Ferrari, il merito della fortuna
"Non nego che siamo stati fortunati, ma la fortuna te la vai anche a cercare". Nell'onestà di Maurizio Arrivabene c'è la migliore sintesi possibile del gran premio di Montecarlo. Come in occasione della vittoria in Malesia, è un errore di strategia in casa Mercedes a premiare Sebastian Vettel, che si inserisce fra il Nico festante e il Lewis furioso. Ma gli errori fanno parte del gioco, sia quelli dei box sia quelli del britannico che avrebbe potuto anche continuare per la sua strada non avendo nessun tipo di problemi alle gomme a giudicare dai tempi. E degli errori bisogna anche saper approfittare.
L'uomo giusto al posto giusto – In questo Vettel ha sicuramente molto da insegnare e poco da imparare. Ha fatto la corsa che da lui ci si aspettava. Ha provato ad attaccare Rosberg alla prima curva, ha mantenuto i distacchi ridotti e anzi a metà del primo stint, quello con le supersoft, ha iniziato a girare sugli stessi tempi e spesso meglio delle Frecce d'Argento. La SF15-T si conferma più rispettosa delle gomme rispetto ai concorrenti, anche se a freddo ha fatto parecchia fatica a mantenere in pista la macchina dopo il rientro della safety car. Arrivabene, comunque, alla vigilia ha voluto cancellare dall'orizzonte della squadra considerazioni e alibi legati a fattori esterni. "Dobbiamo dare il meglio, non voglio sentir parlare di caldo e di freddo, o di pioggia" ha detto ai microfoni della Rai. Saranno anche solo parole, ma danno bene la misura dello stile, del cambio di passo che l'Arrivabene-pensiero ha portato. Un pensiero che si rispecchia nella guida di Vettel, nel suo sorriso che è l'immagine della sua forza e della sua fiducia, della sua capacità di spingere al massimo le risorse che gli vengono messe a disposizione, di essere perché no nel posto al momento giusto quando i rivali commettono qualche leggerezza o danno segno, come oggi, di sufficienza, arroganza, presunzione.
Kimi non ha scuse – Non può certo sorridere, invece, Raikkonen. "La gara di Kimi è figlia della qualifica" ha detto Arrivabene, della delusione per i suoi errori, come la leggera toccata contro il muro alla curva 8 nel primo tentativo in Q3, e il traffico che ha complicato il suo sabato e soprattutto la sua domenica. Raikkonen ormai ha una certa età e un passato già piuttosto ricco, per cui non è uomo da guardare all'oggi e al domani con gli stessi occhi del più giovane Sebastian. L’anno scorso ha pagato a caro prezzo la fallimentare macchina che il Cavallino gli ha messo ha disposizione, ma quest'anno non può imputare alla macchina il rendimento che lo vede sistematicamente dietro il compagno di squadra sia in qualifica sia in gara. Ieri, complice una velocità leggermente troppo elevata, ha perso aderenza ed è andato così in sovrasterzo fino a cozzare contro la protezione. In gara ha dovuto lottare con le due Red Bull che ha mostrato un livello di aderenza migliore in certi frangenti anche della Ferrari, grazie al nuovo alettone e alle significative modifiche dell'ala posteriore, anche perché su questo circuito la velocità media e quella massima non incidono significativamente sulla deportanza.
Il duello con Ricciardo – Ha vinto la prima battaglia ai box con Ricciardo, ma ha finito per perdere quella più importante. Si può discutere a lungo della decisione dei commissari di non penalizzare l'australiano per il sorpasso al Mirabeau in cui ha finito per toccare la posteriore destra del finlandese. Una manovra muscolare, azzardata, forse troppo energica, in sé non del tutto irregolare, soprattutto su una pista come quella di Monaco. Tuttavia, ed è questo che lascia un po' insoddisfatti, non molto diversa da quella che ha provocato al primo giro il ritiro di Hulkenberg per cui Alonso è stato penalizzato di 5 secondi, scontati al pit stop. Ma anche un eventuale quinto posto non avrebbe fatto molta differenza, nella sostanza. Quando il gioco si fa duro, anche quest'anno Raikkonen troppo spesso lascia che siano altri a giocare. Ed è anche da questi particolari che si giudica un pilota.