Rosberg, dottor professore campione del mondo
Ha paura delle grandi altezze, Nico Rosberg. Ma non di arrivare in alto. Nessuna paura di cadere, solo voglia di volare e un sogno realizzato. È diventato campione del mondo come papà Keke, che voleva diventare dentista o un programmatore di computer e si è ritrovato nella storia per aver vinto un Mondiale con appena cinque successi in carriera: è il miglior rapporto gare vinte/titoli mondiali dell'era moderna della F1. Lo chiamavano “Mister Cool” il freddo, e que Mondiale del 1982 l'ha conquistato rimontando sedici punti di svantaggio e chiuso solo 5 punti davanti a Pironi e Watson.
Il Sisu – Da papà Keke, confessa Nico, ha preso il tratto caratteristico dei finlandesi, il “Sisu”. È un principio che, racconta, contiene tutto: “resistenza, persistenza, spirito combattivo, forza. Possiamo liberarlo nei momenti di difficoltà”. Keke, ha ammesso, “mi ha aperto molte porte, mi ha dato molte opportunità perché tutti volevano vedere se avevo lo stesso talento di mio padre”. Anche alla Williams, che l'ha fatto debuttare in Formula 1 nel 2006. “Viene da noi per il suo talento naturale al volante, la sua intelligenza, la sua capacità di analisi” specifica Frank. Nico è un pilota “secchione”, che per la Formula 1 ha abbandonato l'idea di studiare ingegneria aeronautica all'Imperial College di Londra (aveva già superato le prove). Per entrare nel team, i piloti effettuano un test attitudinale di ingegneria: il suo è il punteggio più alto di sempre nella storia della Williams, ha fatto meglio anche di Prost e di Senna. E alla prima gara, in Bahrain, firma il giro più veloce. Ha sempre studiato molto, Nico, anche all'International School di Nizza. “Mi sono diplomato con un'ottima media” ha spiegato, “mi piace fare le cose per bene”.
Nico e la F1 – Per un ragazzo nato a Wiesbaden a quattro giorni dalla vittoria di papà a Detroit al GP degli Stati Uniti, il cui primo ricordo della Formula 1 è il rumore della McLaren di Senna che passa sotto il tunnel a due passi da casa, la strada verso le corse è praticamente segnata. In Mercedes, al primo anno, ottiene quasi il doppio dei punti di Michael Schumacher in un ideale passaggio di consegne. È un cittadino del mondo, con una storia che si fa geografia e guarda, nemmeno troppo lentamente, a est. Nel 2012 la prima vittoria, in Cina. A Singapore centra i 200 GP in carriera. A Sochi, quest'anno, si è messo sulle spalle dei giganti. Non ha raggiunto il record di Vettel, dominatore di tutta la seconda parte del 2013, le nove vittorie di fila da Spa a Interlagos che l'hanno reso il più giovane a conquistare quattro titoli mondiali. Ha eguagliato però i sette successi di fila di Ascari, unico caso nella storia di pilota primo in tutte le gare della stagione (le sei del 1952) e Michael Schumacher dal GP d'Europa al GP d'Ungheria del 2004 (con tanto di Grand Slam e settimo Mondiale).
Cittadino del mondo – Festeggiato in due nazioni senza davvero appartenere a nessuna, tedesco in Germania, finlandese in Finlandia, non ha più le strane sensazioni che confessava nel 2005, dopo il primo titolo in GP2, quando sentiva l'inno tedesco sul podio. Ha vinto il Mondiale della forza e del calcolo sulla velocità, il riscatto di un campione che ha imparato anche dal finale amaro dell'anno scorso a gestire al meglio tensioni e attese. “Non c'è pressione esterna che si avvicini alle aspettative che mi metto addosso in gara” ha comunque raccontato.
Nico e Lewis – Nemmeno l'antico amico e primo rivale, Lewis Hamilton. Due opposti che si attraggono, che vivono nello stesso posto, a Montecarlo, corrono nella stessa squadra, e hanno lo stesso obiettivo: vincere. “Quando eravamo ragazzi ci divertivamo di più, parlavamo di più. È con lui che sono andato per la prima volta su una Dune Baggie”, racconta, la “spiaggina” resa celebre in Italia da “Continuavano a chiamarlo Trinità”. Anche allora, però, le differenze sono chiare da subito: Hamilton salta immediatamente su, Nico fa mille domande sui possibili pericoli. Alla paura, racconta in un'intervista al magazine Code, naturalmente pensa anche quando è in pista. “Fortunatamente questi pensieri non sono aumentati da quando è nata mia figlia” aggiunge.
Carisma – Due opposti che non si attraggono, Rosberg e Hamilton, che hanno infuocato la vigilia dell'ultimo gran premio anche per la decisione del team di scambiare i meccanici. Nico, sintetizzava Bernie Ecclestone in un dialogo proprio con Rosberg per il sito ufficiale della Formula 1, “non cerca la luce dei riflettori. Lewis vuole essere famoso”. L'accusa di essere noioso, di non avere carisma, continua a portarsela dietro. È più un Prost, un Lauda, che un Villeneuve. “Capisco di essere un prodotto di questa F1, sono attivo sui social per cercare di restituire qualcosa ai tifosi” ha detto, “però non corro per dimostrare a qualcuno che ho carisma. Io corro per vincere”.
Vintage – Corre in una Formula 1 che ne esalta stile e carattere, anche se vorrebbe un po' meno elettronica, un po' meno tecnologia e riportare le macchine più vicine ai modelli di papà Keke. “Mi piace quella sfida, tornare a una buona semplicità. Ma come risultato vedremo più ritiri perché i piloti sbaglieranno di più nel tentativo di gestire la corsa”.
Idolo Fangio – Ancora adesso, comunque, il pilota può fare la differenza. Ma l'emozione di guidare la Mercedes W195 del 1955 di Fangio resta indimenticabile. “E' ancora un’auto da corsa straordinaria. Non ho risparmiato sull’acceleratore e sono arrivato sui rettilinei a 250 km/h. Si guida come un kart e non riesco assolutamente a immaginare come Fangio, all’epoca, sia riuscito a spingerla al massimo sulle strade di Monaco. Un altro mondo, quello di allora, con piloti dal coraggio straordinario” ha ricordato.
Passione triathlon – Il pilota di oggi, oltre a non portare mai pensieri pesanti, deve avere tre qualità, ha spiegato al sito della F1. “Deve sentire qual è l strada più veloce, avere le qualità per fare più cose contemporaneamente e per reagire velocemente agli imprevisti”. Serve una condizione perfetta e una concentrazione massima. Nico mantiene la prima con il triathlon, l'altra sua grande passione che allena ogni muscolo del corpo e permette di vincere anche senza essere il migliore in nessuna delle tre discipline, e sviluppa la seconda con una serie di allenamenti. È un po' fissato con la coordinazione e i tempi di reazione. Prima degli Europei 2012 fa visita alla nazionale tedesca, vede le sessioni specifiche per i portieri, con la barriera messa per fargli vedere la palla solo all'ultimo, e insieme al suo trainer disegna pratiche fantasiose per cercare di allenare la risposta allo stimolo visivo.
Unico – “Sono determinato, onesto e modesto” dice di sé. Le qualità del pilota studioso, che allena la mente a “essere nel momento, a non pensare al passato o al futuro” che durante la gara nutre “la convinzione di poter passare l'avversario che sta davanti e di poter vincere”. Un pilota che ha paura dell'altezza ma insegue la vertigine della vittoria. Un pilota che ha vinto con la forza della testa e non l'istinto delle emozioni. Un campione del mondo che vuole essere ricordato in un modo solo. Come un pilota unico.