Da Schwantz a Marquez, il Mondiale corre sul filo della (s)correttezza
Un pilota non porta mai pensieri pesanti, cantava Ivano Fossati, che sarebbero già da soli tutto carico in più. Ma ogni regola ha la sua eccezione, ogni limite ha una pazienza. Così anche il motociclismo ha la sua storia di provocazioni, sportellate, duelli al primo sangue e alla prima caduta.
Rainey e Schwantz – A suo modo memorabile nell'era moderna il Marziano Kenny Roberts, campione del mondo della 500 dal 1979 al 1981. Il pilota che veniva da molto lontano a portare un cambio di paradigma: colre, motor-home, ginocchio a terra, derapate: un asso pigliatutto. Poi arrivano, sulla sua sua splendida Yamaha giallo-nera, arrivano Randy Mamola, Freddie Spencer, Eddie Lawson, John Kocinski. E gli ultimi dei grandi americani, Wayne Rainey e Kevin Schwantz. Il loro è un duello iniziato con le Superbike negli States, poi si sposta in Europa con i due titoli Mondiali spartiti fra il 1989 e il 1990.
Un anno dopo Rainey domina, Schwantz deve andare al di là del normale, deve esagerare, cercare il colpo di genio in un duello quasi mitologico, botte in pista e birra insieme fuori. “Andare in moto è la cosa più divertente da fare con i vestiti” diceva Rainey. Un duello che trova il suo apice a Hockenheim, ancora nella sua versione classica con il rettilineo infinito nel bosco rallentato, si fa per dire, dalle chicane, prima di entrare nel Motodrom, nello stadio, tra il pubblico, in un misto stretto bello e spettacolare. Schwantz entra per primo, Rainey esce attaccato el Motodrom, lo passa ma Schwantz non perde terreno e si inventa il sorpasso della vita, uno dei cinque capolavori della storia della 500.
Il duello finirà nel '93 a Misano, il 5 settembre con la caduta di Rainey mentre era primo con Schwantz dietro: resterà per questo paralizzato. "Siamo stati amici prima del suo incidente, quando abbiamo iniziato nell'86, poi l'ho odiato, e volevo ucciderlo, perchè non si può mai lasciare vincere il tu peggior nemico. Poi abbiamo chiuso la carriera di nuovo in amicizia". Inoltre tanti dicono che Kevin non avrebbe mai vinto il mondiale senza la caduta di Wayne a Misano: "Stavo vincendo a Donington ma Doohan mi buttò a terra. Con questa caduta Wayne si avvicinò a tre punti e fece le ultime quattro gare spingendo tantissimo. Se Doohan non mi avesse fatto cadere ora Rainey non sarebbe in sedia a rotelle".
Capirossi vs Harada – Quando poi la volontà di precisione smette di combinarsi con il pensiero veloce, quando la testa rallenta e il cuore cammina in quei luoghi luoghi dove il bisogno di violenza è molto più forte della volontà, si raggiungono punte di frizioni come il duello Harada-Capirossi nel 1998. I due si ritrovano in lotta in 250 come cinque anni prima, quando il nipponico vinse il titolo con 197 punti, 4 in più di Capirex. A Le Castellet, la superiorità dell'Aprilia permette a Rossi e al giapponese di "giocare" per la vittoria. Harada finge di arrivare lungo a una curva, Rossi si ferma facendolo passare poi platealmente sul rettilineo. Capirossi, dopo una partenza sbagliata, ci resta male quando, dopo aver rischiato una caduta, si e' accorto dello spirito con cui gareggiavano i compagni. Harada arriva all'ultima gara in Argentina con il titolo ancora in bilico. Il testa a test con Capirossi è storico. Ultimo giro, ultima curva e… entrata da brivido, ecco il contatto.
Una caduta causata da un ingresso deciso, aggressivo, di Loris Capirossi, che porta i due rivali troppo vicini. Al punto che Harada finisce rovinosamente a terra, privato così della gioia mondiale. A gara conclusa, nonostante il veto dell'Aprilia, Harada presenta reclamo ai commissari accusando il compagno di squadra di "comportamento antisportivo". Dopo lunghe discussioni, il pilota romagnolo viene squalificato ma, anche senza i 20 punti di Buenos Aires, ne ha comunque 4 in più di Valentino Rossi. "Io il campionato l'ho vinto dopo un anno di sacrifici. Delle polemiche non mi interessa nulla perche' gia' fra un paio di giorni tutto sara' dimenticato e sull'albo d'oro ci sara' il mio nome". "Ci sono poche parole per esprimere la mia amarezza, mi lamento del comportamento di Capirossi, non mi era mai successa una cosa cosi” commenta Harada, che invano avvia una lunga trafila davanti alla giustizia sportiva.
Rossi e Gibernau a Jerez – Peraltro nemmeno Valentino è nuovo a episodi come quello di domenica scorsa. Nel 2005, il Mondiale si apre a Jerez. Il rivale del Dottore è Sete Gibernau, della Honda del team privato Gresini, che viene da un secondo posto nel mondiale. Rossi parte in pole su una M1 velocissima ma lo spagnolo, nonostante tutto, riesce a restare incollato al Dottore fino allíultimo passaggio: nelle ultime otto curve del GP i due si scambiano più volte posizione. Alla penultima, Gibernau rintuzza l'ennesimo attacco e si appresta a percorrere in prima posizione l'ultima tornata a sinistra prima del traguardo.
Ma il Dottore entra, si infila alla corda forse un po' troppo veloce e rifila una spallata allo spagnolo che lo spinge fuori pista. Il resto è storia: trionfo in impennata mentre Gibernau a fatica difende il secondo posto. La scena al parco chiuso è glaciale: Rossi esulta coi suoi meccanici, Gibernau prova a chiedergli spiegazioni. E sul podio il gelo prosegue. Questo episodio, oltre a sancire la fine del rapporto disteso tra i due, definisce in maniera netta le forze in campo: Rossi vince altri dieci gran premi e il Mondiale, lo spagnolo si impegna ma getta la spugna e chiude solo con un opaco settimo posto.
Lorenzo vs Marquez – E sempre a Jerez la storia si ripete, nel 2013. Stesso posto, stessa curva, ma protagonisti diversi. A prendere il posto di Sete Gibernau è Jorge Lorenzo che riceve la carenata da Marc Marquez. A differenza del sorpasso di Valentino, in questa occasione Marquez va un po' troppo lungo. “La mia intenzione non era appoggiarmi, era sorpassarlo” dirà. “Ho imparato dal video con Valentino e Gibernau, anche Pedrosa l’ha fatto qualche volta lì, ho provato a fare questo sorpasso all’ultimo giro, ho provato a fare il 100%. Mi dispiace per Jorge perché è un grandissimo pilota ma penso che è stata un’azione di gara che è già successa tante volte”.
Tremendamente contrariato Jorge Lorenzo, che risponde: “Ho fatto un errore nel non chiudere la porta. Pensavo che in seguito all’errore precedente, Marc fosse troppo lontano e che non mi avrebbe preso, però è successo quello che è successo”. Di sicuro, nella linea sottile che divide l'irruenza dalla scorrettezza, è difficile giudicare sempre allo stesso modo. E forse si potrebbe cominciare a valutare le conseguenze insieme alle intenzioni.