F1, quando il titolo si decide all’ultima gara
Tutto all'ultima curva. Per la ventottesima volta il Mondiale di Formula 1 si decide all'ultimo gran premio. Una storia di duelli epici, un'antologia che non può non partire dal 1964, quando in Messico sono in tre a giocarsi il titolo: Graham Hill, che è in testa, a cui basta un secondo posto, John Surtees e Jim Clark. Hill va in testacoda, ma Clark e in difficoltà. Sembra fatta ma la Ferrari ordina a Bandini, quarto, di lasciar passare Surtees che alla fine sfreccia anche davanti a Clark e arriva secondo dietro Gurney: per un punto, è campione del mondo.
Gli anni Settanta – Dieci anni dopo, a Watkins Glen, lo spettacolo va avanti anche dopo la morte di Helmut Konigg che si schianta contro le barriere e rimane decapitato. È l'ultimo atto di un Mondiale senza padroni, con sette vincitori diversi in 14 gran premi. Regazzoni, su una Ferrari modificata e deludente, arriva undicesimo a quattro giri da Carlos Reutemann. A Fittipaldi basta il quarto posto per festeggiare il Mondiale. Quel che sarà due anni dopo nel diluvio di Fuji, con il ritiro di Lauda, il terzo posto di Hunt che si prende il suo unico titolo e il giro più veloce più farlocco della storia è ormai un pezzo di cultura sportiva e cinematografica.
Viva Las Vegas – Gli anni Ottanta si aprono con il duello a tre nel parcheggio del Caesars Palace. Reutemann, sulla Williams, centra la sesta pole in carriera ma parte malissimo. Laffite e Nelson Piquet duellano fino all'ultimo per un quinto posto che vale tutto. Piquet, campione per un punto, completa una rimonta iniziata con la vittoria al Gran Premio di Germania. Reutemann, che dopo Silverstone si era trovato 17 punti avanti, paga la guerra interna con la scuderia dalla parte del compagno di squadra, il britannico Jones. L'argentino, che in Brasile rifiuta di lasciar passare Jones come richiesto dal team, ne diventa il primo avversario e rimpiange la vittoria in Sudafrica, davanti a Piquet, in Sudafrica, una gara poi non valida per il titolo per la guerra tra la FISA (la Federazione) e la FOCA, l'associazione costruttori che meditava di organizzare un campionato alternativo: con quei punti avrebbe vinto il Mondiale.
Senna vs Prost – L'orwelliano 1984 segna l'inizio della rivalità Senna-Prost. Il Professore, però, è destinato a rimpiangere la fine anticipata del bagnatissimo GP di Monaco che frustra la rimonta del re della pioggia al volante della modesta Toleman. Avrà solo la metà dei punti, Prost, e perderà il titolo per mezzo punto all'Estoril. Niki Lauda parte undicesimo e risale, fino al secondo posto. Quando la Lotus di Mansell fuma, Lauda è campione del mondo. “Niki non ha rubato questo titolo, lo ha vinto” ammette un Prost tristissimo e consolato anche dalla moglie di Lauda all'arrivo. Prost si rifarà due anni dopo, a Adelaide. Arriva all'ultima gara secondo nel Mondiale, a sei punti di distacco da Mansell, che parte in pole, e con una lunghezza di vantaggio su Piquet, che a metà fara rompe il motore. Non va meglio a Mansell cui in pieno rettilineo scoppia una gomma, uno di quei pneumatici che secondo la Goodyear avrebbero dovuto consentire di completare l'intero gran premio senza fermarsi ai box. Prost ringrazia e per due punti si prende il titolo.
1994, l'era Schumacher – Esiste, però, uno spartiacque nella storia della Formula 1: c'è un prima e c'è un dopo Imola 1994. Il Mondiale tragico della morte di Ratzenberger e Senna si chiude all'ultima gara con un incidente. È il 36mo giro del gran premio d'Australia, a Adelaide. Damon Hill ha un punto da recuperare su Michael Schumacher e tenta un attacco all'interno. Ma il tedesco stringe, chiude, senza paura, qualcuno dirà anche senza rispetto. Risultato: si ritirano entrambi e il tedesco inizia un'era che lo vedrà padrone della Formula 1 per sette stagioni su 11.
La macchia di Jerez – Con un unica macchia, il tentativo di speronare Jacques Villeneuve alla Dry Sac, al 47mo giro del GP d'Europa a Jerez de la Frontera: una manovra che la FIA riterrà intenzionale, ma non premeditata per cui squalifica Schumacher ma gli permette di mantenere i punti. "Sapevo che mi avrebbe attaccato ed ero pronto a difendermi. Nella squadra avevamo esaminato tutte le possibili ipotesi. Ecco: non immaginavo che lui avrebbe provato a superarmi all' interno. Ho sbagliato, ho commesso un errore di giudizio, ho sottovalutato la situazione che si stava creando" dice qualche giorno dopo, come scrive Repubblica. Ma nel 2006 confesserà che sì, l'aveva fatto apposta a speronare Villeneuve. Un anno prima, in Giappone, Hill aveva scritto la storia: è l'unico figlio di un campione del mondo ad aver conquistato il titolo.
Irvine, sogno infranto – Nel 1998 il rivale di Schumi è Mika Hakkinen, che arriva all'ultima gara con una vittoria in più (7 a 6) e quattro punti di vantaggio. Schumacher centra la terza pole di fila ma ha un problema alla partenza. Si avvia dal fondo, risale fino al terzo posto ma fora al giro 31. L'anno dopo è Irvine l'alfiere del Cavallino per l'incidente di Silverstone che mette fuori gioco Schumacher. L'irlandese vince quattro gare e si presenta in Giappone con 4 punti di vantaggio su Hakkinen. Il finlandese brucia Schumi, rientrato a Sepang, e vola verso la vittoria. Irvine è solo terzo, anche dietro al compagno di squadra, ma la Ferrari si consola col primo titolo costruttori dal 1983.
Schumi nella leggenda – E' il 2003 quando Michael Schumacher, che a Suzuka ha il record di vittorie (6) e di pole position (8), diventa leggenda. Gli basta un ottavo posto, nel giorno del trionfo di Barrichello davanti alle McLaren di Raikkonen e Coulthard, per celebrare il sesto titolo mondiale e andare oltre le colonne d'Ercole, oltre il limite dei cinque sigilli di Juan Manuel Fangio. La festa, si legge su Repubblica, è selvaggia, con un televisore rotto in albergo, un karaoke che coinvolge tutti e tanta birra. “La gara di Suzuka lo ha provato, «è stata la più stressante della mia vita», e ora vuole rilassarsi, fino ad esagerare, cosa che gli capita spesso quando, a fine stagione, per qualche giorno decide di staccare la spina. Il segnale dello Schumacher insolito è il sigaro, il simbolo della trasgressione momentanea”.
Arriva Alonso – Re per una notte, che non smette di lottare e nel 2006, l'anno del mass damper, non si arrende all'inizio da brividi della Renault e di Alonso, capace di scavare un divario di 25 punti nelle prime nove gare. In Brasile, alla sua ultima corsa con la Rossa, gli servono una vittoria e un ritiro di Alonso per poter vincere il titolo. Ma le cose si mettono male: l’ala anteriore di Fisichella buca la ruota posteriore di Schumacher. Da ultimo torna quarto, è una rimonta da applausi nel giorno che incorona il suo erede.
Il trionfo di Iceman – L'anno successivo Alonso, passato in McLaren, sfida all'ultima gara Raikkonen, che ha preso il posto di Schumi. È la stagione della spy story e della lotta interna fra l'asturiano e Hamilton che favorisce la Ferrari. Prima del Brasile, la classifica dice 107 Hamilton, 103 Alonso, 100 Raikkonen. La gara di Interlagos parte con l'errore di Hamilton alla Descida do Lago e il suo successivo ritiro al 17° giro. Le sbaglia tute Hamilton, cui sarebbe bastato arrivare quinto. Iceman diventa campione del mondo con la Ferrari nell’anno del debutto. “ Io non credo al destino, alla fortuna o alla sfortuna, ma solo al duro lavoro. Certo, qui in Brasile avevo anche bisogno dell' aiuto degli altri. Me lo ha dato Massa e in qualche modo anche Hamilton” dice Raikkonen.
Abu Dhabi 2010 – Dopo il Mondiale dei veleni, con la coda dell'indagine (senza sanzioni) sulla benzina delle Renault e delle Williams, Alonso torna alla Renault e Hamilton viene promosso prima guida. Duella tutto l'anno con Massa fino alla beffa dolorosa di Interlagos. La pioggia scombina i piani di tutti, Hamilton vince e per qualche secondo festeggia, fino al sorpasso di Hamilton su Glock per un quinto posto che vale il titolo.
Abu double – Più freschi i ricordi legati a Abu Dhabi, a quel 2010 in cui per la prima volta all'ultima gara arrivano in quattro con chances di titolo, alla malinconica corsa di Alonso frenato per un'ora da Petrov che promuove Vettel campione del mondo più giovane della storia. Si chiude a mani vuote per Alonso anche la stagione 2012, nonostante 40 punti di vantaggio su Vettel alla pausa estiva. Due anni fa servono i punti doppi per dare ancora un senso all'ultima gara e al duello tutto interno in casa Mercedes. Un tentativo posticcio che certifica un dominio mai in discussione nell'era dell'ibrido.