MotoGP Repubblica Ceca: a Brno servono agilità e stabilità
Una pista storica, la cornice della prima vittoria e del primo titolo mondiale di Valentino Rossi. Il circuito di Brno, intitolato a Tomas Masaryk, fondatore e primo Presidente della Cecoslovacchia, nasce come tracciato cittadino di 31 chilometri sulle strade Bosonohy e Žebetín. Rinnovato nel 1987, il circuito che ospita la decima prova della stagione resta comunque il quarto più lungo del Mondiale (5.403 metri), scandito da brevi rettilinei e 14 curve, 8 a destra e sei a sinistra. Eppure, qui si raggiungono medie simili a Losail, dove le moto si spingono anche fino ai 350 kmh.
L'impegno dei freni
Dal secondo km fino al quinto km, sottolineano i tecnici Brembo, il tracciato si distingue per le elevate pendenze: il punto più basso ha un’altitudine di 376 metri mentre il più alto si trova a 450 metri. E questo naturalmente incide sui freni, sollecitati 11 volte per un totale di 31 secondi a giro. Nessuna delle undici zone di frenata è particolarmente dura, come dimostra la decelerazione media di 1,15 g. Tuttavia, l’Automotodrom Brno rientra nella categoria dei circuiti impegnativi per i freni, con un indice di difficoltà 4, in una scala da 1 a 5, come le piste spagnole di Jerez ed Aragon.
Un giro di pista
Il rettilineo di partenza conduce alla Frantisek Stastny (curva 1), che comporta una frenata di 226 metri, una delle più lunghe dell'intero mondiale. Si passa da 305 a 142 kmh in 3,8 metri, per affrontare una curva lunga, di fatto una doppia a destra. in cui è importante mantenere la pazienza e una posizione il più vicina possibile al cordolo interno. Dare gas troppo presto, infatti, può spedire nell'erba o comunque pregiudicare la velocità sul rettilineo successivo che porta alla curva 3.
Curva 3, il primo punto chiave
Rispetto alla prima, lo spazio di frenata è più lungo, 231 metri, ma la decelerazione è meno potente perché la pista è in salita (1,4 g di decelerazione) spiegano gli ingegneri Brembo. In 4.3 secondi si passa da 232 a 108 kmh e si percorre una curva a sinistra dal punto di corda piuttosto anticipato. In uscita, i piloti non si spostano troppo verso l'esterno perché c'è subito da affrontare un cambio di direzione (curva 4) che richiede attenzione in uscita: il cordolo non è così ampio e la possibilità di uscire di pista c'è. Questo è uno dei punti in cui si può attaccare sfruttando il cordolo e tagliando l’angolo in uscita, anche se chi insegue può allo stesso tempo ritardare la staccata e sacrificare leggermente la traiettoria sul successivo, breve rettilineo. Sbagliare la traiettoria in questo punto pregiudica la velocità nel secondo tratto veloce del circuito, che conduce alla curva 5, la prima in una insidiosa successione di tre.
Alla 8 decisiva la stabilità
Dopo una frenata decisa, da 261 a 112 kmh in 3.9 secondi, i piloti cercano il punto di corda all'inizio della curva poi possono dare un colpetto di gas per aumentare la trazione in uscita e afrontare la curva 6, sempre a destra, a 180 gradi con ingresso circo. La breve frenata, appena 43 metri, immette in un punto delicato in cui si moltiplicano le traiettorie possibili e, come in tutto il tracciato, conta e non poco la trazione in uscita di curva e il set-up delle sospensioni per garantire l’efficienza anche nei cambi di direzione, dopo curva 7, in cui accompagnare il cordolo interno in uscita. È una piega a sinistra, da cui si esce a 101 kmh per affrontare il leggero tratto in salita che porta alla frenata della 8, sempre a sinistra. In 100 metri e 2,5 secondi, i piloti passano da quasi 193 a 98 kmh, con una decelerazione massima di 1,4 g e un carico sulla leva che raggiunge i 5,3 kg, e si ritrovano ad affrontare una curva in cui rischiano di perdere la stabilità all’anteriore. In uscita, i piloti cercano di rimanere all’esterno per poi spostarsi sulla destra e affrontare la 9, che segna l'inizio del terzo settore. La frenata dura appena 1,2 secondi, il tempo necessario per passare da 129 a 104 kmh, ma può essere frustrante perché è facile uscire larghi e perdere velocità. In uscita, i piloti sfruttano il lato meno usurato del pneumatico per lanciarsi verso l’ultima serie di curve.
Curva Schwantz, la frenata più dura
La 10, dedicata a Kevin Schwantz che ha firmato qui l’ultima vittoria Suzuki nel 1989, comporta la frenata più dura del tracciato. I piloti della MotoGP vi arrivano, dopo una lunga discesa, a 280 kmh e frenano per 4,2 secondi per scendere a 100 kmh, esercitando uno sforzo di 6,2 kg sulla leva del freno e contrastando una decelerazione di 1,5 g.
Alla 11 che richiede una frenata più breve ma con un più elevato carico massimo sulla leva, si può spingere al massimo, essendo praticamente impossibile perdere l’anteriore in questo tratto in salita. La compressione in uscita può creare qualche difficoltà nell’affrontare l’ultima curva con la giusta stabilità.
A Brno, dunque, la chiave sta nel mantenere la massima velocità in uscita di curva. Per riuscirci serve una moto stabile in frenata e insieme agile, che possa cambiare direzione con facilità in accelerazione.
Taramasso: una pista che merita rispetto
I piloti avranno a disposizione tre tipi di mescola, soft, media e hard, con profilo simmetrico all’anteriore e asimmetrico al posteriore.
“Brno è un circuito molto impegnativo e che richiede il massimo rispetto” ha detto Piero Taramasso, responsabile due ruote di Michelin Motorsport. “È costruito sul fianco della collina, ci sono molti saliscendi e ci sono alcune aree veramente difficili per i piloti e la moto, quindi occorre avere pneumatici che possano dare grip e stabilità. Occorre molto feeling per ottenere il massimo”.
In caso di gara bagnata, le mescole disponibili saranno soft e medie sia all’anteriore che al posteriore.