La Ferrari SF70H ai raggi X
Sono diversi e non tutti evidenti gli ingredienti che hanno costruito il successo di Vettel a Melbourne. Se il tedesco è risultato il più veloce nel primo stint e Raikkonen ha potuto mettere a segno il giro più veloce alla penultima tornata con gomme già usate da una trentina di passaggi, il merito è di tutta una filosofia progettuale finalizzata alla ricerca del compromesso fra carico e resistenza aerodinamica. “E’ in pista che si raccolgono i frutti del lavoro collettivo fatto in inverno” ha commentato Mattia Binotto dopo la prima vittoria della stagione. “Un lavoro intenso, in cui ciascuno ha raddoppiato l’energia e l’impegno. Ci attendono altre diciannove sfide e la gara di oggi dimostra quanto poco basti per essere davanti o dietro. Quindi dobbiamo continuare a spingere il più possibile sullo sviluppo. Quanto al week end di Melbourne, già in qualifica si era visto che i valori in campo erano molto simili e sapevamo che la gara sarebbe stata molto tirata. Il GP si è giocato tutto al cambio gomme: in quel momento avevamo probabilmente un degrado di pneumatici migliore dei nostri avversari a fine stint, e questo ci ha permesso di restare in pista più a lungo. Da lì in avanti si è trattato di portare a casa il risultato dal punto di vista dell’affidabilità” .
Passo corto è bello
La SF70H è una monoposto dal passo corto, contrariamente alla Mercedes che ha invece scelto di massimizzare la superficie e il downforce, più leggera, larga nelle parti finali delle fiancat, segnata dalla lunga pinna sul cofano motore. È questa la risposta di Maranello alle nuove regole, che impongono una carreggiata più larga, da 1800 a 2000 mm dunque sui valori pre-1998, una maggiore larghezza del fondo scocca (maggiorata di 8 cm) e dell'ala anteriore (15 cm). Più bassa invece l'ala posteriore, sempre di 15 cm, ma “aumenta l’efficienza del diffusore, cioè il piano inclinato sotto la scocca che, grazie all’effetto Venturi, accelera il flusso d’aria sotto la vettura e, di conseguenza, ne riduce la pressione, in modo che la macchina viene schiacciata ancora di più verso il suolo” si spiega sul sito della scuderia. “Il diffusore è più alto (di 5 cm) e più largo; inoltre l’inclinazione inizia già davanti all’asse delle ruote posteriori.
Le gomme
+6 cm di larghezza per ciascuna delle anteriori e addirittura +8 per ognuna delle posteriori. In questo caso l’aumento di impronta a terra si traduce in aderenza meccanica”. Così aumentano la velocità di percorrenza in curva e insieme la resistenza aerodinamica.
Il muso
La Ferrari del settantesimo anniversario mantiene il muso forato con protuberanza centrale, in continuità con le monoposto delle ultime stagioni. Al di là della forma a freccia dell'ala anteriore imposta dal nuovo regolamento, la novità sta nel ritorno dell'S-duct, il condotto che serve a incanalare l'ala turbolenta dal fondo per espellerla al di sopra del telaio. La forma, però, è molto meno pronunciata di una esse, con l'ingresso spostato in avanti come già visto sulla Mercedes dell'anno scorso Lo schema delle sospensioni si mantiene con il sistema push rod all'anteriore, che presenta un triangolo superiore più tradizionale e attaccato esternamente al mozzo ruota, soffiante come nel 2016. Questa soluzione consente infatti di espellere direttamente da qui l'aria calda dall'interno del cerchio e ridurre le inevitabili turbolenze nate dal rotolamento del pneumatico.
Il segreto è nella pancia
La ricerca aerodinamica ha trovato il suo culmine intuitivo nella forma delle pance. Le bocche d'ingresso delle prese d'aria sulle fiancate, rialzate e riprogettate rispetto alla SF16H, riescono a incanalare un maggior flusso d'aria verso il posteriore. In più, la particolare struttura dei deviatori di flusso, risultato di due componenti orizzontali e di uno verticale non ancorato al fondo scalinato, produce quella foggia apparentemente ovale che segna la differenza più evidente rispetto all'anno scorso.
Ma non è l'unica intuizione che ha portato Mattia Binotto e i progettisti del Cavallino a fare la differenza lungo una strada di innovazione originale che non guarda più allo stile delle Frecce d'Argento. All'anteriore, le aperture del sidepod appaiono più alte rispetto all'anno scorso, per evitare quei disturbi che in Mercedes hanno portato ad alzare le sospensioni, e rispettano l'obbligo di inclinazione del 75% previsto dal regolamento con un complesso assemblaggio di carrozzeria.
A posteriore, la Ferrari ha sdoppiato il supporto dell'ala e confermato l'utilizzo della pinna stabilizzatrice per ripulire il flusso d'aria, incanalato attraverso una piccola aletta che dovrebbe consentire un più efficiente carico aerodinamico. I tecnici di Maranello hanno riproposto il monkey seat, ancorato sulla struttura deformabile, e disegnato una vettura modulare, razionale e senza troppe appendici aerodinamiche sul corpo vettura. Nella prima vettura post-Allison spicca soprattutto la rastremazione delle pance, che inizia più dietro rispetto alle Mercedes ma finisce per realizzare una configurazione “a Coca Cola” ancora più stretta dell'anno scorso. In questa zona, il team ha scommesso poi sull'efficacia del brake by wire, il ripartitore elettronico di frenata, e deciso così di risparmiare sul peso complessivo della vettura (728 chili comprensivo di olio, acqua e pilota) montando dischi in carbonio di 272 mm di diametro, con uno spessore di 28 mm, più piccoli rispetto alle dimensioni massime previste dal regolamento FIA.
Il motore del sogno in rosso
Questa prima stagione dell'era post-Ecclestone ha liberalizzato soprattutto lo sviluppo della power unit, non più vincolato al sistema dei gettoni. L'aumento di velocità e potenza massima prodotto dalle nuove specifiche ha portato solo a ritoccare di 5 kg, da 100 a 105, la quantità complessiva di carburante disponibile rispetto al 2016, ma con la stesso flusso massimo (100 Kg/ora).
All'interno del blocco motore, ha sottolineato Fabiano Vandone su Sky, la Ferrari ha marcato la distanza maggiore rispetto alla strada percorsa in Mercedes. I motoristi di Maranello, infatti, hanno mantenuto l'intercooler all'interno della V. La scelta è caduta su un raffreddatore aria-acqua, di quattro volte più piccolo rispetto alla variante aria-aria, scelta dai progettisti delle Frecce d'Argento che ha incorporato l'intercooler nelle pance, dunque all'esterno del vano motore con una minore efficienza nell'abbattimento delle temperature. In questo modo, nelle gare con alte temperature dell'aria, le Ferrari avranno anche più potenza disponibile.
Disegnata per Vettel
Dunque, questa SF70H che sembra disegnata più per la guida di Vettel che per le caratteristiche di Raikkonen, il più in ombra dei quattro candidati al titolo nel primo weekend della stagione, è una monoposto nata bene. Una vettura facile da guidare, come ha detto Vettel, più reattiva nei cambi di direzione, come le due esse che segnano il primo settore dell'Albert Park. Un effetto che si ottiene mettendo insieme la rigidità della scocca, la distribuzione dei pesi, le regolazioni delle sospensioni. La Ferrari dell'anno scorso, al contrario di questa, soffriva troppo di sottosterzo e sbandava al posteriore in uscita di curva per l'assenza di grip. I test e la prima gara, invece, restituiscono una monoposto che va dove vuole il pilota. “E' una Ferrari più semplice da guidare, l’aderenza e il bilanciamento sono diverse” ha detto Vettel. “La macchina va come mi aspettavo. È un bel progetto che sta prendendo forma”. Un progetto bello e vincente.