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Sessanta anni fa moriva Tazio Nuvolari, il mantovano volante

“Nuvolari è il più grande corridore del passato, del presente e del futuro”, diceva di lui Ferdinand Porsche.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Era l'11 agosto del 1953. Sessant'anni fa scompariva Tazio Nuvolari, uno dei più grandi piloti italiani di tutti i tempi. "Nuvolari è il più grande corridore del passato, del presente e del futuro", diceva di lui Ferdinand Porsche, l'austriaco fondatore dell'omonima casa automobilistica. Una vita, la sua, iniziata "di corsa" in tutti i sensi. Nato nel 1892 da padre ciclista, durante la prima guerra mondiale guidava già le auto, anche se per l'Esercito: era autiere, ovvero soldato destinato al trasporto truppe e merci. In pieno conflitto bellico, nel 1917, sposa Carolina Perina dopo aver compiuto una scappatella, fatto che all'epoca veniva considerato scandaloso. Nel 1920, all'età di 27 anni, ottenne la licenza di pilota, anche se di moto: conobbe Enzo Ferrari, che non aveva ancora fondato la Rossa, ma era anch'egli pilota, e piano piano si avvicinò al mondo delle auto. Nel 1932, Nuvolari era già famoso in tutta Italia, tanto che perfino Gabriele D'Annunzio lo invitò al Vittoriale per regalargli una tartaruga d'oro con dedica: "All'uomo più veloce, l'animale più lento". Una carriera di trionfi ed una vita funestata dalle sciagure: il primo figlio, Giorgio Nuvolari, appena 18enne, diciottenne, viene colpito da miocardite nel collegio Svizzero in cui studia e muore tre mesi dopo. Qualche anno dopo, Alberto, il secondogenito, che ha raggiunto anche lui i diciotto anni, viene colpito da nefrite e muore come Giorgio. Per Nuvolari, lo strazio è tremendo. Ufficialmente non si è mai ritirato, ma a poco a poco scompare di scena. Ma non demorde: 10 aprile 1950, a 58 anni è ancora lì che gareggia come se ne avesse 20. E vince. Ma sarà l'ultima vittoria. Due anni dopo venne colpito da un ictus che lo lascia parzialmente paralizzato: è il preludio della fine, che arriva un anno dopo: 11 agosto 1953, un secondo ictus stronza definitivamente il Nivola, appena sessantenne. Sulla sua lapide, l'incisione: "Correrai ancor più veloce per le vie del cielo". Sessant'anni dopo, il suo ricordo resta. L'uomo non c'è più, ma leggenda continua.

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