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Lewis Hamilton, il Michael Jordan della F1 moderna

Nessuno come il campione del mondo è diventato popolare oltre la cerchia degli appassionati di motori. “Si fa guidare dall’emozione” dice il suo biografo. Unisce forma e sostanza, sincerità e un crescente lato glamour.
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Hollywood è spettacolo. La F1 è spettacolo. La F1 è come Hollyood. Nel sillogismo di Bobby Epstein, organizzatore della gara di Austin, c'è il senso della crisi della Formula 1 attuale e il segreto (di Pulcinella) per la ripresa. “La Formula 1 ha alcuni grandi personaggi e non dovremmo tenerli lontani, sono quelle figure in grado di far vendere i biglietti”. In realtà, di personaggio che corrisponda al profilo ce n'è solo uno, e non può che essere il vecchio e nuovo campione del mondo Lewis Hamilton. “Lewis è uscito dalla consueta area nella quale vivono i piloti di Formula 1, è grandioso, serve che anche altri lo facciano. E’ un personaggio, non altrettanto le macchine», spiega al Guardian.

Un pilota speciale, così lo ritrae Paddy Lowe, che ora “si esprime come mai era riuscito prima”. Il circolo virtuoso per cui vincere aiuta a vincere ha ucciso nella culla l'unica possibile rivalità che avrebbe potuto tenere viva questa stagione come quella scorsa. Se nel 2014 Nico Rosberg era apparso un rivale più che degno, tanto da lasciare qualche dubbio sulla tenuta mondiale di Hamilton in estate, quest'anno la competizione è finita quasi prima di cominciare. Per Niki Lauda, Lewis “sta guidando come un dio. È il migliore di tutti, è il più veloce e sbaglia pochissimo. Adesso batterlo è ancora più difficile perché è in un gran momento, sa cosa fare con la macchina per tirare fuori quel centesimo in più che serve per vincere”.

“Hamilton è probabilmente più popolare oggi che in qualunque altro momento della sua carriera” ha scritto David Coulthard, che segue e commenta la Formula 1 per la BBC. “All'inizio, quando è arrivato in Formula 1, la gente non sapeva bene chi fosse. Poi c'è stato un periodo in cui l'abbiamo un po' perso, negli anni in cui si stava trasformando in un pilota di successo multi-miliardario. Ma ora ha trovato la sua strada, la sua identità, e ne ricaviamo un senso di sincerità con cui il pubblico dimostra di essere in sintonia”.

Una strada percorsa nel segno della precocità dal primo pilota di colore nella storia della Formula 1. Nessuno aveva mai offerto un sedile in F1 a un pilota di colore. La carriera del campione più glamour della F1 moderna, con la Zonda rossa da 2 milioni di euro in garage e la villa a Montecarlo è iniziata sulla pista tutt'altro che glamour di Rye House, all'ombra del centro di distribuzione dei supermercati Sainsbury, a Hoddeson. Papà Anthony, che ha fatto anche tre lavori per sostenere Lewis e gli ha fatto anche da manager prima dell'accordo con Simon Fuller, è immigrato nel Regno Unito da Grenada quando aveva tre anni. Si era già separato dalla moglie, e mamma di Lewis, e rimane a crescere da solo i figli. Non è facile, con la paralisi cerebrale parziale di Nicolas, il fratello minore di Hamilton nato nel 1992. A sei anni, Lewis compare nel programma per bambini della BBC Blue Peter per mostrare la sua abilità. Un paio d'anni dopo inizia a correre, e vincere, sui kart: a 10 anni si presenta alla cena per la consegna dei premi con un vestito nero preso in affitto e avvicina Ron Dennis. Gli chiede un autografo e gli dice: "Un giorno, voglio correre per te". Il boss della McLaren gli promette: "Chiamami fra qualche anno". Ne passano tre e Ron Dennis lo inserisce nel programma di sviluppo per giovani piloti della scuderia: è il più giovane di sempre a ottenere un contratto in Formula 1

Uno stile a metà tra la forma e la sostanza, quello del giovane Hamilton, già dai tempi della scuola. "Andava anche benissimo" ricorda John Seal, il preside dell'istituto che ha frequentato a Stevenage. "Spiccava sugli altri, era popolare e non solo perché vinceva. Era composto quando parlava in pubblico, sempre concentrato, eccezionale per un ragazzino della sua età". Con gli anni, non volle tradire il bambino per l'uomo. Così la forma diventa sostanza e si fa messaggio, perfettamente scritto nei suoi tanti tatuaggi. “Hanno tutti un significato” ha rivelato a Men's Health. “Sono molto religioso, per questo ho voluto un'immagine della Pietà su una spalla. Poi note musicali perché amo la musica”, al di là della love story con Nicole Scherzinger: ha spiegato anche di scrivere qualche canzone con il suo grande amico Mark Pellizzer dei Magic e postato diversi video mentre si diletta a suonare al pianoforte Someone Like You di Adele, Easy (Like Sunday Morning) dei Commodores e When I Was Your Man di Bruno Mars. “Ho una bussola sul cuore” aggiunge, “perché la chiesa è la mia bussola”. Intorno, i suoi valori: la famiglia, la fede e una citazione della scrittrice Marianne Williamson, “potente oltre misura”.

Oltre alla croce e alle ali di un angelo sulla schiena, si è aggiunto l'ultimo, un'aquila, l'immagine di un visionario. “Sono sempre alla ricerca, voglio spingermi oltre i limiti della conoscenza di me stesso e della libertà personale. L'aquilà è nata per comandare e diventa impaziente con chi non vola alto o veloce come lei”. Ogni riferimento a persone o fatti reali è puramente (non) casuale. E la popolarità del campione del mondo sta volando ben oltre i confini degli appassionati di motori. Hamilton è il Michael Jordan della Formula 1 moderna, per Repucom è tra le celebrities più popolari al mondo. Da uno studio del novembre 2014 della società leader nelle ricerche di mercato in ambito sportivo, emergeva come il britannico fosse conosciuto dal 63,65% del pubblico mondiale, quasi 10 punti percentuali in più di Sebastian Vettel.

Ma cosa lo rende così speciale? “Lewis è un pilota che improvvisa come nessuno” spiegava il suo biografo Mark Hughes alla CNN, “che sa cambiare e far ruotare la strategia di gara in base a quel che fa la macchina. Adesso sa mantenere meglio il controllo di é nei momenti cruciali, quando la pressione aumenta durante la gara. Appare più calmo, in una parola direi che è più maturo. Ma si fa guidare dall'emozione, come dimostrano le vicende del 2007, del 2008 e del 2011, e questo non cambierà mai”. L'Hamilton che nel campionato da rookie, il 2007, getta via il Mondiale con un autogol a quattro ruote mai visto prima e dopo, degli errori consecutivi Monza-Singapore nel 2010, degli incidenti di Valencia, Spa eInterlagos nel 2012 non c'è più. I blackout, che anche l'anno scorso sembravano averlo portato sull'orlo di una crisi di nervi dopo il contatto con Rosberg a Spa, sembrano sempre più terra straniera, curve nella memoria di una stagione ormai passata.

Questo è diventato l'anno della mutazione, nella sostanza quanto nella forma. Dal contratto con la Purple PR, agenzia che opera essenzialmente nel mondo della musica, deriva la virata del nuovo stile-Hamilton, aggressivo, palestrato, tra il provocatorio e l’arrogante anche quando incontra la regina d'Inghilterra. Un ribelle con una causa, che nonostante gli errori nelle prove in Canada e in Austria, è rimasto fuori dal podio solo in Ungheria e a Singapore.

E fa volare la sua quotazione, come pilota e come showman. Perché, come raccontava un tifoso entusiasta alla CNN, “Lewis è come una soap opera. Devi creare una storia intorno a un personaggio per mantenere e far crescere il suo appeal. Ai tifosi piacce chi sa tornare dopo una serie tremenda di alti e bassi: questa è una grande storia”.

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