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Ferrari, gran gara ma che peccato quella sosta di Vettel

“Abbiamo sbagliato strategia, ma è un’ottima Ferrari”. Vettel sintetizza così il gran premio del Cavallino. I progressi in qualifica e in gara sono evidenti. Ma l’errore di strategia, la sosta troppo anticipata del tedesco, ha cancellato una possibile vittoria.
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Fare o non fare, non c'è provare. Così insegnava il Maestro Yoda di Guerre Stellari a Luke Skywalker. Una lezione che nella guerra stellare al vertice della Formula 1, la Ferrari deve ancora imparare. Troppe volte ha dimostrato di provare, troppe volte ha aspettato troppo prima di fare, qualche volta, come oggi in Canada, ha provato a fare troppo presto. Richiamare Vettel all'undicesimo giro, con una virtual safety car (VSC) annullata proprio mentre il tedesco stava entrando ai box, a posteriori non si è rivelata una strategia vincente. Certo, il regime di rallentamento ha fatto risparmiare una decina di secondi a Vettel, che poi ha potuto girare per 28 tornate con uno stesso treno di supersoft. Cambiare tattica di gara, passare alle due soste avendo l'obbligo di montare comunque almeno un treno di morbide, era sul momento una scelta sicuramente aggressiva, che dichiarava una volontà di prendere vantaggio nello stint centrale e, insomma, di non accontentarsi del secondo posto anche sul primo tracciato stagionale a basso carico e a fortissima incidenza delle power unit. “Col senno di poi non è stata la scelta giusta, ma in quel momento visto il degrado che avevano le gomme sì" ha ammesso Arrivabene. "Ma è andata così. Non possiamo essere soddisfatti ma dobbiamo guardare avanti. Indipendentemente dalla velocità ci deve essere la vittoria, quello è importante”.

Il rischio non paga – Ma a volte, per vincere, è più difficile aspettare che far qualcosa subito. Il discrimine fra l'errore e la mossa vincente è sempre sottile, e comprendere il momento adatto per intervenire fa la differenza fra la vittoria e la sconfitta. E stavolta si è trasformato in un autogol che ha tolto l'effetto sorpresa e lasciato l'iniziativa a Hamilton. Magari il team avrà ipotizzato un regime di VSC più lungo, che coprisse l'intero pit stop in modo da neutralizzarne il gap in termini di secondi persi. Certo comunque con il rischio di stravolgere tutto, e con una macchina che per i primi dieci giri ha dimostrato di andare particolarmente bene. Di sicuro, la prima gara del tour de force che prevede sei gran premi in otto settimane, ha regalato alla Ferrari più segnali positivi che ragioni di rimpianto. "“Il primo giro è stato difficile perché ho faticato a frenare alla chicane” ha commentato a caldo Vettel. "Noi abbiamo effettuato per primi la sosta e così Lewis ha potuto scegliere cosa fare. Noi forse abbiamo sbagliato perché pensavamo fosse la strategia più veloce e ci aspettavamo che le sue gomme non sarebbero durate così tanto".

Gap ridotto – Mai sintesi fu più accurata. Il gran premio del Canada ha detto, di sicuro, che i due gettoni per migliorare l'efficienza della power unit e l'erogazione della potenza dell'ERS non avrebbero potuto essere spesi meglio. Su un tracciato che esalta le differenze dei motori, Vettel ha ridotto e di molto il gap con le Frecce d'Argento anche nel giro secco in assetto da qualifica, tallone d'Achille della rossa da inizio stagione. Il lavoro del team guidato da Mattia Binotto ha portato il Cavallino a massimizzare l'espressione del potenziale della vettura, e il ritmo che il tedesco ha imposto anche nella parte finale confermano che i risultati si vedono eccome.

Vorrei ma non posso – Nell'errore di Vettel che va lungo all'ultima chicane del tracciato nel tentativo di ricucire su Hamilton, poi, c'è l'epifania chiara, l'immagine plastica di una Ferrari che ancora vuole ma non può. Una Ferrari che abbaia, che azzarda ma non morde ancora come vorrebbero Marchionne e Arrivabene. Rimane ancora qualche problema nel portare e mantenere le gomme in temperatura, come hanno sottolineato sia il tedesco a proposito dei tempi di frenata nel primo giro, sia Raikkonen. "Non è stata una gara semplice, non la migliore" ha ammesso. "In partenza abbiamo guadagnato delle posizioni perchè alla seconda curva le due Mercedes sono uscite di strada, ma ho faticato. E' stato difficile tenere le gomme in temperatura. Quando potevo spingere è stato piu semplice, ma è stato per poco tempo"

Variabili – C'è di sicuro il rimpianto per non aver colmato il gap contro una Mercedes apparsa oggi meno irresistibile del solito, in grado sì di fare la differenza con le morbide ma non di imporre il cambio di passo devastante con le supersoft e le ultrasoft. E insieme, almeno a guardare la gara di Vettel dallo spunto in partenza all'ultimo attacco tentato sul campione del mondo, c'è la sensazione che qualcosa stia cominciando a cambiare. "E' stato un fine settimana grandioso, questo è il primo GP che mi sono goduto davvero tanto la macchina" ha detto Vettel. "Ho spinto al massimo per oltre 30 giri, ma questa è l'essenza della corsa, le gomme soft di Lewis sono durate, ho spinto per prenderlo, forse anche un po' troppo, ma lui è riuscito a gestire il finale".

Ambizioni – Dall'inizio alla fine, c'è un filo rosso Ferrari a raccontare la gara sul circuito Gilles Villeneuve, che vedeva i rischi come un'illusione. Tutta la condotta del Cavallino, al di là del risultato, racconta un'ambizione diversa dalle ultime gare. Racconta di una squadra che sa di potersela davvero e di nuovo giocare con le Mercedes per le vittorie. Racconta di un rischio, calcolato o no, che prendi solo se sei in fiducia, se puoi finalmente credere di avere un mezzo in grado di sostenere l'immagine che hai di te stesso. Certe scelte, certe condotte di gara non sarebbero state ipotizzabili a Barcellona o a Monaco, quando perfino la Red Bull sembrava irraggiungibile e l'unica cosa da fare era imparare in fretta l'arte di vivere in difesa.

Grandi destinazioni – A Monaco, il quarto posto finale a 15 secondi da Hamilton rappresentava, di fatto, il massimo possibile. A due settimane di distanza, un secondo posto col divario ridotto a cinque secondi diventa motivo, a posteriori, di insoddisfazione, rimpianto per quel che avrebbe potuto essere e non è stato. Il solo ritorno al gioco dietrologico del "che sarebbe successo se…" testimonia meglio di ogni considerazione un cambio di passo e di paradigma. La Ferrari, anche sbagliando, è tornata a sentirsi grande. E ha provato la mossa da grande. Peccato che provare non basti. E che tra sentirsi ed essere grandi la distanza è ancora ampia. Molto più di quei cinque secondi che hanno scritto la storia della corsa.

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