video suggerito
video suggerito

Donne e motori: chi era Iannone prima di Belen?

Considerato l’erede di Valentino Rossi, ha ottenuto in Ducati quella vittoria sfuggita al Dottore. Lo chiamano “The maniac”, e non solo per qualche incidente di troppo, I tifosi, dice, “mi riconoscono talento, braccia e cervello”. Il suo motto, spiega, è chiaro: meglio chiedere scusa che permesso.
225 CONDIVISIONI
Immagine

Un'esperienza sensoriale completa. Andrea Iannone ha testato per primo l'esperienza sensoriale di Gardaland, Shaman: un viaggio sulle montagne russe con un sensore per la realtà virtuale che trasporta sul dorso di un'aquila fra gli spiriti degli indiani d'America. L'emozione dietro l'immagine, l'immersione dentro un'illusione che rafforza la realtà. E non c'è testimonial più perfetto di “The Maniac”, che corre veloce in macchina sulle piste della MotoGP e si ritrova immerso dentro un reality da quando è iniziata la love story più fotografata e scandagliata dello sport italiano, con Belen Rodriguez. E i riflettori sono diventati una compagnia talmente onnipresente che non ci fa nemmeno più caso.

È innamorato e felice, Iannone, ma non fa progetti a lungo termine. Ha pensieri leggeri, semplici, in pista e fuori. Molti senza dubbio vorrebbero essere al suo posto e vedere da vicino la più chiacchierata farfalla dell'orbe terracqueo. Tutti, quando scende in pista, stravedono per lui. «Credo sia perché riconoscono che ho talento, braccia e cervello. Che lavoro duro ogni giorno, cercando di progredire: anche di un solo centimetro alla volta». Veloce, giovane e senza rimpianti, Iannone si presenta alla nuova stagione con una scommessa, essere più costante, e una Suzuki che, dice, gli somiglia molto.

Moto, passione di famiglia

Come i migliori della sua generazione, anche Iannone ha iniziato con le minimoto. Spinto, ma senza forzature, dalla passione di papà Regalino e del fratello Angelo, che pure correva. Sale in sella la prima volta a tre anni, a sei è già in gara, a 14 è primo nel nel campionato italiano con la Grc. È il 2003, l'anno successivo passa alle moto vere e chiude quinto in Spagna con un’Aprilia 125 nel selettivo campionato spagnolo, nonostante tre gare in meno. Per sostenerlo, il padre lascia il lavoro di commerciante, la famiglia investe 100 mila euro e cambia vita. «La stagione successiva, però, mi rompo quattro vertebre e sono costretto a stare fermo tanto tempo – raccontava l'anno scorso a Style -. Ripartire da zero non è semplice, ma dopo un anno e mezzo vinco la mia prima gara. Riesco a rialzarmi e a tornare più forte di prima: un’esperienza che mi è servita molto per crescere».

Andrea non ha fatto altro che cercare nuove strade e spostare i suoi limiti. Ha capito presto che il calcio non faceva per lui, gli è rimasta solo la passione per il Milan, e che darebbe la vita per un podio. Corre per se stesso, non per gli altri, anche se regala emozioni, energia positiva. È un ragazzo con cui è facile identificarsi.

2013, un sogno che si avvera: in MotoGP su una Ducati

Dopo quattro vittorie in cinque stagioni in 125, nel 2010 passa in Moto2 con la SpeedUp di Luca Boscoscuro e chiude terzo il Mondiale con 199 punti, tre vittorie(Italia, Paesi Bassi e Aragona) e altri cinque podi. Vince altre cinque gare in due col team Speed Master prima di realizzare un sogno: la MotoGP. Il 2013 si veste di nuovi colori, del rosso più bello e più ambito, il rosso Ducati. “Mi hanno dato veramente tanto, mi han dato la possibilità di crescere, di diventare forte, di crescere con questa moto, mi hanno dato la fiducia” diceva a In Sella alla fine della scorsa stagione. “Per me sono come una famiglia, è come sentirsi a casa. Avere un feeling buono con la squadra è importantissimo perché un amico per me darebbe tanto, come io per lui. Ci sono tanti modi per fare la stessa cosa. La puoi fare con passione, la puoi fare bene, e la puoi fare sia bene sia con passione perché hai un rapporto speciale con quella persona e ci tieni particolarmente tanto, quindi cerchi sempre di dare il massimo”.

In Ducati riesce dove nemmeno il suo idolo Valentino Rossi era arrivato. A Zeltweg, l'anno scorso, vive il suo weekend perfetto e regala alla scuderia di Borgo Panigale una vittoria che mancava dal 17 ottobre 2010 quando Casey Stoner, che con un po' di perfidia gli riconosce un'ambizione superiore al talento, trionfò davanti al suo pubblico a Phillip Island. Su quello stesso tracciato dove, dopo il frontale con un gabbiano, Iannone aveva stampato un sorpasso all'ultimo giro al Dottore. «Andrea è stato bravo – commentava Rossi -, nel corpo a corpo è fortissimo».

Luci e ombre di "The Maniac"

Nemmeno i suoi anni in Ducati, però, sono filati lisci. Alla prima stagione, con il team Pramac Racing, prima si lussa la spalla poi scopre di aver il timpano dell’orecchio destro perforato. Nonostante il record di velocità (349.6 kmh poi battuto da Maequez) nel 2014, festeggia il primo podio solo nella prima gara del campionato 2015 in Qatar, in un trionfo tricolore dietro Rossi e Dovizioso. “Dovi”, però, non avrà nessuna voglia di scherzare dopo che Iannone lo centra in pieno in Argentina (nel 2016). «Lo sapevo che era lui, lo sapevo quando sono stato centrato. È il numero uno – commenta -. Avrei potuto arrivare ad Austin da secondo nel Mondiale, due Ducati erano già sul podio e invece abbiamo raccolto zero punti. È inaccettabile».

Ma il motto di Iannone, nel bene e nel male, suona come una dichiarazione di intenti, un manifesto programmatico: “Sempre meglio chiedere scusa che permesso”. Meglio essere decisi, insomma, anche se cerchi di sorpassare all'ultima curva e magari finisci per cadere e tirar giù un avversario, spiega. Meglio provarci e avere l'umiltà di scusarsi per non ripetere l'errore. «Avevo paura che Valentino mi passasse all'interno, la pista era sporca, forse ho sbagliato appena la traiettoria – ha detto a In Sella –. Ma non ho nulla da vergognarmi: sono uno vero, parlo chiaro. Non amo i giochetti, le bugie: sapeste invece quanti fanno così in questo ambiente. Se ho qualcosa da dire, la dico in faccia. Guardo negli occhi: non ho nemici».

Il Ventinove

Non è un caso se porta un mirino disegnato sul casco e oltre settanta fra moto e auto sportive in garage, con cui sfrecciare anche a 300 all'ora. Aveva anche una Lamborghini Gallardo Superleggera, che però ha venduto nel 2015, e una collezione di multe non certo invidiabile.

Di sicuro, son più di Ventinove, il suo numero e il nome che ha scelto per il ristorante aperto nella sua Vasto. «Qualche piatto lo so anche cucinare – raccontava a Style -, carbonara, tortellini con la panna, gnocchi di patate al ragù. Ma il mio preferito in assoluto è la battuta di gamberi». Cucina anche nel motorhome, che qualche volta diventa anche teatro di infinite partite a carte. Si appassiona a Masterchef e ai film di mafia, piange quando perde. Il ritratto di un campione con l'aria da bad boy, che negli anni è diventato anche più aggressivo in pista. Un pilota che trasmette passione, che accende i sogni e la fantasia.

225 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views