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MotoGP: tutte le sfide a Termas de Rio Hondo, fra tecnica e velocità

C’è una mente italiana dietro il circuito argentino che ospita la seconda prova del Mondiale. 14 curve, otto frenate e un rettilineo lungo oltre un chilometro delineano un layout non banale. L’asfalto, abrasivo, è stato rifatto in alcuni punti. Le incognite aumentano. Michelin porta quattro tipi di mescole.
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La MotoGP attraversa l'oceano e per il quinto anno sbarca a Termas de Rio Hondo, il tracciato argentino sul fiume Dulce. Lungo 4.806 metri, con nove curve a destra e cinque a sinistra, presenta sfide diverse al Qatar anche se le moto non richiedono particolari cambiamenti di setup rispetto alla prima gara del Mondiale. È una pista tecnica, che sollecita particolarmente le gomme, soprattutto quella anteriore, per l'asfalto abrasivo, rinnovato quest'anno in alcune parti. La pista, però, è spesso sporchissima al venerdì per cui i livelli di grip rimangono decisamente bassi nelle prime sessioni di libere e tendono ad alzarsi nel corso del weekend.

Il circuito

Il circuito, inaugurato l'11 maggio 2008 con una prova del Turismo Carretera davanti a 65 mila spettatori, è stato ridisegnati nel 2012 dall'architetto italiano Jarno Zaffelli, la risposta emiliana a Tilke. Il titolare dello studio Dromo di Reggio Emilia, che come Trulli si chiama così in onore di Saarinen, morto a Monza il 20 maggio 1973 nell’incidente costato la vita anche a Renzo Pasolini, analizza 4mila incidenti all'anno per progettare circuiti con standard elevati di sicurezza anche in termini di barriere e vie di fuga.

Termas de Rio Hondo, spiegava a Performance Magazine nel 2014, “è’ un circuito molto veloce, con un layout che sembra facile, banale. Ma non lo è. È stato progettato per essere una bella pista, non una per auto o per moto, ma con in mente i due mondi”. Non è una pista particolarmente impegnativa per i freni, confermano anche i tecnici Brembo che hanno assegnato un indice di difficoltà 3, come Losail, su una scala da 1 a 5. Alle 14 curve, infatti, corrispondono solo 8 punti di frenata: solo Phillip Island (sei), Spielberg e Sachsenring (sette) ne richiedono di meno. I piloti, così, si ritrovano a usare il freno per 30 secondi a giro, che vuole dire il 30% del tempo, come a Barcellona e Misano.

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Un giro di pista

La nuova configurazione del tracciato ha rinnovato molto la prima curva, che rappresenta una delle frenate più impegnative del circuito. Dopo il traguardo, in 240 metri di spazio, i piloti della MotoGP passano da 271 a 106 kmh, con una decelerazione di 1,2g per affrontare una lunga, interminabile curva a destra. La curva 2, a sinistra con banking variabile, si affronta con il ginocchio sull'asfalto e con la consapevolezza di poter sacrificare la pulizia della traiettoria per un beneficio successivo, alla 3 dove si frena per appena 50 metri. Sbagliare la curva 2 vuol dire uscire troppo larghi alla successiva e perdere velocità di punta alla fine del primo settore, e iniziare in svantaggio il rettilineo più lungo, 1076 metri, interrotto sotto dalla piega alla curva 4.

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Alla curva 4 la frenata più impegnativa

Il back-straight si chiude con la curva più difficile del tracciato. Le moto della classe regina raggiungono i 324 kmh prima del tornantino che obbliga i piloti a scendere sotto gli 80 facendo ricorso ai freni per 6,1 secondi, in cui percorrono 316 metri, con un carico sulla leva di 6,3 kg. Il tornante “immette subito dopo in un curvone da quinta piena in discesa, fatta apposta per lasciare gomma sull’asfalto” spiegava Zaffelli. La 6 inaugura il terzo settore, il più guidato. Si affronta in quarta, in graduale ma costante accelerazione, e conduce alla 7, con un punto di corda falso, che compone con la 6 una doppia a destra da pensare come un curvone unico con diverse possibilità di traiettoria.

Curve 9-11, dove conta la perfezione

La curva successiva, dall'entrata cieca in leggera salita, è uno dei punti più delicati della pista. I piloti devono cambiare direzione in discesa, per proseguire lungo la 10, una curva negativa, e la undici, da affrontare in quinta con la moto tenuta piuttosto a lungo solo sulla spalla sinistra delle gomme. Sbagliare la prima della sequenza comporta un rallentamento eccessivo in questo curvone interminabile. Arrivare al massimo della velocità, però, costringe i piloti a un esercizio di pensiero veloce e assoluta precisione alla 13, ad arco catenario, con elevati gradi di libertà di interpretazione. Qui i piloti frenano per sei secondi, da 245 a 70 kmh, e si preparano per l'ultima frenata e l'ultima curva, questa però a traiettoria obbligata. È l'ultimo cambio di direzione, a sinistra, che entusiasma i tifosi sulle tribune e lancia i piloti verso l'arrivo.

Le gomme: Michelin porta quattro mescole

Per l’appuntamento in Sud America, Michelin mette a disposizione quattro tipi di gomme da asciutto: una tipologia di mescola morbida, due di medie, una gomma dura. Due le combinazioni possibili all'anteriore, due i rivestimenti interni tra cui scegliere al posteriore.

“Il circuito argentino ci ha fatto fronteggiare già numerose sfide” ha spiegato Pietro Taramasso, responsabile Michelin divisione due ruote. L'incertezza sulle caratteristiche delle parti riasfaltate e sulle condizioni meteo, ha spiegato, ha indotto il fornitore ufficiale a “proporre ai team quattro diverse opzioni di gomme sia all’anteriore che al posteriore. Grazie all’esperienza accumulata dal nostro ritorno in MotoGP, crediamo di aver portato i giusti compounds per il circuito di Termas e speriamo di vedere dei tempi molto veloci durante questo week-end”.

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