Il 30 aprile 1994 moriva Roland Ratzenberger. Il mondo lo pianse un solo giorno
Un tragico destino in un tragico weekend di dolore. Il Gp di Imola del 1994 è la cronaca di una morte annunciata. Inizia con l'incidente a Rubens Barrichello, che per miracolo si salva. Ayrton Senna va a salutarlo alla clinica mobile. Il giorno dopo, il 30 aprile 1994, è di nuovo fuori dalla sua Williams, nel tratto che va dal Tamburello alla Villeneuve. Va a vedere di persona dove e perché l'austriaco Roland Ratzenberger, il pilota della Simtek, aveva perso la vita. Si era schiantato sul muro della curva Villeneuve dopo che un pezzo d'ala, danneggiato da un'uscita di pista alle Acque Minerali nel giro precedente, si era staccato e una parte del profilo era andata a incastrarsi sotto la macchina, facendola decollare. La Simtek piroetta e si disntegra fino alla Tosa. Il sangue, copioso, sgorga da quel casco bianco e rosso, come i colori dell'Austria, che ciondola come le teste dei pupazzi. Senna fa un sopralluogo della pista, parla con Sid Watkins, il medico della FIA, si lamenta con i commissari. La F1 ha passato il limite, dice, le monoposto sono troppo veloci e poco sicure. Da quell'anno, infatti, le auto sono molto diverse: per ridare valore al pilota, la FIA ha abolito le sospensioni attive (che ha portato meno stabilità), l’ABS e il controllo di trazione(rendendo la guida più difficile), ha ridotto la larghezza degli spoiler anteriori da 100 a 90 cm, ha aumentato l’altezza dal suolo da 2,5 a 4 cm (riducendo il minor carico aerodinamico), e fatto scendere la sezione delle gomme posteriori ridotta 457 a 381 mm (con conseguente minore appoggio sull’asfalto) e l'altezza massima dell’alettone posteriore da 100 a 95 cm.
IL VALORE DEL SACRIFICIO – Ma nessuno lo ascolta. Prima della partenza chiede al suo amico fotografo, Angelo Orsi di Autosprint, di procurarsi una bandiera austriaca. A fine gara vuole farsi immortalare con quella nell'abitacolo della Williams, per non dimenticare. Ma il weekend di paura non è ancora finito. Senna si schianterà, con il piantone dello sterzo nel casco, proprio alla curva del Tamburello. Il mondo piangerà il campione, l'icona, il figlio prediletto del Brasile, e si dimenticherà di Roland Ratzenberger. Max Mosley, allora presidente della FIA, è uno dei pochi che ha scelto di partecipare al funerale di Roland, e non a quello di Senna. “E' stata una cerimonia intima, con i familiari e pochi altri. C'erano i genitori, la fidanzata, qualche esponente del mondo austriaco delle corse. Molti piloti celebri erano amici da tanto tempo con Ayrton, dunque è pienamente comprensibile che abbiano scelto di andare a dargli l'ultimo saluto. Ma sentivo che la morte di Roland era stata trascurata”. Quel weekend, ha ricordato Mosley, "“fu un catalizzatore di cambiamento sulla strada che ha salvato decine di migliaia di vite". Ma il sangue di Ratzenberger non sarebbe bastato, da solo. "Soltanto il sacrificio del ‘migliore’ avrebbe potuto avviare alla soluzione del problema della sicurezza Senza qull’impulso, non saremmo mai andati a Bruxelles, non avremmo mai avuto l’Euro NCAP , i crash test, le leggi che hanno innalzato i livelli di sicurezza. Migliaia di persone che vanno in giro contente sane sarebbero morte se non fosse stato fatto quello che è stato fatto. E tutto questo ha avuto inizio con l’incidente di Ayrton”.
UN AMORE PRECOCE – "Già a tre anni diceva che avrebbe fatto il pilota”, ha raccontato Rudolf Ratzenberger, 81 anni, il papà di Roland. Nato a Salisburgo nel 1960, diventa subito un abituale frequentatore del circuito del Salzburgring,inaugurato nel 1969. A scuola, alle superiori, studia la progettazione delle auto e si iscrive a un kart club. Non chiede soldi ai genitori: per mantenere questo hobby va a lavorare in una panetteria. A 17 anni compra, insieme all'amico Gerald Lachmayer un Maggiolino giallo, la sua prima auto. Abbandona la scuola e, completato il servizio militare, inizia a inseguire il suo sogno di bambino. "Non eravamo completamente a favore della sua carriera” ha ricordato Rudolf, che sarà a Imola per l'Ayrton Senna Tribute del 1 maggio, “ma non l'abbiamo mai ostacolato”. Anche perché Roland lavora come meccanico e istruttore di guida e con il suo stipendio si paga la possibilità di gareggiare.
LA LUNGA GAVETTA – Ratzenberger esordisce in una corsa il 4 settembre 1979 al Salzburgring, al volante di una Formula 1600 Ford presa a noleggio dal Racing Atlas Team. L'anno successivo lavora per la scuola piloti Jim Russell e vince il Jim Russell Trophy. Gareggia anche in Gran Bretagna, arriva secondo al prestigioso Brands Hatch Formula Ford Festival nel 1985 e l'anno successivo lo vince. Nel 1987 partecipa alla 24 Ore di Le Mans con una Porsche 962 con Maurizio Sandro Sala e Walter Lechner, ma l'equipaggio si ritira dopo la terza ora. Nonostante i buoni risultati nella F3 inglese, Ratzenberger rimane fuori dai radar delle scuderie di Formula 1. Corre altre quattro volte a Le Mans, dal 1990 al 1993, e va a cercar fortuna in Giappone. Alcune importanti vittorie in Formula Nippon nel 1990 e nel 1991 gli consentono di tornare in Europa. C'è un primo contatto con la Formula 1: il Team Jordan è appena nato ma, ricorda Rudolf, “il suo sponsor si era ritirato e la squadra voleva molti soldi”. Resta così in Formula 3, in cui però chiude il Mondiale solo al settimo posto. L'anno successivo si piazza solo undicesimo nella formula cadetta inglese ma riesce a brillare a Le Mans. Al volante di una Toyota 93C-V, nel team con Mauro Martini e Naoki Nagasaka, celebra il quarto posto assoluto e la vittoria in classe C2.
LA FORMULA 1 – Dopo 14 anni e 186 gare, con 33 vittorie e 54 podi, alla fine della stagione 1993 arriva finalmente la sua grande occasione. Roland realizza il sogno di una vita: grazie all'aiuto economico della manager monegasca Barbara F. Behlau, viene ingaggiato per le prime 5 gare dalla scuderia Simtek-Ford, alla prima esperienza in F1. Il sogno, però, dura solo 53 giorni. Dal primo GP in Brasile, in cui non si qualifica, a quel maledetto 30 aprile. In mezzo, il piccolo momento di gloria del ragazzo che amava correre, l'undicesimo posto in Giappone nel GP del Pacifico: è la prima volta che la Formula 1 approda sul circuito di Aida, e Roland è l'unico ad averci già corso in passato.
LA MORTE – Ratzenberger muore sul colpo, ha la spina dorsale spezzata, ma il personale medico cerca comunque di rianimarlo per poterlo trasportare in elicottero in ospedale. Con l'artificio di dichiarare la morte solo dopo l'arrivo in ospedale, la Formula 1 evita che il circuito venga posto sotto sequestro. Lo spettacolo della morte deve continuare. Il resto è storia.