F1, GP Australia: Ferrari, nuova era, sorriso a metà
"Ragazzi, Forza Ferrari". L'entusiasmo di Vettel arriva via radio in italiano. Tre parole per marcare il territorio, per segnare un cambio di passo, per marcare la differenza tra il prima e il dopo. E il dopo, l'oggi, il post-Alonso e il post-Mattiacci, è in una Ferrari migliore di quanto si potesse pensare, inevitabilmente lontana dalle Mercedes, ma apparsa per tutto il weekend la "best of the rest", la migliore delle altre, tanto sul giro secco quanto sul passo gara.
Vettel, nuovo spirito – Il podio numero 67 di Vettel, a una sola lunghezza dal settimo posto all time di Barrichello, allunga a 35 la serie di stagioni consecutive con almeno un piazzamento in top-3 (l'ultima a secco nel 1980) è il meritato completamento di un lavoro partito da lontano. A parte una partenza non troppo brillante, il tedesco, che in termini di gestione e amministrazione delle risorse sue e della macchina non è secondo a nessuno, ha fatto tutto bene. Ha spinto, ha tenuto il ritmo di Massa e l'ha passato al pit stop con un passaggio velocissimo a gomme fredde stampato come un guanto di sfida. Certo, è solo la prima gara surreale di un Mondiale iniziato tra malori misteriosi, carte bollate, fallimenti, salvataggi miracolosi, apparizioni e fantasmi. E una gara con soli 15 partenti (fuori le Manor, in Australia per onor di firma e contratto, fuori Bottas per lo strappo alla schiena in qualifica, fuori Magnussen e Kvyat traditi dalla macchina nel breve spazio che va dalla pitlane al piazzamento in griglia prima ancora del giro di ricognizione), non può essere del tutto affidabile come indicatore dei valori di lungo periodo, gettoni o non gettoni.
Di sicuro, però, l'ottimismo, i sorrisi sono la miglior cura per riemergere dopo una stagione buia come il 2014. E quel messaggio di condivisione, quelle tre parole, volutamente, marcatamente in italiano, segnano la nuova era. Perché in questo caso più che in altri, la forma e il mezzo sono il messaggio. E di messaggi così la Ferrari di Arrivabene ha bisogno per sostenere "l'enorme lavoro quotidiano" che Vettel non ha mancato di celebrare nell'intervista sul podio con Arnold Schwartznegger.
Errare è umano, perseverare no – Ma per il nuovo team principal non ci sono solo abbracci, sorrisi, pacche sulle spalle da distribuire. Perché il primo GP del Cavallino è bifronte, bicolore. C'è tanto rosso Ferrari nella festa di Vettel, ma c'è anche un po', un bel po', di nero, quel nero voluto di nuovo nella livrea che ora suona quasi come un segno del destino. E' il nero per la gara generosa e frustrata di Kimi Raikkonen, tornato a guidare su una Rossa come non lo si vedeva da tempo. Preciso, veloce, aggressivo, l'Iceman dei tempi migliori, evidentemente soddisfatto e molto più a suo agio sulla SF15-T che all'anteriore ha uno stile, un design, e soluzioni molto più vicine al suo modo di guidare. Con gli avversari fuori gioco o non ancora all'altezza, chiudere al terzo e quarto posto sarebbe stato obiettivo più che possibile per la Ferrari, tanto più che il finlandese per metà gara almeno ha girato su tempi simili, anche migliori, di Vettel. Ma il doppio pasticciaccio ai box è un finale amaro, un finale che stona con la storia di una scuderia che ha fatto vanto dell'efficacia del lavoro di squadra, capace ancora l'anno scorso di autentici miracoli, come rimandare in pista Alonso con il danno riparato in soli tre minuti in Malesia.
Oggi invece sbagliano due volte su due, sempre con Raikkonen, e sempre nell'avvitare la stessa ruota, la posteriore sinistra. La prima volta, il finlandese perde solo tanti, troppi secondi, ed è costretto a rimontare di nuova. Ritorna quinto, passa Ricciardo, che pure aveva una quindicina di secondi di margine nel gioco delle soste, ma deve fermarsi di nuovo per montare le medie. La scena si ripete, ma stavolta non ha più il carattere della fatalità, ma di una frustrazione latente che si fa incontenibile quando il finlandese strappa e se ne va prima che la ruota fosse fissata a dovere. L'impotenza, la rabbia, l'orgoglio si mescolano in un gesto irriflesso, comprensibile, ma comunque dannoso perché un paio di curve più in là deve parcheggiare la SF15-T sull'erba. Nello scatto di Arrivabene che si fionda giù dal muretto per chiedere spiegazioni di quella doppia svista così tristemente uguale, di quella perseveranza nell'errore così lontana dall'ideale stile Ferrari, come nelle parole di Vettel, c'è la volontà, finanche ostentata, di marcare la differenza. Perché la nuova stagione, lo stile Marchionne, passa anche dai simboli.