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MotoGP, sicurezza: si può sempre fare di più

La protezione di tutti i punti della pista e la distanza dei guardrail tornano in primo piano dopo gli incidenti a Espargaro e De Angelis. I progressi in materia di sicurezza e le sfide ancora da vincere.
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“L'improbabilità non conferma l'impossibilità”. Così scrive sulla sua pagina Facebook Alessia Polita per commentare la caduta di Pol Espargaro all'ingresso della curva 11 a Motegi. Due anni fa, il 15 giugno 2013, Alessia stava affrontando il turno di qualificazione del Campionato italiano velocità, categoria Stock 600, a Imola. La sua Yamaha numero 51 resta accelerata all'ingresso della curva e al momento della frenata la proietta contro le barriere: quattro file di gomme davanti a un guardrail che resterà piegato per l' impatto. Alessia resta paralizzata dalla vita in giù. “Quando io dico che ogni parte della pista DEVE e dico DEVE Essere protetta ovunque e sottolineo di nuovo OVUNQUE, è per non arrivare a vedere un pilota che durante una caduta porge le mani in avanti per evitare il contatto” con il guardrail.

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Espargaro testimonial di sicurezza – Proprio lo spagnolo era stato scelto alla vigilia del Gran Premio d'Italia come testimonial di Clinica Baviera, una collaborazione nata in ottica di sicurezza per i motociclisti, in pista e fuori. Il 90% delle informazioni che arrivano al cervello durante la guida, infatti, vengono inviate attraverso gli occhi. E in moto la questione sicurezza è ancora più decisiva, considerato che il rischio di incidenti è tre volte superiore. A Misano, poi, la Clinica Mobile che si occupa di curare i piloti durante i campionati mondiali di Superbike e MotoGP, ha lanciato un'iniziativa per sensibilizzare sull'argomento guardrail anche sulle strade: il progetto #RunForSafety, organizzato con l'Associazione Motociclisti Incolumi, che ha l'obiettivo di salvare 25 mila vite in tutta Europa convincendo le amministrazioni locali a sostituire i guardrail “assassini”.

Due moniti – Nel bilancio del weekend di Motegi, però, pesa soprattutto l'incidente di Alex De Angelis, che secondo la testimonianza di Valentino Rossi, ha perso aderenza con la gomma posteriore in uscita della curva 9 ed è andato a sbattere sulla parte interna del guard-rail (sulla sinistra), in quel punto sempre molto vicino all'asfalto. Due incidenti dalla dinamica inusuale, avvenuti in punti in cui, soprattutto per quanto riguarda Espargaro, una caduta è meno probabile. Due incidenti che hanno messo sotto accusa i guard-rail, perché non in tutti i punti della pista sono presenti le protezioni davanti alle barriere (ma non c'erano nemmeno a Brno quando Vale volò oltre il guardrail). Tuttavia, non si può nemmeno affermare che sarebbe stato meglio avere le pile di gomme in uscita di curva, con il rischio di incagliarsi e peggiorare le conseguenze dell'impatto. È un monito, quello che arriva da Motegi. Una dimostrazione che si unisce alle immagini della Lotus di Grosjean distrutta nell'impatto contro le barriere a Sochi. La conferma che il motorsport è e resterà uno sport pericoloso, che una pista perfettamente sicura non esiste, ma che i passi avanti negli ultimi 40 anni rimangono enormi.

La tragedia di Monza '73 – Il motociclismo inizia un po' a morire, a perdere l'innocenza delle origini il 20 maggio del 1973 a Monza. Alla prima curva della classe 250 Renzo Pasolini perde il controllo della moto e coinvolge una dozzina di piloti che si schiantano sul guardrail, posto a un solo metro dalla pista, mentre le balle di paglia che dovrebbero proteggerlo prendono fuoco. Le moto rimbalzano in pista in una carambola tragica. Jarno Sarinen, partito in pole position, si rialza senza casco e viene travolto da un altro pilota. Muore sul colpo, e a nulla serviranno i disperati tentativi del dottor Costa di rianimare Pasolini. La causa dell'incidente fu attribuita al grippaggio del motore della moto di Pasolini, anche se molti avevano segnalato che il curvone era imbrattato d'olio in traiettoria già dalla gara precedente, la classe 350. Da quel motociclismo, che si affrontava con tute tutt'altro che ignifughe, caschi spesso aperti e non integrali, e vie di fuga praticamente inesistenti, è cambiato molto, è cambiato tutto.

C'è sempre uno step in più – Dal 1993, la sicurezza sulle piste è responsabilità di Franco Uncini, che il 25 giugno 1983 ad Assen, quando era campione del mondo in carica della 500, finisce a terra dopo una curva e mentre cerca di allontanarsi viene travolto dall'australiano Gardner. “Credo che ormai la maggioranza dei circuiti abbia raggiunto uno standard di sicurezza elevatissimo” ha spiegato in un'intervista. C’è ovviamente ancora del lavoro da fare; la sicurezza è un fattore difficile da elaborare e migliorare, perchè quando pensi di aver raggiunto il massimo c’è sempre un altro step da fare”.

Limiti fisici – Tuttavia, esistono dei fattori che non si possono contrastare, e gli incidenti costati la vita a Marco Simoncelli, a Shoya Tomizawa o a Andrea Antonelli a Mosca testimoniano come la lotta per una maggiore sicurezza debba necessariamente fare i conti con i limiti della fisica. Tutte le protezioni nelle piste del Mondiale, infatti, sono omologate e devono passare una serie di crash test. Il più comune degli standard prevede che debbano reggere a un peso di 80 kg lanciato a 100 kmh. Ma, sottolinea lo stesso Uncini, “un corpo lanciato a 60 kmh, un velocità che ai più sembrerà ragionevole, contro un ostacolo fisso, con una decelerazione di 0,2 decimi di secondo provoca morte certa”. Ecco perché servirebbero spazi di fuga molto ampi in tutte le zone dei tracciati. In questa direzione, spiegava a inizio anno Loris Capirossi, entrato da questa stagione nella Safety Commission, si è lavorato a Donington, entrato in calendario al posto di Silverstone. “Siamo tutt’ora impegnati su tutti i circuiti per rimuovere il più possibile l’erba artificiale” ha aggiunto e promesso per un futuro a medio termine, dopo il 2016, di inserire nel regolamento l'airbag per i piloti. Sarà ritardato anche il debutto della centralina standardizzata per l'elettronica (ECU). Honda e Yamaha, peraltro le più critiche verso l'introduzione dell'ECU, hanno infatti segnalato un bug nel software che “potrebbe compromettere la sicurezza dei piloti”.

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