F1, squalifica Ricciardo: il giallo dei sensori di benzina
Quando si cambia troppo, e troppo in fretta, le zone grigie si moltiplicano. E nelle zone grigie, in una Formula 1 che è rimasto l'ultimo divertissement per miliardari, le scuderie sanno bene come muoversi. La squalifica di Dani Ricciardo, se da una parte conferma i timori di Montezemolo sulla necessità di sorvegliare, dall'altra apre domande preoccupanti: chi ha sbagliato?, chi deve pagare?
TROPPE NOVITA' – La prima impressione, dopo il GP di Melbourne, è che si ecceduto in una frenesia di novità, che la voglia di ritrovare in pista lo spettacolo, l'emozione, l'azione, l'adrenalina si sia tradotta in un deragliamento nel caos, nell'incertezza, nella confusione. E nessun podio, almeno nella prima parte di stagione, potrebbe essere davvero sicuro e definitivo. Perché l'auspicabile incertezza di una gara dall'esito non scontato non si traduca nell'incertezza negativa del non sapere che sta succedendo, servono regole semplici, chiare, che mettano dei limiti certi, da cui sia evidente a tutti cosa è lecito e cosa no. Il nuovo regolamento FIA, però, soprattutto in merito alle soglie per il consumo (non più di 100 kg per tutta la gara) e per il flusso di carburante, che non deve superare i 100 kg/h sopra i 10.500 giri, manca proprio di certezze.
Questa innovazione, che ha un po' il sapore rousseauiano del paradosso del progresso, è lo specchio di una Formula 1 in cui a comandare produttori e costruttori, interessati a stravolgere il rapporto uomo-macchina in corsa perché i risultati sportivi siano da traino alla produzione in serie, che già si muove nel segno dell'elettrico, dell'ibrido, dello sviluppo sostenibile. Una Formula 1 più “ordinaria”, con tanti saluti all'eccentricità appena un po' snob di Ron Dennis, nostalgico di un mondo in cui “chi non ha i soldi per restare può anche andare a casa”.
Il controllo dei consumi ha certamente penalizzato lo spettacolo durante la gara e ha complicato non poco le questioni dopo la gara. Ricciardo è stato squalificato per aver ripetutamente superato i livelli consentiti di flusso di carburante. Facile, messa così. Ma ci sono volute cinque ore di discussione, tre pagine di verbale per arrivare a una decisione che comunque la Red Bull ha già appellato, anche se il verdetto finale potrebbe non arrivare prima di aprile. Evidentemente, capire chi ha sbagliato e perché non è poi così semplice.
LA GUERRA DEI NUMERI – La questione è tutta intorno ai sensori, ai flussimetri che misurano l'iniezione di carburante al motore. Un dettaglio che può apparire marginale ma potrebbe avere conseguenze devastanti. La FIA ha omologato, per tutte le vetture, il modello a ultrasuoni della Gill, società inglese con sede a Lymington, nel New Hampshire. Sensori che solo a gennaio 2014 hanno raggiunto il margine di errore consentito dalla federazione internazionale, dello 0.5%, e che sono usati anche nel monduale endurance (e lì le scuderie hanno evidenziato misurazioni con un tasso di errore anche dell'1%). La Red Bull, come le altre scuderie, ha anche i propri sensori che, invece di basarsi sul tempo di volo degli ultrasuoni nel fluido, misurano il flusso sugli iniettori. Sabato notte, in regime di parco chiuso, i sensori sulla monoposto di Ricciardo sono stati cambiati: l'australiano si è affidato ai suoi, e non a quelli della FIA, ma questo non è del tutto consentito. Allora è chiaro, si potrebbe concludere, la Red Bull ha sbagliato, è giusto che paghi. Non è così semplice. Nella sentenza, infatti, si legge che il rappresentante tecnico, per approvare la sostituzione del flussimetro, “ha comunicato al team di applicare un offset al loro flusso di carburante in modo da rendere regolare il flusso stesso”. Lo stesso commissario della FIA ha dichiarato “che c’erano differenze nei sensori. Tuttavia il sensore rientrava in un intervallo noto e poteva essere calibrato individualmente”. La Red Bull, però, convinta di essere nel giusto, ha mantenuto le sue misurazioni, senza calibrarle, e negli ultimi giri ha continuato a suggerire al pilota di casa di spingere, spingere, spingere.
È la stessa FIA, dunque, che già aveva deciso dopo le libere di tarare i sensori a 5 e non a 10Hz, a creare la zona grigia. Non si può imporre un limite, come quello sul flusso di benzina, sbandierare la tolleranza zero per ogni violazione, e non avere uno strumento univoco e affidabile per le misurazioni. Se la stessa FIA consente l'utilizzo di sensori diversi da quello omologato, che a loro volta avranno i propri margini di errore, a patto di “compensare” i risultati delle misurazioni, vuol dire che non si fida poi del tutto dei flussimetri omologati. E se i sensori Gill non danno risultati uniformi, non sono del tutto affidabili, su quali basi la FIA emette le sanzioni?
In questa situazione, ci saranno sempre squadre che porteranno le proprie misurazioni convinte di essere nel giusto. E nessuna decisione della FIA sarà accettata e definitiva. Se anche la matematica diventa un'opinione, si rischiano strascichi e appelli a ogni gara. A questo punto, è meglio togliere questa regola prima che sia tardi.