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MotoGP Mugello: l’orgoglio di Lorenzo, Rossi nella storia

Vedere due Ducati davanti a tutti al Mugello e quattro italiani in lotta per il podio racconta l’onda lunga della festa della Repubblica. Rossi riporta il 46, oggi ancor più simbolico sul podio: è il primo a superare i 5000 punti in classe regina. Ma che ritmo Lorenzo, un martello dal primo all’ultimo giro.
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Ha corso col coraggio di chi sente di non dover dimostrare nulla. Ha vinto con la voglia di prendersi un riscatto personale, anche e soprattutto verso una scuderia da cui si libererà a fine stagione. Jorge Lorenzo lider maximo dal primo all'ultimo giro sui saliscendi del Mugello, pista per piloti veri, di emozioni e adrenalina. Ha indovinato la scelta delle gomme, morbide per una guida morbida, elegante. Una danza di vittoria, un trionfo atteso 567 giorni, dal giorno dell'ultimo successo in Yamaha. Ogni giro sull'1.48 basso, un computer, un martello che suona sempre la stessa musica. E dietro Dovizioso si accontenta del secondo posto col brivido finale davanti a Rossi che difende il podio e l'orgoglio di una Yamaha che ancora una volta affonda, stavolta dopo l'illusione delle qualifiche.

Quarta doppietta Ducati

Ha vinto la sua 45ma gara in MotoGP, la 24ma guidando in testa dal primo all'ultimo giro, Lorenzo. Ha regalato alla Ducati la quarta doppietta della sua storia dopo Australia 2007 (Stoner davanti a Capirossi), Austria 2016 (Iannone davanti a Dovizioso), Malesia 2017 (Dovi davanti a Lorenzo). Ha firmato il terzo successo Ducati al Mugello, il suo settimo in carriera su una delle piste più affascinanti del mondo. Ha messo le qualità di intelligenza al servizio di una condotta perfetta, giro dopo giro sotto la tribuna Ducati, qui dove la passione travalica la ragione e può spingere a scelte rischiose, a farsi trascinare dalle emozioni.

Parte benissimo Lorenzo, che sceglie la combinazione di gomme più morbida. Ha una carena leggermente diversa rispetto a Dovizioso, che mantiene un profilo più vicino a quello senza ali. La carena standard, infatti, consente una velocità maggiore ma meno stabilità in frenata. I profili aggiuntivi permettono all'anteriore di stare più attaccati al terreno e ritarda il raggiungimento della velocità di punta. Così Dovisioso ha raggiunto i 356.4 kmh nelle prove libere, la velocità più alta mai registrata su questo tracciato.

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Rossi: 5000 punti in top class

Lorenzo fa l'andatura, ma Rossi che non parte benissimo, resiste anche se ha le dure davanti. Girano all'inizio sul piede dell'1.48 basso, per non stressare troppo le gomme. Lo spagnolo non fa il vuoto.

Rossi, con 49 gradi di tenperatura dell'asfalto, fatica a tenere la Yamaha che balla di più al posteriore, ma almeno rimane nel trenino di italiani dietro Lorenzo mentre Vinales precipita a centro gruppo appena dietro Zarco. Sbaglia completamente la partenza e, come già a Le Mans, paga i primi giri e si riprende quando è tardi. Tuttavia, vederlo battagliare con Zarco, con Bautista, è il segno di dodici mesi passati come in una ruota, senza progressi e senza soluzioni, senza luci che facciano intravedere un disegno, un percorso, un miraggio. Pezzi di vita che rimangono una composizione incompiuta, un guado dal quale le Yamaha proprio non riescono a uscire. Per lo meno Rossi, che non aveva concluso le ultime due gare iniziate in pole, stavolta va a punti. E diventa il primo pilota a superare i 5000 nella classe regina.

La caduta di Marquez

Marquez, in griglia, prometteva di voler fare una gara attenta, di controllo, per guadagnare punti. Ma pronti via e si smentisce. La natura del pilota è quella del Marc-attack, è per un attimo secondo alla prima curva, svernicia Iannone poi alla Scarperia le prova tutte per non finire nella ghiaia. Il capolavoro per una volta non riesce, ma la prontezza di riflessi, l'illusione di poter fare tutta la curva quasi in derapata e col ginocchio a terra pur di non arrendersi alla forza di gravità, resta ai limiti dell'irreale. Cade sulla pista dove si ritirò per la prima volta in MotoGP, Marquez, e si condanna a una gara da ballerino di fila.

Quattro azzurri per il podio

Lorenzo, più tranquillo probabilmente anche per la certezza di non essere più in Ducati l'anno prossimo, martella sull'1.48.2. Si sente libero di guidare come negli anni migliori, quando vinceva con lunghe fughe fin dai primi giri, da uomo solo al comando. Dovizioso, che va più stretto di tutti alla Bucine, fatica a stargli dietro, perde 4 decimi a giro mentre idealmente lo spagnolo sente le fanfare dell'orgoglio suonare una musica in testa, una specie d'orchestra che inneggia alla gioia. Fatica come e più di tutti Iannone, che frena il più possibile quando la sua Suzuki è ancora dritta, indizio di una crisi della gomma all'anteriore a una decina di giri dalla fine.

Si va così fino al traguardo. Con quattro italiani a dar spettacolo per ogni metro, per prendersi il podio. A un anno dall'en plein azzurro nelle tre categorie, è questa l'Italia che si innamora delle corse. L'Italia metà giardino e metà fortuna dal '46, che col 46 ha imparato a sognare e non vuole ancora smettere.

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