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I migliori anni della F1 negli Usa

Dagli esordi alla stagione di Watkins Glen: i successi di Hill e Hunt, il trionfo di Villeneuve nel 1979 poi l’addio. I due anni a Las Vegas, le prime vittorie in carriera di Alboreto e le controversie tra Schumacher e Barrichello a Indianapolis.
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E' il miliardario William Kissam Vanderbilt a portare le corse negli Stati Uniti. All'inizio del ‘900 la Vanderbilt Cup diventa un classico a Long Island. Nel 1908 si corre il primo vero GP degli Stati Uniti. Inizia in testa Ralph DePalma su una Fiat, ma deve ritirarsi per problemi alle gomme: vincerà un'altra Fiat, quella del francese Louis Wagner, che due anni dopo passerà lascerà le auto per gli aerei andando a guidare i monoplani della Hanriot. A cavallo tra gli anni '20 e gli anni '30 è Indianapolis il punto di contatto fra le due sponde dell'Atlantico. La Indianapolis 500 si corre con le regole del Grand Prix fra il 1923 e il 1930 e fra il 1938 e il 1953. Nel 1957 apre il Riverside International Raceway, il circuito californiano che ospiterà lo United States Grand Prix del 1958. Al via ci solo oltre 50 piloti: vince Chuck Daigh su una Scarab davanti alla Ferrari di Phil Hill.

Sebring e Riverside – Nel 1959 la Formula 1 arriva a Sebring dove da sette anni si corre una celebre 12 ore, voluta dall'imprenditore russo Alec Ulmann. Inizialmente la coesa è in programma per il 22 marzo, il giorno dopo la 12 ore vinta quell'anno da Dan Gurney, al primo successo in Ferrari, che verrà poi promosso dal "Drake" in Formula 1. E pensare che solo due anni prima aveva fallito un provino per guidare una delle Ferrari del costruttore di Los Angeles Tony Parravano durante una gara a New Smyrna Beach, appena a sud di Daytona. Il GP di F1 del 1959, però, viene spostato al 12 dicembre, e diventa l'ultima prova della stagione. Ci sono sette americani al via, ma a vincere è un neozelandese che conquista la prima vittoria in F1 e che allora è il più giovane pilota a vincere un gran premio (ha 22 anni e 80 giorni): si chiama Bruce McLaren, vincerà quattro GP da pilota e 20 titoli mondiali da titolare di una scuderia che ha dominato gli anni '80 e i primi '90. Nel 1960 si torna Riverside. Stirling Moss si iscrive privatamente con una Lotus e firma pole e vittoria. Ma la mancanza di promozione e la vicinanza del Times Grand Prix trasformano la gara in un mezzo disastro economico per gli organizzatori, che pagano i montepremi ai piloti praticamente di tasca loro.

Watkins Glen – Watkins Glen è un'oasi di vacanza a 4 ore da New York e Philadelphia. E' qui che si è disputato per più tempo il GP degli Stati Uniti. Qui Innes Ireland, pilota allergico alla morfina e agli antidolorifici, ma non al whisky scozzese, ha firmato la prima vittoria personale e nella storia della Lotus nel 1961. Qui Phil Hill ha conquistato una fondamentale vittoria per il Mondiale del 1964 e quattro anni dopo Mario Andretti ha stampato la pole alla sua prima gara in F1 su un circuito che mai aveva visto prima (in gara però sarà costretto al ritiro). Nel 1969 Jochen Rindt festeggia la prima vittoria in F1. L'anno dopo gli verrà assegnato l'unico mondiale postumo nella storia della F1, proprio a Watkins Glen, grazie alla vittoria di Emerson Fittipaldi, al quarto GP in carriera, promosso titolare proprio dopo la morte dell'austriaco. Nel 1971 il circuito viene profondamente modificato, reso più lungo e più veloce. L'edizione 1973 entra nella storia per i motivi sbagliati. Jackie Stewart ha già deciso, all'insaputa di tutti, moglie compresa, che quello sarebbe stato il suo centesimo e ultimo gran premio in carriera. Ma non prenderà il via, e non correrà mai più, dopo l'incidente mortale di Cevert che vola oltre le barriere e viene praticamente tagliato in due. Vincerà Ronnie Peterson sul rampante James Hunt sulla March del team Hesketh. Passato alla McLaren, vincerà nel 1976, l'anno dell'unico mondiale vinto su Lauda, e nel 1977. Emozionante il successo di Gilles Villeneuve nel 1979, in una gara anticipata di mezz'ora per la concomitanza con la visita a Washington di Giovanni Paolo II. Il canadese argina la rimonta di Sheckter, 13mo al secondo giro ma quarto al settimo, sotto il diluvio, e conquista la quarta vittoria stagionale mentre Elio De Angelis ottiene i suoi primi punti iridati. Altrettanto memorabile la rimonta di Alan Jones l'anno successivo. Il britannico va largo alla prima curva, si ritrova 17mo da secondo ma riesce a vincere e completare la doppietta Williams con Reutemann secondo. Sarà l'ultimo gran premio a Watkins Glen.

Viva Las Vegas – Dal 1976, intanto, si correvano due gran premi negli Usa, che diventano la prima nazione dopo l'Italia nel 1957 a ospitare due prove del Mondiale nella stessa stagione. Si corre a Long Beach, dove Gilles Villeneuve completa il primo e unico Grand Chelem della sua carriera (pole, vittoria e giro veloce) comandando dal primo all'ultimo giro. Per due anni poi, nel 1981 e nel 1982, si corre anche a Las Vegas, tra le colonne fasulle e i figuranti travestiti da centurioni romani nel parcheggio del Caesars Palace, uno dei casino più noti al mondo. E' un circuito che sembra un pettine a tre denti, che Mario Andretti definisce "niente più di una pista per i go kart". La prima edizione la vince Alan Jones, che conquista così l'ultimo suo successo in F1, con Bruno Giacomelli sul podio per la prima e unica volta in carriera e Nelson Piquet che celebra il suo primo titolo mondiale. L'anno successivo Michele Alboreto vince la sua prima gara in F1 e riporta al successo la Tyrrell dopo 4 anni, 4 mesi e 18 giorni, per un totale di 71 gran premi di astinenza (ultimo successo nel Gran Premio di Monaco 1978 con Patrick Depailler). La Ferrari schiera al via Mario Andretti, all'ultimo GP in carriera, e Patrick Tambay che però non parte per i problemi al braccio destro che già lo avevano costretto al forfait in Svizzera. Si ritira anche Andretti, ma il Cavallino può comunque festeggiare il settimo titolo costruttori. Alboreto tornerà a vincere l'anno dopo, nel 1983, a Detroit, un successo che convincerà Enzo Ferrari a disobbedire al suo imperativo di non ingaggiare piloti italiani e a portarlo a Maranello.

Indianapolis – Il nuovo millennio riporta la F1 in uno dei templi della velocità mondiale, l'Indianapolis Motor Speedway. Nel 2000 ci sono 225 mila spettatori ad assistere al trionfo di Michael Schumacher su Mika Hakkinen: è la seconda delle quattro vittorie consecutive che lo porteranno al suo terzo titolo mondiale. Schumi è il più titolato, con 5 successi a Indianapolis, e avrebbero potuto essere sei senza l'arrivo del 2002, con Barrichello che gli arriva davanti per sette centimetri, 11 centesimi. Schumacher è già campione del mondo, la Ferrari ha già vinto il titolo costruttori, ma quell'arrivo sulla Brickyard passa comunque alla storia. “Non avevamo previsto nulla per la fine della gara” ha detto Schumacher. “Abbiamo cercato di passare insieme il traguardo ma non ce l’abbiamo fatta per un pelo, tanto è vero che non sapevamo chi avesse vinto fino a quando non siamo scesi dalla macchina. Ho pensato che Rubens meritasse di vincere questa gara: si è sacrificato per me almeno un paio di volte quest’anno e credo di averlo ripagato”. Che l'abbia voluto o no, Barrichello si prende una personale rivincita dopo il contestato ordine di scuderia che gli ha tolto la vittoria al GP d'Austria: all'A1 Ring il brasiliano, a pochi metri dall'arrivo, ha fatto passare Schumi che poi gli ha lasciato il primo gradino del podio. La FIA multerà la Ferrari di un milione di euro e vieterà gli ordini di squadra. Passa alla storia anche l'edizione 2005, il GP per pochi intimi con solo sei macchine al via e Schumacher ancora primo davanti a Barrichello sulle F2005. Tutte le vetture gommate Michelin hanno infatti deciso di abbandonare la corsa perché gli pneumatici non reggono all'alta velocità in curva. Nel 2007 la F1 abbandona Indianapolis, e per cinque anni lascia gli Stati Uniti. L'ultima corsa nell'Indiana la vince Lewis Hamilton, che domina anche la prima a Austin, Texas, nel 2012, prima del trionfo dell'anno scorso di Vettel. Chi sarà il prossimo?

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