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GP Spagna: il paradosso di Lorenzo e il tempo soggettivo del Dottore

Lorenzo vince due gare di fila come non gli succedeva dal 2016. Vince da uomo solo al comando al Montmelo, dove la Ducati conquistò il primo titolo nel 2003. Rossi trasforma la difesa nell’arte dei campioni. Male Vinales, peccato per la caduta di Dovizioso. Una domanda resta: il mercato piloti non sarà troppo frenetico?
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Ama vincere in solitudine, Jorge Lorenzo. Pilota da fuga solitaria, uomo solo al comando, meno teatrale ma non per questo meno efficace, pennella la vittoria dell'orgoglio e della rivincita.  Spinge forte, con la seduta ribassata che gli facilita quel contatto col terreno da cui è già germogliata la sua prima pole in Ducati, qui dove la Desmosedici ha dato il primo acuto della storia. Era il 2003, a domare quel cavallo rosso col motore in grado di riaccendere la fantasia, c'era un Loris Capirossi deluxe. Torna a vincere due volte di fila come non gli riusciva dal 2016, mentre Dovizioso cade alla curva 5.

Lorenzo, vittoria numero 46 in top class

"Questo è Lorenzo, quando guida così è difficile per tutti" commenta a caldo Gigi Dall'Igna. Fa 40 pole, 150 per la Spagna, e 150 podi in tutte le classi. Firma la vittoria numero 46 in top class Lorenzo, quarto all time dietro Rossi, Agostini e Doohan. 46, come il numero del Dottor Rossi, che si lamenta con Michelin con la scelta delle gomme ma, pur su un asfalto caldissimo, dimostra ancora che l'arte di vivere e correre in difesa può essere anche l'arte dei campioni. "Vale sta guidando magnificamente" dice Matteo Flamigni intercettato nel box da Sky. I tre podi consecutivi, piccola grande impresa che non gli riusciva dalle prime tre gare dell'anno scorso, son più di una coincidenza.

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Il capolavoro firmato Rossi

“Dalla terza fila la gara sicuramente sarà più difficile”, diceva ieri Valentino. Ha provato un nuovo parafango posteriore "aperto" ma i benefici, ha ammesso dopo le qualifiche, non si sono visti.  I problemi del sabato, poco grip con la media, la soft troppo morbida, si vedono di fatto solo sulla M1 di Vinales che pure in qualifica girava sui tempi dei migliori soprattutto nel secondo e nel terzo settore.

Il Dottore ha accusato Michelin, perché all'anteriore ha portato la più dura delle mescole provate nei test. Il podio si trasforma anche nella traduzione, nell'immagine di questa guerra dei Roses che si accontenta di cause leggere (ma non soft verrebbe da dire). Rossi e Lorenzo erano tra i sei contrari alla posizione della maggioranza, Marquez come Zarco e Iannone era fra i 13 che hanno indicato la strada.

Ma Rossi, l'uomo della domenica, il campione che vive della gara e dell'adrenalina che illumina la strada, tiene aperto il sogno Mondiale con il podio numero 17 in tutte le classi al Montmelò. Non c'è scaramanzia che tenga: è il migliore di sempre, articola un'altra magia che fluidifica il tempo e lo spazio per non farlo invecchiare nella terra di Gaudì e di Dalì. Nasce così il podio numero 195 nella classe regina per Rossi, il 231esimo nel MotoMondiale.

Marquez si affida al calcolo

Marquez era preparato alla possibilità che il duello in casa finisse come poi è andata alla bandiera a scacchi. "Jorge qui è il più forte" ha ammesso dopo le qualifiche. "Ha un gran passo, va bene con la morbida al posteriore e riesce a gestirla bene". Non commette gli errori del Mugello, sa di avere una gomma dura che resiste, non cerca il limite, non rischia stavolta. Lascia "Marc-attack" al ricordo del salvataggio in FP4 col ginocchio a terra, affida la gara al calcolo, all'amministrazione. Meglio un secondo posto, podio numero 68 in top class e 107 in totale, che una caduta, e pazienza se la Honda qui non vince dal 2014. Ma la Spagna, al Montmelò, vede un pilota di casa vincere in almeno una delle categoria ogni anno dal 2003. Resta così in testa al Mondiale con 115 punti contro gli 88 di Rossi, i 77 di Vinales, oggi parecchio anonimo e i 73 di Zarco.

La caduta di Dovizioso

Domare, invece, è un principio, un verbo che a Dovizioso non si attaglia poi così bene. Non si doma il suo spirito, quel talento che fa trionfare le ragioni del cuore sul calcolo della ragione. Si controlla ma non si cambia la natura del cuore da pilota che come tutti i cuori di frontiera insegue il limite e desidera l'avventura. Ma il limite può trasformarsi in disordine, in una scodata con caduta alla curva 5. Dell'ambizione di vincere qui per la terza volta in carriera, la seconda di fila, resta solo il gusto amaro dei traguardi perduti.

Il paradosso del mercato aperto tutto l'anno

Traguardi che Lorenzo ha ritrovato nella serenità di una condizione senza responsabilità. Nella frenesia, però, di un mercato piloti che ormai dura tutto l'anno. Un mercato senza pazienza, nella frenesia di anticipare il colpo, di battere la concorrenza. Ma ridefinire i team del 2019 dopo poche gare del 2018 rimane comunque un rischio forse troppo alto. Lo dimostra Lorenzo, lo dimostra Iannone che lascerà Suzuki. "Anche io ho vinto con la Ducati quando ormai sapevo che sarei andato via" ha detto l'abruzzese. Penso che il mercato oggi parta troppo presto. In Qatar c'è già chi firma i contratti". Ma chi cambia tutto dovrebbe avere più tempo. Quel tempo che oggi agli inseguitori è mancato per frenare il ritmo martellante di Jorge Lorenzo sull'1.40 basso. Quel tempo che per Valentino Rossi è solo una dimensione dello spirito.

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