Nuove gomme, niente pinne: più business e meno show nella Formula 1 del futuro
Fra buoni consigli e cattivi esempi. "La priorità è rendere assai migliore il modello di business del possedere un team di F1” ha detto il ceo del circus Chase Carey. “Oggi, quando parli con potenziali investitori, i discorsi si concludono sempre sottolineando che la F1 costa troppo o che, controllando bene le spese, si può competere al massimo per un posto da metà schieramento in giù. È ovvio che se le opzioni disponibili sono queste, la F1 non sarà mai attrattiva”. Ma la strada intrapresa, per l'anno prossimo e per il 2021, quando scadrà l'attuale Patto della Concordia, porta magari verso il business, verso una modernità fluida come da nuovo logo, ma si allontana forse troppo dallo spirito dello sport, dalle esigenze dello show.
Tre motori non posson bastare
La prima novità riguarda i motori, che saranno ridotti a tre: in pratica ogni unità dovranno durare sette gare. E magari si vedranno più spesso piloti rallentare per evitare di consumare troppa benzina o usurare troppo il turbocompressore. Non è questa la natura delle corse. L'ha fatto capire chiaramente Chris Horner, appoggiato da Eric Boullier e dalla McLaren, tre scuderie tutte a motore Renault, non proprio il più affidabile in stagione. “Non mi piace pensare che saremo costretti ad utilizzare solo tre motori, penso che faccia schifo. E lo dico perché credo che dovremmo essere in grado di spingere di più, siamo in Formula 1, e lo sprint dovrebbe esserci in ogni momento” ha detto.

È una questione di principio, ma soprattutto una questione di spese che oppone le scuderie clienti, favorevoli a spendere meno, e i costruttori, ai due opposti di una strada di risparmio che rischia di essere più illusorio che reale. “Fatemi capire, vogliono una fornitura di motori che costi di meno e poi si lamentano? Per noi costruttori è un grosso impegno allungare la vita dei motori e adesso che hanno ottenuto il risultato si lamentano?" chiede Toto Wolff a Motorsport.com. La Ferrari, che già ha lavorato per sviluppare la power unit 2018 secondo la nuova regola più restrittiva, ha votato per lo status quo. E allora prepariamoci a penalizzazioni che potrebbero superare le quattro cifre, sommate per tutti i piloti. Ross Brawn almeno promette una maggiore semplicità. “Metteremo solo la vettura alla fine della griglia, sarà più facile da capire” spiega.
Calendario più lungo
Meno motori per un calendario più lungo. È questa la contraddizione che attende le scuderie. Nella prima bozza di calendario, torna Le Castellet il 24 giugno, inizio di tr gran premi in tre settimane, un tour de force che passerà per il Red Bull Ring e Silverstone. Luglio sarà il solito mese a ritmo folle. Si corre anche a Hockenheim, altro gradito ritorno, con Budapest che resta confine della pausa estiva. Non ci sarà più il Gran Premio di Malesia, tra Singapore e Giappone si passerà a Sochi che tornerà a ottobre come nel 2014 e nel 2015.
L'arcobaleno delle gomme
Anche le due principali novità tecniche si muovono sul limine fra equilibrio e business, valore commerciale e artificiale accrescimento di un appeal competitivo ormai lontano. Debutteranno le gomme Hypersoft, uno step in avanti rispetto alle Ultrasoft, previste al momento solo per Montecarlo, che però si potrebbero vedere anche su altri circuiti cittadini e tortuosi. “Non ho sentito una grande differenza, solo un piccolo cambiamento” ha detto Raikkonen dopo il primo giorno di test a Abu Dhabi, elogiandone però la notevole aderenza.
Le nuove mescole, le migliori mai prodotte da Pirelli dal suo rientro come fornitore unico in Formula 1 ha commentato Hamilton, si accompagneranno alle Superhard, arancioni. Aumentano i superlativi e, promette Pirelli, la flessibilità nella scelta dei set per le gare. “Le gomme che abbiamo creato per il 2018 mirano a questo, in linea con la possibilità di avere a disposizione due pit stop per la maggior parte delle gare” ha spiegato il responsabile motorsport Mario Isola. Sette colori per sette pneumatici, è questo il futuro immediato di una Formula 1 che cerca così di recuperare un po' di spettacolo e di imprevedibilità. Ma intanto sacrifica le pinne per ragioni puramente commerciali.

Il no McLaren fa sparire le pinne
McLaren, infatti, non ha cambiato idea sul divieto di questa appendice. Diversi team, però, hanno fatto pressione per una marcia indietro. La pinna, infatti, è utile dal punto di vista aerodinamico vista l'ala posteriore più larga e più bassa, e serve anche per avere numeri più grandi e qualche ulteriore sponsor. “L'ala posteriore è un punto molto prezioso e la pinna blocca la visione” ha detto Zak Brown dopo l'ultimo GP della stagione. “Vado agli incontri dello Strategy Group solo da un anno a questa parte, ma non pensiamo abbastanza dal punto di vista commerciale quando discutiamo su alcune norme tecniche. Dobbiamo iniziare a liberare alcune posizioni commerciali sulle auto da corsa”. I sospetti nel paddock, però, sono altri. Molti credono che McLaren abbia già iniziato a studiare la nuova vettura senza la pinna, e con la sua mossa abbia voluto garantirsi un piccolo vantaggio.

Sarà questa, la zona grigia che ancora rimane nelle pieghe dei regolamenti, la variabile più discussa delle prime gare, soprattutto per le vetture motorizzare Renault dopo l'approdo dell'ex capo del dipartimento tecnico FIA, Budkowski. Ma gli interventi di “maquillage”, come può essere il ritorno atteso e graditissimo di Kubica e del logo Alfa Romeo come brand dei motori Sauber, condizione sufficiente per garantire un volante a Leclerc, non bastano a risolvere il vero problema della Formula 1. Nei primi nove mesi del 2017, infatti, il circus ha perso 160 milioni di dollari.
160 milioni di perdite
Aumentano staff e prestiti, infatti, ma crescono anche le iniziative promozionali, come la dimostrazione a Londra. Passare a 21 gare ha portato 80 milioni di dollari di introiti in più, anche se la quota distribuita quest'anno ai team è calata rispetto al 2016, senza contare i meccanismi non certo equi di spartizione e iprivilegi per lo status storico della Ferrari che si vorrebbero ridiscutere dal 2021. Il modello fa salire il prezzo delle azioni del Formula 1 Group, rivela Forbes, del 20%, ma non varia il valore del brand dei singoli team. Il Cavallino vale 1,33 miliardi, riferisce Sylt, la Mercedes da quattro anni campione di tutto 695 milioni. Red Bull si conferma un top team anche dal punto di vista del valore economico, 620 milioni, anche se in assenza di una posizione in top 2 nel Mondiale costruttori dal 2008 scendono i ricavi che non dipendono dalla holding proprietaria della scuderia. Quarta rimane McLaren, interessante l'incremento del 21% nel valore di Renault, che ha agganciato il sesto posto finale e un tesoretto da 32 milioni. Ma è interesse della Formula 1 uno spettacolo con soli quattro fornitori di motori e team clienti con i telai uniformati o quasi, che pare la direzione di medio periodo verso il 2021? Se è così, non c'è microfono sullo scarico e rumore che tenga. Non è così che la Formula 1 riprenderà l'appeal e il legame perso con lo spirito delle corse.