ad aver debuttato in F1, ma ha finito solo quattro gare delle 16 disputate. È forse l'unico ad aver rifiutato la Formula 1. Dopo l'incidente di Suzuka con Takagi, in cui si rompe una vertebra, rinuncia al rinnovo del contratto con la Minardi e va a correre in T2000, in Argentina. Non ha mai voluto spiegare i motivi della sua decisione. C'è chi ha detto che fosse stanco delle prese in giro della stampa e delle tv argentine. C'è chi ha detto che gli sponsor gli hanno voltato le spalle perché provocava troppi incidenti. C'è anche chi ha parlato di una crisi mistica. Tuero non ha mai parlato: “Potete chiedermelo anche 60 volte, non ve lo dirò” ha spiegato. E il curioso caso di Esteban Tuero resta senza finale.
ZERO SU TRE – Con cinque vittorie, il neozelandese Mike Thackwell ha chiuso al terzo posto il mondiale di Formula 3 britannica, davanti a Nigel Mansell, Alain Prost e Thierry Boutsen. Ha così una chance in Formula 1 l'anno successivo. Esordisce a Zandvoort, per sostituire Jochen Mass alla Arrows, ma non si qualifica. Viene poi ingaggiato come terzo pilota della Tyrrell nei gran premi nordamericani. In Canada supera le qualifiche, ma la gara è subito sospesa per l'incidente tra Alan Jones e Nelson Piquet, che coinvolge anche il suo compagno di squadra, Jean Pierre Jarier. Ken Tyrrell impone a Thackwell di cedere la sua vettura a Jarier per la nuova partenza. Nonostante quel primo giro di fatto non viene conteggiato nella classifica finale, per quasi trent'anni Thackwell è rimasto il pilota più giovane ad aver corso in F1, a 19 anni e 182 giorni. Dopo aver vinto il titolo di Formula 2 nel 1984, torna per altre due gare in Formula 1: si qualifica con la Ram in Canada, ma si ritira per problemi al motore, e chiude la sua carriera in F1 senza centrare la qualificazione in Germania, al volante della Tyrrell. Arriverà secondo in F3000 l'anno dopo e nel 1986 vincerà la 1000 km del Nurburgring in coppia con Henri Pescarolo.