Gp Bahrain: la curva Schumacher e l’ipocrisia della F1
La curva Michael Schumacher. Si aprirà così il circuito di Sakhir, che ha voluto omaggiare il tedesco dedicandogli la prima svolta del tracciato, nella decima edizione del Gran Premio del Bahrain. Gli organizzatori hanno ricordato che il tedesco “è stato direttamente coinvolto nelle prime fasi di sviluppo del circuito, offrendo i suoi input nel progetto della pista, incluso il layout della prima curva”. Un segno ulteriore della trasumanazione di Michael Schumacher, che da quel giorno di dicembre, dall'incidente sulla pista innevata di Meribel, è diventato altro da sé. Un campione improvvisamente normale, più amato dai tifosi e già dimenticato dalla Formula 1, Ferrari esclusa.
SCHUMACHER – Non è Maradona e non è Gilles Villeneuve, non è James Hunt e non è McEnroe. Non è un campione dell'eccesso, Schumi, e per questo l'hanno chiamato freddo, antipatico. Si è guadagnato qualche tifoso nell'opaca e finale parentesi alla Mercedes, quando anche per lui si è avverata la profezia di un altro grande “antipatico” dello sport, il tennista Jimmy Connors: “mi ameranno quando sarò vecchio e perderò di più” diceva. E aveva ragione. Adesso che Schumacher rischia la vita, è già altro da sé. Ha sfidato la morte per anni sfrecciando sulle piste di tutto il mondo a 300 all'ora, l'ha quasi incontrata su una pista bianca e silenziosa, sulla neve di Meribel. È già partita l'ipocrisia delle agiografie postume, che trasformano ogni angolo in curve nella memoria. Schumi non è più quello che era fino a quel giorno di fine dicembre, il pilota-computer che sapeva settare una monoposto come nessuno, che dominava tutti e litigava con Senna prima e Villeneuve figlio poi. L'incidente, atroce nella sua banalità contrastante con l'immagine di icona del brivido e del rischio, ha reso Schumacher normale, un padre sfortunato che lotta tra la vita e la morte. “Il manifesto dell'universalismo sentimentale applicato allo sport che nella sua pragmatica visione, avrebbe convinto poco Schumacher medesimo” ha scritto Malcolm Pagani sul Fatto Quotidiano in occasione del 45mo compleanno di Schumi. È un trionfo di retorica, che coinvolge anche il pilota più razionale, quello sì, della storia recente. Ma nell'abbraccio empatico dei tifosi di oggi non c'è nulla di razionale, c'è un anticipo di memoria, un presagio di morte, una speranza, un ricordo. Ogni tifoso ha la propria versione, ha il suo Schumacher, perché nessuno, a parte familiari e amici stretti, sapeva davvero lui com'era, perché ha sempre fatto parlare la consapevolezza di sé e il talento, e non la simpatia o l'indole da show-man.
SVEGLIO – Nella facile e redditizia strumentalizzazione del dolore, il magazine tedesco “A-Die Aktuelle” ha spinto l'asticella del cattivo gusto un po' troppo in là. Titolo a tutta pagina: “Aufgerwacht”, “sveglio”, “svegliato”, con foto a tutta pagina di Schumacher abbracciato alla moglie Corinna. Per i tifosi è un oltraggio, un modo bieco di far denaro sulla pelle di chi non può difendersi ed è ancora in coma da quasi 100 giorni. “Posso dire solamente ancora una volta una cosa: ci sono segnali che ci danno coraggio” ha ribadito alla Bild la sua manager, Sabine Kehm. La caccia allo scoop ha coinvolto, prevedibilmente da un certo punto di vista, il Sun che ha raccolto e pubblicato le indiscrezioni di un anonimo amico di famiglia, secondo cui sarebbero iniziate nella casa svizzera di famiglia a Gand dei lavori per una stanza super-accessoriata dove accogliere Schumacher. Costo: 12 milioni. Ma la smentita è arrivata a strettissimo giro di posta. Di ben altro tono, e di più sinistre implicazioni, il volume di post su Twitter secondo cui Schumacher a febbraio sarebbe morto, o le insinuazioni di Gary Hartstein, l'ex responsabile medico della F1 che ha confessato i suoi timori al Daily Mail: “Dobbiamo prepararci al peggio, anche per via di “errori medici che potrebbero compromettere l'evoluzione delle condizioni di Schumacher”.
LA F1 – La Ferrari ha raccolto 72 testimonianze, una per ognuna delle sue vittorie in Rosso, sul suo sito ufficiale. Ci sono gli auguri e i ricordi del presidente Luca di Montezemolo e di Rory Byrne, di Bernie Ecclestone e Giancarlo Fisichella, di piloti, dirigenti, giornalisti che hanno conosciuto Schumi nei suoi anni in Ferrari. Testimonianze di affetto raccolte e consegnate alla famiglia di Michael. Tuttavia, è spiccato decisamente di più il silenzio pubblico in casa Mercedes. Nel giorno del trionfo a Melbourne, nessun tweet, nessuna dichiarazione, nessun messaggio per il campione di Kerpen, se non il #KeepFightingMichael sulle fiancate delle monoposto in pista. A Sepang, stessa scena. Poco per un campione che alla scuderia aveva fornito negli ultimi anni un contributo comunque importante di indicazioni e di esperienza, e a cui la squadra aveva assegnato un ruolo di tester. Certo, non si possono escludere forme di vicinanza privata, ma in un mondo come quello dello sport in cui privato e pubblico si confondono spesso, in cui la forma diventa sostanza, l'assenza si nota. L'impressione, accentuata anche dalla decisione di intitolargli la prima curva a Sakhir, è che la Formula 1 stia procedendo verso Schumacher come il mondo della musica verso la morte di Tenco: tanti gli hanno fatto un monumento, per dimenticarlo un po' più in fretta.