F1, Ecclestone e Monza: non possono contare solo i soldi
Tanto rumore per… 10 milioni. Non è questione di appeal, non è questione di storia. La “guerra” di parole fra Bernie Ecclestone e l'autodromo di Monza, il cui contratto con la Formula One Management per far parte del Mondiale di F1 fino al 2016, ha una sola, semplice ragione. La spiega Enrico Bendinelli, che Ecclestone ha imposto alla dirigenza di Monza come suo interlocutore nella trattativa. “Il problema di Monza è che ha un vecchio contratto, meno vantaggioso per Ecclestone”. Monza, adesso, paga circa 15 milioni per iscriversi al campionato mentre il Red Bull Ring, per esempio, ne ha sborsati 25. “Lui la rende molto nuda e cruda: avete i soldi, venite e pagate” ha commentato Ivan Capelli, che è candidato della lista Lista n°1 Sport & Rinnovamento per il Consiglio dell'Automobile Club Milano. “Sinceramente non la vedo così perché di soldi ce ne sono sempre di meno, lui ne chiede sempre tanti a chi può chiederli e accetta dei compromessi per chi sa che, comunque, gli fornisce un valore aggiunto. Monza, dal mio punto di vista, dal calendario a Ecclestone e a tutta la F1, dà quel valore aggiunto. È un compromesso”.
Il Grande Venditore – Ecclestone ha sempre dimostrato doti commerciali fuori dal comune, da quando ha iniziato a vendere accessori per moto e residuati militari della Seconda guerra mondiale. Con Monza, cedendo per un attimo al fascino della psicanalisi d'accatto, ha un rapporto conflittuale almeno dal 1970: all'epoca, infatti, era manager di Jochen Rindt, il pilota austriaco della Lotus che morì in un incidente alla Parabolica. Nel 1974 Bernie fonda la Foca, l’associazione dei costruttori, e anni dopo introduce il primo Concorde Agreement che stabilisce definitivamente la pace tra le scuderie europee e quelle inglesi. Da quel momento è iniziata la sua inarrestabile ascesa che ha sempre portato la Formula 1 dove la portano i soldi, che ora raggiungono cifre vicine al miliardo e mezzo di dollari, di cui ora la fetta più grossa va alle scuderie. Il metodo di trattativa di Ecclestone è sempre lo stesso: si parte con una grossa sparata, forte dell'esistenza di una o più alternative.
Via da Monza? – E' quello che è successo anche in questi giorni riguardo al futuro dell'autodromo di Monza, sempre presente nel Mondiale del 1950, ad eccezione del 1980 quando il GP d'Italia si corse a Imola. “Non credo che faremo un altro contratto, il vecchio è stato un disastro per noi dal punto di vista commerciale. Dopo il 2016 bye bye…” ha detto la scorsa settimana. L'Italia, ha aggiunto, ha perso appeal, “le audience sono più basse che altrove”, anche per i piazzamenti deludenti delle Ferrari. Ha giocato d'anticipo, ha lanciato il suo messaggio. Dal punto di vista commerciale, di alternative ne ha: dai turchi a Le Castellet, dall'Azerbaijan fino al Mugello che, in caso di mancato rinnovo con Monza, sarebbe ben visto da Luca Cordero di Montezemolo. Però Ecclestone, come spiega il presidente dell'ACI e vicepresidente della FIA Angelo Sticchi Damiani, “il Mugello è un circuito all’avanguardia ma Monza è un ‘must’. Il presidente della FIA Todt sa che Monza è un valore aggiunto”.
Valore aggiunto – Monza è la storia, è la folla oceanica sotto al podio, un pubblico caldo e partecipe molto diverso dalle sagome dipinte sui seggiolini che si vedono in Turchia o in Malesia, è un circuito vecchio stampo, diverso dai moderni “Tilkodromi”. Un circuito che richiede investimenti importanti ai team, che devono strutturare la macchina in maniera specifica solo per questo circuito, Ma il valore aggiunto di Monza non è solo quell'atmosfera elettrizzante e unica, per molti aspetti analoga a quella che si respira a Silverstone e che ha prodotto la corsa certamente migliore del Mondiale 2014. E gli stessi piloti hanno fatto chiaramente capire che abbandonare Monza è impensabile. Quest'anno, poi, dopo le critiche sui motori ibridi silenziosi, la noia, le regole cervellotiche, potrebbe regalare alla F1 un messaggio pubblicitario rigenerante. È più che probabile, infatti, che si superi il record di velocità di Montoya di 369 kmh e si tocchino i 370. Una cifra tonda che sarebbe un veicolo straordinario per restituire l'immagine di una F1 come imprescindibile riferimento tecnico e non solo come circo e divertissement per miliardari un po' agé. In più, considerato che l'Italia è il maggior contribuente della FIA e ha un peso specifico grazie alla Ferrari, togliere il GP vorrebbe dire fare del male a tutto questo sport. E con i malumori attuali del Cavallino, con le velate minacce poi smentite di lasciare la Formula 1, lasciare l'Italia potrebbe non essere la strada migliore da percorrere per continuare ad alimentare il circus.
Riavvicinamento – Ora siamo già passati alla fase due della trattativa. “Ho parlato con i dirigenti qualche anno fa per spiegare quali sarebbero dovuti essere i termini” ha detto Ecclestone a Sky, “e sarebbero stati uguali a quelli di tutti gli altri gran premi in Europa, devono soltanto firmare questo contratto e accettarlo. Per quanto mi riguarda io ho una penna: se loro hanno i soldi li portino”. Certo, anche l'autodromo di Monza avrebbe bisogno di un rilancio, di incentivare una fruizione maggiore al di là della settimana del GP, di iniziative collaterali che ne rinforzino la situazione economica. Perché è indubbio che sia la F1 a tenere in piedi l'autodromo, ma è altrettanto vero che non dipendere solo dalla F1 consente una maggiore forza contrattuale nelle trattative con la FOM. Alla fine, comunque, la sensazione è che l'accordo si farà, magari trovando un punto d'incontro a 20 milioni dal 2017.