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Ferrari, buio senza fine

“In termini di prestazioni, è stato il weekend migliore della stagione, problema elettrico a parte” scrive Alonso su Twitter. Ma la Ferrari non va a punti per la prima volta dopo 4 anni, Nelle parole dell’asturiano, il senso del fallimento della Ferrari e le ragioni del divorzio.
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La Ferrari ha toccato il fondo. E per uscire a riveder le stelle, continua a scavare. Non funziona nulla, a Suzuka. Non funziona il quadro elettrico sulla macchina di Alonso, come a Button a Singapore, e la frustrazione dello spagnolo comprensibilmente esplode ai box. Non funzionano i cambi gomme, con Raikkonen rimasto fermo per quasi 10 secondi perché non si riusciva a fissare l'anteriore destra. Una volta tornato in pista, poi, il finlandese ha continuato a girare più piano anche di Gutierrez. Il dodicesimo posto, la prima gara senza punti per il Cavallino dopo 81 GP, una serie iniziata a Hockenheim 2010 nel giorno del controverso ordine di scuderia a Massa di far passare Alonso, è la certificazione del fallimento.

Alonso: il miglior weekend dell'anno – "Nonostante il problema elettrico, in termini di prestazioni è stato il miglior weekend della stagione" ha scritto Alonso su Twitter. Verrebbe da chiedersi "l'ha detto o l'ha solo pensato?", quanto sarcasmo e quanta convinzione c'è nei 140 caratteri del separato in casa? Certo, dopo 86 GP senza guasti, è stato costretto a due ritiri nel giro di poche settimane, prima a Monza poi a Suzuka che appaiono quasi come l'epifania tangibile di un divorzio rancoroso, di un rapporto iniziato con l'affetto, il sogno di correre per una squadra speciale, che rischia però di finire nel rinfacciarsi piccole e grandi manchevolezze.

Vettel e l'appeal da ritrovare – La Ferrari ha perso un po' (molto?) del suo appeal storico, non è più l'auto da corsa che in pista fa sognare, non è più la Formula 1 di Enzo Ferrari che sceglieva i piloti in base a un unico principale parametro di selezione, quanto veloce corressero. Certo, questa non è più lo sport dei pionieri e dei sognatori, non è la Formula 1 del rischio ad ogni costo. Questa è la stagione dei ragionieri, dei risparmiatori nelle scuderie e negli abitacoli, dei controlli su flussi e consumi, e anche se si è lamentato più volte dei regolamenti restrittivi e dei motori silenziosi, Vettel, che sarà il prossimo pilota Ferrari anche se l'ufficializzazione è rimandata, è il top driver che forse meglio la rappresenta.

I numeri della crisi – Ma quale macchina troverà? Troverà una Ferrari che non vince da 29 gare, come non succedeva dagli anni '90, dai 59 GP senza successi tra il GP di Spagna del 1990 (Prost) e il GP di Germania del 1994 (Berger), che rimane la peggior serie negativa di sempre. Troverà una Ferrari che non parte in pole position da 45 gare, come non succedeva dall'Odissea di inizio anni '90, quando di GP ne passarono 60 tra una partenza al palo e l'altra. Troverà una Ferrari in salute sul mercato, parte sempre più integrante della FCA che sarà quotata alla Borsa di New York dal prossimo 13 ottobre, giorno programmato per annunciare l'arrivo del tedesco, anche se il comunicato della Red Bull nella prima mattina italiana di ieri ha un po' scombussolato i piani. Troverà una Ferrari con la gestione sportiva sempre più ancella della gestione industriale, che ha definitivamente rotto i ponti col passato.

Rottura col passato – E' davvero la chiusura di un cerchio, la fine di un'epoca per la Ferrari, entrata in orbita Fiat il 18 giugno 1969 dopo che Enzo Ferrari aveva fatto saltare all'ultimo momento un accordo con la Ford, praticamente già chiuso, perché ha scoperto che la sua attività sarebbe stata condizionata all'approvazione di Detroit. Quarantacinque anni dopo, Marchionne porta la Ferrari sotto l'influenza determinante delle decisioni di Detroit. Dimostra in pensieri, parole e opere che per lui il ricordo non vale niente e che ha finalmente accettato il fatto come una vittoria. Basterà perché arrivino anche le vittorie in pista?

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