F1, GP Giappone: Suzuka, oltre il fascino della 130R c’è di più
La ricerca della perfezione prende nuove forme e velocità nel circuito unico di Suzuka. Costruito nel 1962 dal progettista olandese John Hugenholtz all’interno del parco giochi della Honda, è uno degli autodromi più originali al mondo. Lungo 5807 metri, è l’unico con una struttura a 8, con tanto di sottopasso e cavalcavia. In calendario da 30 anni, presenta tre curve molto lente, la prima, il tornante e la chicane del triangolo, e curvoni veloci come la 130R (in origine di 130 m di raggio), modificata nel 2002 e trasformata in una doppia curva che nella seconda parte ricorda la Blanchimont di Spa, raccordati da quattro tratti ad alto scorrimento. Qui i dati della Magneti Marelli suggeriscono che si raggiungeranno forze laterali di 3,5 g.
Le chiavi
Il motore, spiega il sito della F1, è utilizzato in piena potenza per il 50% del tempo sul giro sulle 18 curve del tracciato, in cui i piloti mantengono una velocità media di 220 kmh. Sulla macchina sarà la gomma anteriore destra a sopportare il maggiore carico in appoggio per l’elevatissima velocità e il notevole carico aerodinamico esercitato su un asfalto che risulta molto abrasivo. Questa dovrebbe essere una pista Mercedes, anche per il notevole contributo prestazionale dell'ERS che vale poco più di 3 secondi a giro e 23 kmh di velocità in più alla speed trap.
Un giro di pista
Il rettilineo di partenza, in leggera discesa, porta alla prima curva, preludio di un settore scandito da una successione di "esse" veloci. I continui cambi di direzione sottopongono i piloti e le gomme a forze laterali notevoli e richiede ai piloti una grande pulizia di guida. La successione di curve a esse si chiude poi con la Dunlop, una curva a sinistra dove praticamente non si usano i freni ma surriscalda le gomme dalla parte destra in maniera significativa.
Impegnativa la Degner
Il secondo settore si apre con la curva intitolata a Ernst Degner, motociclista della Germania dell’Est. Unico campione del mondo nato in un paese comunista, vinse il titolo nel 1962 nella classe 50 cc dopo essere scappato all’ovest l’anno prima, morirà in un incidente proprio in questa curva quattro anni dopo. Qui, in leggera salita, i piloti esercitano secondo i dati Brembo il maggior carico sul pedale, anche se la frenata si protrae per 34 metri e 1,45 secondi perché le monoposto riescono ad affrontare la curva a 147 km/h e quindi perdono solo 114 km/h.
La frenatona dell'Hairpin
Si procede sfruttando i cordoli verso una curva a destra, si passa sotto il ponte, si affronta la 10 a destra prima di arrivare all'Hairpin, uno dei punti più delicati e il secondo più alto del tracciato. Qui il delta di velocità torna a superare i 200 km/h (da 282 km/h a 78 km/h) complice un ricorso ai freni per 2,56 secondi durante i quali le auto percorrono 58 metri. Minore è invece lo stress fisico per il pilota: 3,6 g di decelerazione e 105 kg di carico sul pedale del freno.
Il tornante richiede un perfetto punto di staccata, piuttosto complicato da trovare, per avere la massima trazione possibile in uscita, in prima. Si prosegue poi in accelerazione alla 12, a destra (si viaggia sopra i 250 kmh), con l’anteriore sinistra particolarmente sollecitata, fino alla Spoon, che si percorre in due fasi. In uscita, dopo aver completato l'ultima parte senza vedere il punto di corda, si procede in discesa perdendo un po' di aderenza verso la 130R.
La 130R, adrenalina e velocità
Il nome rimane come retaggio dell'antico raggio della curva diventata dal 2002 a doppia corda, la prima per un raggio di 85 metri e la seconda da 340, che secondo la simulazione Wintax di Magneti Marelli sarà percorsa ad una velocità stimata di 326 kmh in ottava marcia.
È uno dei punti più spettacolari del mondiale, e di emozioni ne ha regalate eccome. Qui nel 2005 Alonso ha messo in chiaro ambizioni e intenti con un sorpasso a 320 kmh all'esterno su Michael Schumacher, ai limiti dell'impossibile. Dieci anni prima Jean Alesi, su una pista umida, aveva passato Johnny Herbert con una di quelle mosse che scatenano l'amore del pubblico, anche perché venti secondi dopo sarebbe tornato ai box per cambiare gomme. Qui nel 2011 Kobayashi ha sfoderato quello che Martin Brundle, commentatore per Sky inglese, ha definito "il salvataggio del secolo", in controsterzo con l'ala mobile aperta a 200 orari.
Casio, la staccata più impegnativa
Segue un altro dei punti critici, la staccata al Casio Triangle, la chicane destra-sinistra che rappresenta la frenata più impegnativa, teatro di una perdita di velocità da 323 kmh a 95 kmh in soli 65 metri. Durante i 2,71 secondi di funzionamento dei freni i piloti esercitano un carico sul pedale di 119 kg e sono soggetti ad una decelerazione massima di 4,4 g.
Qui, nell’ultimo tratto della chicane, è fissato il detection point per l’ala mobile, che si può attivare lungo il rettilineo di arrivo, cui si accede dopo la curva 18, a destra, molto lunga. Si esce a 230 kmh in sesta e si può tentare il sorpasso grazie al DRS lungo il rettilineo dei box.
L'impegno per i freni
Secondo i tecnici Brembo, il Suzuka International Racing Course rientra nella categoria dei circuiti scarsamente impegnativi per i freni, con un indice di difficoltà di 4, identico al valore ottenuto dai circuiti di Silverstone e Interlagos. La quasi totale assenza di frenate da brivido si traduce in una decelerazione media sul giro di 3,3 g, record negativo del campionato. A Città del Messico si raggiungono i 3,4 g mentre a Shanghai la media è di 3,5 g.
Le mescole: Pirelli abbandona le dure
Pirelli mantiene l'articolazione Medie, Soft e Supersoft come a Sepang. Nella prima volta senza le dure su un circuito che costringe a forti carichi laterali, su un asfalto mediamente abrasivo (3 su 5 la classificazione Pirelli) e dall'elevata aderenza, sarà fondamentale valutare la resa della Supersoft, anche in vista del possibile passaggio a una sola sosta
“Per il Gran Premio del Giappone abbiamo nominato pneumatici più morbidi – e quindi più veloci – rispetto alla scorsa stagione, com’è avvenuto per diverse altre gare quest’anno” ha detto Mario Isola. “Nel caso di Suzuka ciò è particolarmente significativo, perché si tratta di uno dei circuiti più impegnativi dell’anno per i pneumatici; qui i carichi laterali sono importanti e possono causare degrado termico anche elevato nel caso in cui le gomme non siano gestite al meglio.
Le scelte dei piloti
Lewis Hamilton e Sebastian Vettel hanno operato le stesse scelte: 1 treno di medie, 5 di soft e 7 di super soft. Raikkonen e Bottas hanno un set in più di medie (2) e uno in meno di soft (4) rispetto ai compagni di squadra. Spicca la strategia molto aggressiva della Red Bull, con 9 set di super soft a testa, e soprattutto quella della McLaren, che ne porta addirittura 10.
Numeri e curiosità
Solo tre piloti hanno vinto più di due volte a Suzuka: Schumacher (6), Vettel (4) e Hamilton (2), con il britannico capace di trionfare anche al Fuji nel 2007.
Sul circuito di casa Honda, la McLaren vanta il record di vittorie: due dei nove successi, poi, sono arrivati proprio con i motori giapponesi (Ayrton Senna nel 1998 e Gerhard Berger nel 1991).
Cinque i podi di Raikkonen, che qui ha vinto solo nel 2005 in McLaren. Sette i podi di Vettel, cinque di Hamilton e Alonso. Il tedesco della Ferrari ha ottenuto anche 4 pole, la metà delle otto di Schumacher (record). Dei principali rivali, poi, solo Hamilton è partito almeno una volta in prima fila.
Due infine i piloti di casa a podio: Suzuki con la Lola nel 1990 e Kobayashi in Sauber nel 2012