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Claire Williams, ritratto della first lady della Formula 1

La figlia di sir Frank è l’unica donna team principal insieme a Monisha Kaltenborn, della Sauber. Claire Williams ha iniziato la sua carriera da addetto stampa a Silverstone. Decisivo il suo apporto nel contratto tra Williams e Martini. Storia di una donna e di una famiglia fuori dal comune.
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Durante il funerale di mamma Virginia, Claire Williams fissava una farfalla che era entrata in chiesa e l'ha seguita fino a casa. Claire adorava le farfalle. Per questo ora che è diventata team principal della scuderia fondata dal padre, sir Frank, nel 1969, ha voluto che ce ne fosse sempre una dipinta sulle monoposto della squadra. Non è facile essere donna in un mondo di uomini e motori, non è facile essere una team principal donna con un cognome così pesante. Ma la sua è stata “a different kind of life”, una vita diversa, che non a caso è il titolo dell'autobiografia di Virginia Williams, il racconto di cosa abbia significato essere la moglie di un uomo così importante paralizzato dal 1986 per un incidente. È il racconto di una donna forte, che ha lottato per lui fin da quando era stato abbandonato in una corsia d'ospedale, in Francia, che ha lottato con lui e contro il cancro che però ha vinto la sua battaglia l'8 marzo 2013, la Festa della donna e il 27mo anniversario dell'incidente che tiene Sir Frank inchiodato su una sedia a rotelle. Quella di Claire è una vita diversa perché la Williams è una scuderia diversa. È sempre stata un affare di famiglia, in cui Sir Frank ha messo nome, soldi, reputazione ma spesso era proprio Lady Virginia ad avere l'ultima parola nella scelta dei piloti. Una volta, ha raccontato Claire all'Independent, l'ha convinto a scartarne uno, che secondo lei non sarebbe mai diventato un campione perché si rifaceva il letto. E oggi ha voluto anche una pilota, Susie Wolff, che lavora al simulatore e a Silverstone potrà finalmente scendere in pista durante le prove libere.

Donne e motori – Al di là di quanto saggezza popolare induca a credere, il binomio donne-motori ha una storia antica. Un fascino che inizia negli anni '30 quando la canadese Kay Petre e la britannica Gwenda Stewart, che guidava ambulanze durante la prima guerra mondiale, hanno più volte migliorato il record sul miglio lanciato. Nel 1935, poi, Stewart firmerà il record di velocità sul giro a Broklands, 218.8 kmh. È italiana, invece, la prima donna in Formula 1. Maria Teresa de Filippis, appassionata di cavalli, si avvicina alle corse quando due dei suoi tre fratelli scommettono con l'altro che “Maria non sarebbe capace di guidare veloce”. Si sbagliano, però, perché “Pilotino”, questo sarà il suo soprannome, vince già alla seconda gara cui prende parte, la Salerno-Cava de' Tirreni nel 1948. Debutta in Formula 1 nel 1958, come privata su una Maserati. Non si qualifica a Montecarlo, arriva decima in Belgio, suo miglior risultato, non entra in griglia in Portogallo e si ritira a Monza. Ricorda un solo caso di discriminazione, al GP di Francia del 1958, quando il direttore le vieta di partecipare perché, dice, “le donne possono indossare un solo casco: quello del parrucchiere”. Non aveva ancora visto la “Tigre di Torino”, Lella Lombardi, l'unica donna ad aver conquistato un punto in F1, o meglio mezzo punto, al GP di Spagna del 1975. Due anni dopo Janet Guthrie è la prima a correre a Indianapolis, dove prima le donne nemmeno potevano entrare nel paddock: nel 2000 sullo storico circuito ci sarà per la prima volta una donna in testa alla corsa, Danica Patrick. Le donne, però, si vedono anche fuori dalla pista. Negli anni '60 Bettie Hill era al muretto a prendere i tempi del marito Graham, due volte campione del mondo, e dei compagni di squadra Jim Clark e Jackie Stewart. Sarà l'unica ad avere in famiglia un marito e un figlio campioni del mondo. Nel 1993 la Sauber nomina la prima team manager donna, Carmen Ziegler, e nel 2012 la prima team principal donna, Monisha Kaltenborn.

La scalata di Claire Williams –Laureata in scienze politiche a Newcastle, Claire Williams ha iniziato come addetta stampa proprio al circuito di Silverstone. “Amo quella pista” ha raccontato, “mi elettrizza sempre ripensare ai nostri giorni gloriosi lì grazie a Damon Hill e Nigel Mansell. Non solo è un circuito tradizionale, ma è anche nel Regno Unito e rappresenta l’opportunità per tutti i ragazzi che lavorano per i team che hanno la sede nei dintorni di venire a vedere la corsa”. Nel 2003 è entrata nella scuderia di famiglia, nonostante papà Frank le avesse suggerito di non farlo. “Nel corso degli anni però ho lavorato mettendoci il doppio dell’impegno per dimostrargli che potevo meritarmi un posto in squadra. La perseveranza e la determinazione sono sempre state le mie armi migliori, mi sento sempre come se dovessi lavorare un po’ più duramente di chiunque altro, per dimostrare che mi merito la posizione che ho raggiunto”. Ha iniziato nella comunicazione, fino a entrare nel Cda nel 2012, come rappresentante della famiglia Williams, e ora al ruolo di team principal. Di scelte, finora, ne ha sbagliate davvero poche. Ha voluto Pat Symonds come direttore tecnico e Mike O'Driscoll come amministratore delegato, ha avuto un ruolo decisivo nella firma dei nuovi contratti di sponsorizzazione con Petrobras, Banco do Brasil,Genworth e soprattutto Martini, ha riportato la scuderia di famiglia a occupare tutta la prima fila per la prima volta dal 2003. “In pista suppongo di essere un po’ come la ragazza-capo” ha raccontato. Non sono coinvolta nelle attività della macchina o nelle istruzioni di gara (abbiamo tantissimi ingegneri di talento che sono più qualificati di me per farlo) ma c’è sempre qualcuno che viene a chiederti la tua opinione. Devi essere concentrata su tante direzioni diverse”. Per questo, forse, ha sviluppato quel senso dell'ordine che ha definito “ossessivo-compulsivo”, l'unica cosa che vorrebbe cambiare di se stessa.

Forse non tutti sanno che – Non cambierebbe per niente al mondo, invece, il suo tè Earl Grey, i suoi venerdì a casa a base di gelato e commedie romantiche (ha un debole per Kate Hudson, Anne Hathaway, Drew Barrymore), i massaggi alla Spa “The Vineyard” a Stockcross. Si auto-definisce una campionessa a Scarabeo, passatempo preferito anche della mamma. Non è una grande appassionata d'arte, la più bella opera che abbia mai visto, confessa, è la FW14B, la Williams di Mansell del 1992. Un solo neo connota la vita della donna più potente nella Formula 1 moderna: non sa parcheggiare bene in retromarcia.

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