F1, che sarà della Ferrari dopo l’annus horribilis?
Tanti pensieri, molte parole, poche opere, parecchie omissioni. Con l'ultimo GP all'orizzonte, ultima stanca replica di un copione sempre diverso e sempre uguale, il 2014 della Ferrari è un film già visto. Una stagione che ha assunto i toni e le connotazioni del 1993, l'anno che vide la promozione alla gestione sportiva di Jean Todt, ma soprattutto l'ultima stagione senza vittorie nella storia del Cavallino. Allora come oggi, è in corso una rifondazione dai tempi, e soprattutto dai risultati, difficili da prevedere. Una rifondazione che stavolta però ha travolto anche la gestione societaria, gli assetti di potere e di proprietà: in un anno record in termini di fatturato e modelli venduti, Marchionne ha esautorato Montezemolo ma ha portato la Ferrari esattamente lì dove voleva tenerla Montezemolo, scorporata dalla FCA, indipendente dai destini industriali del gruppo. Ma soprattutto l'ha portata a Wall Street, dove Montezemolo non avrebbe voluto che sbarcasse, e potrebbe essere stato questo il nodo che ha accelerato così tanto i tempi del ricambio al vertice.
La stagione sportiva – Dal punto di vista sportivo, la Ferrari è sempre più la quarta forza del Mondiale, dietro anche alle Williams. Quarta, come nel 1993, quando Todt venne chiamato a risollevare il reparto corse dopo il fallimento della F93. Almeno in quella stagione, chiusa al quarto posto con appena 28 punti, arrivarono due podi (Alesi a Monaco e Berger in Ungheria), mentre la F14T si aggrappa ancora al solo terzo posto di Fernando Alonso in Cina. L'arrivo di Todt fu il primo pilastro di quella ricostruzione profonda che avrebbe portato Rory Byrne e Ross Brawn alla conduzione tecnica, e Michael Schumacher a domicare un'epoca. L'arrivo di Mattiacci al posto di Domenicali, l'abbandono del capo motorista Marmorini, l'addio di Montezemolo e la promozione di James Allison a responsabile dello sviluppo della macchina rappresentano al momento solo quattro tessere di un mosaico che evidenzia solo l'impossibilità di dare una sterzata a un annus horribilis, una stagione sportivamente desolante con due campioni del mondo come Alonso e Raikkonen, un lusso che non ha nessun'altra scuderia nel Mondiale, ripiegati su se stessi. E gli errori di strategia che hanno costellato la stagione non hanno certo aiutato. Dalla scelta delle due soste che ha frenato il finlandese in Spagna, nel primo weekend in cui ha dato segni di ripresa arrivando davanti al compagno di squadra in qualifica, alla incomprensibile prudenza di Budapest, quando tengono ai box Raikkonen nella parte finale della Q1, come se non si aspettassero il tempo record di Jules Bianchi che lo estromette dalla Q2. E i rimpianti sono aumentati a Sochi quando uno dei sollevatori viene tolto troppo presto, così Alonso resta ai box sei secondi più del necessario e non può più lottare per quello che sarebbe stato il suo secondo podio stagionale, il 98° in carriera, il centesimo per la Spagna. Questa Ferrari, dunque, non sa più vincere.
L'anno che verrà – Ma che sarà del Cavallino la prossima stagione? Pensare a un miglioramento improvviso e radicale rispetto al 2014, immaginare che la Ferrari possa lottare per il titolo, appare come uno sterile esercizio di ottimismo della volontà, slegato dalla realtà. Intanto, la line-up per il 2015 non è ancora ufficialmente definita. L'annuncio del passaggio di Alonso in McLaren e dell'arrivo di Vettel in Ferrari, che il tedesco si è lasciato sfuggire in italiano a Sky, è rimandato al 1 dicembre perché a Woking ancora non hanno deciso chi affiancare all'asturiano, che spinge per avere Button e non Magnussen come compagno di squadra. E' un rinvio pro-forma, comunque: Vettel non rischia certo di ritrovarsi come il connazionale Hulkenberg che l'estate scorsa aveva firmato un pre-contratto con il Cavallino, salvo vedersi poi preferire il cavallo di ritorno Raikkonen. Anche dal punto di vista della macchina, i segnali non sono così incoraggianti. Le prime simulazioni hanno mostrato una power unit ancora lenta, e le innovazioni aerodinamiche viste anche in Brasile, soluzioni che fanno già parte del progetto della Ferrari 2015, non hanno portato miglioramenti significativi nelle prestazioni in gara. Pat Fry continua a ripetere che il team sa cosa fare, sa dove lavorare, ma le sue parole suonano come una vecchia canzone ormai quasi svuotata di senso. Finora però hanno pagato solo i motoristi, mentre i progettisti come Tombazis, che hanno accumulato progetti deludenti e insufficienti soluzioni, sono ancora lì a ripetere che sanno cosa fare per migliorare. Ma delle due l'una, o non sanno ancora come trasformare le intenzioni in realtà, o sono anche loro a metà di un guado da cui è difficile comprendere come e soprattutto quando uscire a rivedere le stelle. Eppure, anche senza successi, il brand del Cavallino si rinforza, e i bilanci non sono mai stati così positivi in termini di fatturato e di modelli venduti come nel 2014.
Futuro incerto – Dal 2015 la Ferrari “correrà da sola”, dopo lo scorporo dell'azienda dalla FCA e la quotazione a Wall Street e su una piazza europea del 10%, con Piero Ferrari che detiene un altro 10% e il restante 80% distribuito ai soci. Un cambio che dovrebbe giovare alla FCA e agli Elkann, che spiega la forte accelerazione nella sostituzione di Montezemolo, contrario alla quotazione a Wall Street in quanto le esigenze di trasparenza avrebbero potuto far perdere vantaggi competitivi alla Rossa. Vantaggi che però in pista la Ferrari ha già perso da tempo. E chissà quando li ritroverà.