F1 2015, inizia il Mondiale della Formula Caos
Formula Caos. La corda della Formula 1 si sta spezzando. Uno sport, se si può ancora considerare tale, talmente piegato sulle esigenze del business da aver perso di vista il giusto equilibrio. E a forza di inseguire il profumo dei soldi sta perdendo appeal. Ma nessuno sembra avere la ricetta per risolvere i tanti, troppi problemi.
Appeal – Il gesto di Maurizio Arrivabene, che si è andato a sedere insieme ai tifosi durante i test al Montmelò è piccolo ma eclatante: il team principal della Ferrari ha denunciato la rottura verso l'esterno che caratterizza il circus e in un attimo dimostrato quanto serva recuperare il rapporto con gli spettatori. Perché senza gli appassionati, il circus non esisterebbe più.
Motori – In pochi mesi Arrivabene, team principal dell'unica scuderia sempre presente a tutti i Mondiali dal 1950, ha avvicinato la Ferrari alle posizioni della FIA, di Jean Todt, ha rotto quella che sembrava l'opposizione con Mercedes e aperto un fronte di divergenza con Bernie Ecclestone sulla governance e il futuro della Formula 1. La battaglia per lo scongelamento delle power unit dell'anno scorso lasciava presagire un'opposizione con la casa di Stoccarda sugli scenari regolamentari. Ora invece, da Maranello emerge una linea di continuità sulle motorizzazioni ibride, con l'eliminazione del flussometro o l'introduzione di soglie e limiti diversi. Motori che si possono sviluppare “a gettoni”, con la surreale regolamentazione “contra-scuderiam” che lega le possibilità di intervento dei tecnici Honda alla McLaren al numero di gettoni non usati prima dell'inizio del Mondiale dai concorrenti. Motori che però non piacciono a Ecclestone. Nel suo modello per la Formula 1 del futuro che ha reso pubblico prima del vertice di Ginevra, il recupero di appeal passa per motori V8 più potenti, con meno elettronica e senza ERS, e monoposto con gomme larghe.
F1 Open? – Al Daily Mail, Ecclestone ha anche proposto la visione di una Formula 1 stile Motomondiale, con una sorta di CRT, di classe Open, per rempire lo schieramento come alternativa alla terza macchina dei top team che non piace alle scuderie. L'idea del patron del circus per contenere i costi è sganciare la Formula 1 dai costruttori e creare una sottocategoria con telaio e motore unici ma non più costruiti dalle scuderie: ha teorizzato una monoposto con vecchio telaio Red Bull e motori V8 di vecchia generazione di case storiche come Cosworth, disponibile chiavi in mano per 15 milioni di euro l'una.
Costi troppo alti – Sono proprio i motori ibridi ad aver fatto ulteriormente crescere i costi, da 18 a 30 milioni di dollari. Jean Todt però li ha difesi in una recente intervista al New York Times. “La Formula 1 rappresenta il punto più alto dell'automobilismo, e dobbiamo essere un esempio per la società” ha detto. La situazione, però, è ormai vicina all'implosione, al punto di non ritorno. L'addio della Caterham, la presenza prima sub judice, poi negata, poi accettata, della Manor “fu Marussia” non sono bastati come campanello d'allarme. Lotus, Force India e Sauber hanno chiesto infatti un contributo finanziario extra di circa 14 milioni euro ciascuno per riuscire ad essere presenti in gara.
Caos piloti – L'impennata dei costi ha spinto molte scuderie a scegliere non i piloti migliori, ma i più “marketable”, i nomi con alle spalle sponsor più potenti e munifici o appeal più elevato: Verstappen junior, al di là del suo potenziale poi messo in pista, è stato scelto anche per ragioni extra-sportive, peraltro grazie a regolamenti per la Superlicenza reso più restrittivo appena dopo il suo ingaggio. Il caos principale, esclusa la contingenza in casa Mclaren per l'incidente di Alonso, regna però in casa Sauber. La team principal Monisha Kaltenborn ha scelto Felipe Nasr e Marcus Ericsson come piloti titolari, dichiarando apertamente le ragioni economiche alla base della decisione, con Raffaele Marciello come test driver. Ma un giudizio arbitrale in Svizzera prima, e la Suprema Corte di Victoria poi, hanno stabilito che Giedo Van der Garde, pilota olandese tenuto fuori nonostante un contratto valido che gli garantiva un posto da titolare, ha diritto a gareggiare. La Sauber ha presentato appello, ma ha tempo solo fino alle 16 di domani per presentare alla FIA il nome dei due piloti titolari per la prima gara della stagione.
Calendario – Il caso Sauber dimostra fino a che punto la Formula 1 e i suoi attori si stiano interrogando sulla commerciabilità di un giocattolo ormai vecchio, che fa acqua da tutte le parti. La strada scelta per recuperarla, per aumentarla, passa anche per un calendario “arricchito” da gran premi aggiunti anche all'insaputa degli stessi organizzatori, per questioni di politica interna, e poi spariti (vedi Corea, che si è rivelato in poco tempo un flop come il GP d'India), da corse nel deserto, in mercati nuovi come l'Azerbaigian, mentre si mettono in discussione location e circuiti storici come Monza, che ha rinnovato per tre anni, o Hockenheim. Tutto questo perché la Formula 1 vive di sponsorizzazioni e pubblicità, vincolata in Europa da tante restrizioni sui marchi di alcoolici e sigarette tra i principali partner del circus e delle scuderie. E Bernie sa bene che, per una Corea, un'India che spariscono, ci sarà un'altra Russia, un altro Messico, un'altra Thailandia o un'altra Grecia pronte a entrare nel dorato mondo della Formula 1.
Trasparenza – La credibilità di questo sport, però, passa per la trasparenza, che rimane il principale punto critico del circus. La chiusura, l'assenza di informazioni, la mancanza di una commissione d'inchiesta indipendente sui drammatici incidenti a Jules Bianchi prima e a Fernando Alonso poi, danno misura della strada ancora da fare. Nel 2013 David Ward, rivale sconfitto da Jean Todt nella corsa alla presidenza della FIA, citava uno studio dell'agenzia I Trust Sport che metteva la FIA perfino dietro il CIO e la FIFA, che pubblica i voti dei singoli giornalisti per il Pallone d'Oro ma non quelli dei delegati poi corrotti per l'assegnazione dei Mondiali, in termini di trasparenza. Todt ha respinto quelle che ha definito “insinuazioni infondate sulla governance della FIA e sulla trasparenza dei bilanci”. Ma il problema rimane. E si fa sempre più forte. Time is running out. Le toppe cervellotiche non coprono più i buchi. È il momento della rifondazione, altrimenti sarà troppo tardi.