GP Australia, è dominio Mercedes. Ricciardo squalificato: furbata o problema tecnico?
Tre motori Mercedes ai primi tre posti. Davanti alla superiorità tecnologica tedesca, adombrata solo dalla disfunzione meccanica a un cilindro che ha messo fuori gioco Hamilton, in pista solo Dani Ricciardo riesce a reggere. Ma la festa dell'australiano è amara. Il delegato tecnico della FIA Jo Bauer ha infatti comunicato che Ricciardo “ha ecceduto in modo costante il flusso massimo consentito di 100 Kg/h“. Ha violato dunque l'articolo 5.1.4 del regolamento tecnico, ed è stato squalificato. La FIA ha spiegato alle squadre che solo un malfunzionamento tecnico del sensore avrebbe potuto evitare la sanzione in caso di violazione. E Ricciardo ha sostituito il sensore in regime di parco chiuso, dopo le qualifiche, proprio perché aveva registrato flussi anomali anche sabato. E' stata una "furbata", di quelle che Montezemolo temeva alla vigilia? O solo un problema di telemetria, come pare probabile considerati gli inviti ripetuti arrivati dal team, a risultato acquisito, di continuare a spingere senza preoccuparsi dei consumi. E' colpa della Gill Sensors, la contestata società inglese dell'Hampshire che fornisce a tutte le scuderie l'Ultrasonic Fuel Flow Meter, o della Red Bull? I commissari di corsa hanno optato per la seconda e squalificato Ricciardo.
Di questo primo GP, resta l'immagine di una Formula 1 che i piloti ancora non capiscono, di un mare di incognite in cui anche i grandi naufragano. Continui i dialoghi con le radio, le richieste di spiegazioni, di rassicurazioni, di chiarimenti. "E' normale che non abbia potenza" chiede Vettel già nel giro di ricognizione. In quel momento sì, ma nel resto della gara no, e il tedesco si ritira per gli stessi problemi di software che gli hanno impedito di entrare in Q3. Ericsson si chiede addirittura "perché ci siano bandiere blu a ogni curva".
Dubbi e problemi che Rosberg non ha. Con Hamilton fuori gioco dopo quattro giri per un cilindro bizzoso ("Dobbiamo salvare il motore" è l'indicazione dai box), Nico gira sistematicamente mezzo secondo più veloce di Ricciardo, e fa la differenza soprattutto nel primo settore, nella parte più veloce del tracciato. Vincere all'Albert Park conta magari meno che altrove in ottica titolo mondiale, perché è pur sempre la prima gara e poi quest'anno l'ultima vale doppio, però porta bene. In undici delle diciotto edizioni disputate a Melbourne (questa è la 19ma), il vincitore si è poi laureato campione del mondo: Hill (1996), Hakkinen (1998), Schumacher (2000-2002 e 2004), Alonso (2006), Raikkonen (2007), Hamilton (2008), Button (2009) e Vettel (2011).
Rosberg, autore del giro più veloce (1'32″438) si lamenta solo di graining sulle sue gomme a metà gara: un problema comune un po' a tutti dopo 25-26 giri. Ed è marginale anche il piccolo danneggiamento allo strato in fibra di carbonio intorno ai freni all'ultimo pit stop. Così l'unica domanda di Rosberg ai box diventa: "Che altro posso fare per l'affidabilità?" e l'unica risposta che può avere è: "Niente". Anzi, gli dicono di spingere ancora un po' di più, di alzare il ritmo di 4 decimi al secondo negli ultimi 10-12 giri per avere un maggior margine di sicurezza su Dani Ricciardo.
L'australiano, già brillantissimo in qualifica, era riuscito nell'illusoria impresa di portare una monoposto che in Bahrain, nei test, era sembrata buona nella meccanica ma afflitta da infiniti problemi di elettronica a concludere la prima gara nella stagione e per di più al secondo posto. Gli avversari provano a mettergli pressione, dai box arrivano indicazioni concordi a Magnussen e Alonso che "Ricciardo sta rallentando", "sta avendo dei problemi", quando mancano 8 giri alla fine, e l'australiano alla 50ma tornata piazza il suo personal best. Se i problemi fossero tutti così… Sul podio, il pubblico è tutto per lui. "Ci hai resi tutti orgogliosi" gli dice Alan Jones, che cura le interviste a caldo durante la cerimonia. L'orgoglio si è trasformato in incredulità, rabbia, frustrazione.
Stupisce e non poco il terzo posto, diventato secondo, di Magnussen, primo danese nella storia sul podio in Formula 1, che nel finale si "accontenta" per risparmiare carburante, come da indicazione via radio. Stupisce non tanto per il valore della McLaren, quanto per la condotta di gara già matura del danese, al debutto assoluto in Formula 1. Le Frecce d'Argento, con Ron Dennis di nuovo al timone, son tornate a volare, e il finale di Button è la migliore possibile conferma dell'affidabilità, del valore della vettura e dei motori Mercedes.
Si erano visti in qualifica, si temevano in gara. E puntualmente i bloccaggi di ruota in curva sono arrivati. Prima curva e Kobayashi tocca Raikkonen e travolge Massa, cui evidentemente non è bastato cambiare scuderia per allontanare quello che ormai pare un karma negativo, una sfortuna quasi ineradicabile. Non è facile abituarsi al nuovo impianto frenante e al "brake by wire", il sistema gestito da software che assiste la frenata restituendo alle pinze posteriori la corretta pressione da esercitare sui dischi per integrarsi al meglio con il recupero dell'energia cinetica (KERS).
Sbaglia anche Bottas, che al giro 11 svernicia il muro in uscita dalla chicane 9 e perde una ruota: il conseguente ingresso della safety car, e il pit stop collettivo che l'accompagna, gli consente di perdere solo un paio di posizioni. Chiude comunque sesto, che è da un certo punto di vista deludente vista la velocità di punta che la Williams è in grado di esprimere. Si scusa via radio a fine gara per l'errore ma gli 8 punti che ne ricava sono comunque 3 in più di quelli conquistati dalla Williams in tutto il 2013. E la stagione può solo migliorare. Una speranza condivisa con le altre monoposto a motore Renault, Caterham e Lotus, che possono solo archiviare e in fretta un weekend disastroso con una sola, forse poco consolante, certezza: più scuro della mezzanotte non può essere e la nottata, prima o poi, passerà.
Le Ferrari si risvegliano solo dopo 35-36 tornate. Alla seconda sosta ai box, Alonso passa dalle morbide alle intermedie e al primo giro con le gomme nuove si libera finalmente di Hulkenberg, che era riuscito con la Force India a stargli davanti dalla partenza, e perfino a staccarlo sistematicamente nei tratti veloci, salvo ritrovarsi lo spagnolo nello specchietto nelle parti più guidate del tracciato, dove la differenza di potenza si fa meno rilevante. Ma chiude comunque quinto come era partito, poi promosso quarto con la squalifica di Ricciardo, con l'ordine chiaro dai box: "Dietro non c'è nessuno, è una battaglia di affidabilità". Il problema è che anche davanti non c'è nessuno o quasi, perché il distacco dalle Mercedes cresce, e Button nell'ultima parte di gara costruisce un vantaggio di 5 secondi sullo spagnolo. E se Hulkenberg, sulla Force India spinta a motore Mercedes (fanno 5 dei primi 8), chiude con oltre 4 secondi di vantaggio su Raikkonen, la Ferrari ha ancora tanto, troppo su cui riflettere. Dopo i primi 57 giri del Mondiale, l'ottimismo di Montezemolo sembra più che mai prematuro.