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Valentino Rossi, il meglio e il peggio della stagione MotoGP 2017

Dal trionfo di Assen al sogno del decimo mondiale sfumato, passando per i guai della Yamaha alla frattura di tibia e perone che lo ha costretto a saltare il suo Gp di casa: ecco cosa salvare e cosa no dell’annata del Dottore.
A cura di Valeria Aiello
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La disperazione di Valentino Rossi dopo la caduta di Le Mans / MotoGP.com
La disperazione di Valentino Rossi dopo la caduta di Le Mans / MotoGP.com

I risultati della stagione MotoGP 2017 parlano chiaro: sorrisi ma anche profonde delusioni per Valentino Rossi, tra gli alti e bassi di una Yamaha in evidente difficoltà rispetto alle rivali Honda e Ducati, ma anche errori e una buona dose di sfortuna che hanno allontanato il Dottore dalla lotta iridata. Un campionato “non certo eccitante” per dirla con le parole di Valentino che, con 208 punti, 1 vittoria e altri 5 podi ha chiuso il campionato al 5° posto, scavalcato anche da Camomillo Pedrosa nella finale di Valencia. A tutti gli effetti la peggior stagione di Rossi in sella alla M1, visto che il pesarese non era mai andato oltre la quarta piazza, arrivata nel 2013, anno del suo ritorno in Yamaha. Per il 38enne di Tavullia non c’è solo da buttare nel dimenticatoio ma anche da salvare, a partire dalle buone gare contro rivali sempre più pronti a non far sconti a nessuno, figuriamoci al Dottore.

Il meglio della stagione 2017

La vittoria ad Assen

Trionfo numero 115 in carriera per Valentino Rossi ad Assen, Gp d’Olanda, decimo sigillo del Dottore nella Cattedrale della MotoGP, con cui ha rotto un digiuno che durava dalla gara di Barcellona dello scorso anno. E proprio dopo Barcellona, Assen è la seconda pista dove Valentino porta a dieci le vittorie nel mondiale. Sola perla di questa stagione ma sufficiente ad alzare ulteriormente l’asticella dei primati per il nove volte campione che con il successo sul circuito olandese, allunga a 20 anni e 311 giorni il periodo record trascorso dalla prima alla sua ultima vittoria, ribadendo a 38 anni e 129 giorni di essere il più vecchio vincitore della MotoGp moderna nonché l’italiano più vecchio vincitore di un Gp della classe regina. Alle sue spalle, ormai distante oltre 3 anni, Loris Capirossi, non la sola vecchia gloria surclassata. Archiviato anche Troy Bayliss che a 37 anni e 213 giorni da wild card vinceva il Gp di Valencia nel 2006, qualche settimana dopo aver vinto il suo secondo dei tre titoli di campione del mondo Superbike in sella alla Ducati.

Il casco dedicato a Totti e Hayden

Un omaggio “assolutamente doveroso”, arrivato in occasione del GP d’Italia al Mugello, come da tradizione attraverso il casco speciale indossato da Valentino Rossi per la gara di casa. Un Gp al quale il pesarese era arrivato sofferente per il trauma toracico e addominale rimediato una settimana prima in una caduta durante un allenamento con la moto da cross sulla pista di Cavallara, finendo per chiudere ai piedi del podio nella domenica perfetta di Andrea Dovizioso e della Ducati. Peccato che a fine gara al Dottore sia mancato il “cucchiaio” alla Francesco Totti, come avrebbe voluto il suo casco speciale, dedicato al capitano della Roma e al compianto Nicky Hayden, complice una condizione fisica che con lo sforzo è andata peggiorando. Un casco unico, impreziosito da immancabili particolari, come il 58 per Marco Simoncelli e una grande bandiera italiana dietro alla nuca, che Valentino ha deciso di donare alla famiglia Hayden, aggiungendo una dedica speciale. “A tutta la famiglia Hayden. Ho sempre trascorso bei momenti con Nicky e con tutti voi” è stato il messaggio scritto di suo pugno dal campione di Tavullia, amico ed ex compagno di squadra del Kentucky Kid prima in Honda e poi in Ducati.

Valentino extraterrestre ad Aragon

Prima fila in griglia e quinto posto finale per Valentino Rossi ad Aragon, ennesima impresa straordinaria del Dottore, tornato a gareggiare ad appena tre settimane dall’incidente e dall’intervento di riduzione della frattura di tibia e perone della gamba destra. Scattato dalla terza casella, il pesarese non aveva perso il contatto con il gruppo di testa, battendosi come un leone contro chiunque per difendere un risultato inimmaginabile fino a qualche giorno prima. Rossi extraterrestre che l’ultima volta che si era fratturato tibia e perone della stessa gamba destra era stato nel 2010, nella caduta in prova al Mugello. In quell’occasione il pesarese saltò non solo il Gp di casa ma anche altre tre gare, rientrando al Sachsenring a 43 giorni dall’incidente, anche in quell’occasione con le stampelle.

Il peggio della stagione 2017

Zero pole position

Come premesso, quella conclusa è stata una delle stagioni più magre per Valentino Rossi e la Yamaha, la peggiore anche in termini di pole position. Partenza al palo sfiorata ma mai centrata nei 17 Gp disputati dal pesarese nel 2017 – Il Dottore ha saltato il Gp di Misano per l’infortunio alla gamba – come non accadeva dal 2013, anno del suo ritorno in Yamaha. Del resto, Rossi non è mai stato uno specialista del cosiddetto giro “a vita persa” con gomme morbide da tempo, ma oltre alle già citate due stagioni, In MotoGP il Dottore aveva chiuso con zero pole solo il difficile biennio 2011-2012 in Ducati. In carriera, Valentino ha conquistato 64 pole position, 54 in MotoGP, l’ultima nel 2016 a Motegi.

La caduta di Le Mans

Grande rimpianto del 2017 è certamente la caduta che ha costretto Valentino Rossi al ritiro all’ultimo giro del GP di Francia a Le Mans. Una scivolata che per il Dottore ha trasformato quella che poteva essere una domenica perfetta in una grande delusione, dopo anche il primo duello contro il compagno di squadra Maverick Vinales che invece ha tagliato per primo il traguardo. Prima battuta d’arresto stagionale del pesarese che sul tracciato transalpino spinge troppo, buttando all’aria un risultato importante non solo in ottica campionato, ma anche per la Yamaha che a Le Mans avrebbe potuto festeggiare con un’incredibile tripletta Vinales-Rossi-Zarco il giorno della 500esima vittoria nel mondiale a 56 anni esatti dall’esordio in campionato. E invece, dopo un errore che aveva permesso a Vinales di portarsi al comando, nel cercare di vincere con tutte le sue forze, il #46 cadeva a un paio di curve dalla bandiera a scacchi, terminando la sua corsa nella ghiaia.

Addio al sogno del decimo mondiale

Una M1 che non si è rivelata all’altezza delle moto rivali e tre zero in campionato hanno escluso Valentino Rossi dalla lotta per il titolo prima di quanto ci si aspettasse. “Così non si può pensare al mondiale” aveva tuonato già nella prima metà stagione, dopo che sia a Jerez, Barcellona e Red Bull Ring il rapido degrado della gomma posteriore lo aveva tenuto lontano dalla top five. Un problema che ha complicato non poco l’intera stagione e al quale la Yamaha aveva provato a porre rimedio, introducendo un nuovo telaio che solo in parte aveva risolto un guaio di difficile interpretazione. A mettere la parola fine alla speranza di restare in corsa per il titolo iridato, la caduta dopo appena cinque giri del Gp del Giappone, un inaspettato highside, fortunatamente senza conseguenze, con cui Valentino ha detto aritmeticamente addio al mondiale. “Era già finita prima, è andata bene che non mi sono fatto male” spiegava il campione di Tavullia che, prima di partire per il trittico Giappone, Australia e Malesia, complice anche il forfait di Misano, viaggiava già con oltre 50 punti di ritardo dalla vetta, più della metà del restante bottino ancora da assegnare. Una distanza decisamente incolmabile con cui chiudere il cassetto del sogno mondiale, rinviato al 2018, ultimo anno di contratto di Rossi con la Yamaha. Ultima occasione, ammesso che il Dottore non decida di rinnovare per andare a caccia di quella “sporca” decina che gli sfugge dal 2009, anno del suo nono e per ora ultimo titolo iridato.

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