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F1, Marussia: a Monaco due punti da 40 milioni

Grazie a Bianchi, la Marussia ha conquistato i primi punti della sua storia. Solo la Caterham è ancora a quota 0 dopo 45 GP. E’ la serie più lunga senza piazzamenti a punti dopo i 56 della HRT. Breve storia degli avventurieri della Formula 1 dalla “Balena”, la Eifelland, alla Andrea Moda.
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Investire 2 mila dollari e ricavarne 40 milioni. Alla roulette del Casinò, a Monaco è uscito il numero vincente della Marussia. Jules Bianchi, nonostante le tre penalizzazioni, ha portato i primi punti nella storia della scuderia. Due punti che potrebbero tenere la Marussia tra il nono e il decimo posto nella classifica costruttori a fine stagione, alla luce del pessimo rendimento della Caterham e dell'inattesa debacle Sauber: un piazzamento che porterebbe nelle casse del team almeno 40 milioni di dollari. Niente male, considerato che dopo il GP di Spagna, ha confessato il direttore sportivo Graeme Lowdon, “sono stati spesi appena 2.000 dollari per lo sviluppo della macchina”. Bianchi ha lasciato così alla Caterham l'indesiderato primato di unica scuderia del Mondiale a non aver mai ottenuto punti nella sua storia in Formula 1. La scuderia britannica è seconda per numero di GP in F1 senza arrivare a punti, 45, dietro la HRT (Hispania Racing Team) che ha partecipato a 56 corse senza andare oltre il 13° posto di Liuzzi al GP del Canada 2011. Sono solo le più recenti eredi, però, di una tradizione di pionieri, di avventurieri, di improvvisatori che dai ruggenti anni Settanta hanno scritto la contro-storia della Formula 1 tra bizzarrie dimenticate e qualche buona idea.

Dalla Balena ai kamikaze – Idee come “The Whale”, “la Balena”, al secondo la Eifelland E21, la macchina più “pazza” nella storia della F1. Progettata da Lutz “Luigi” Colani, che ha frequentato l'Accademia di Belle Arti a Berlino e studiato aerodinamica alla Sorbona a Parigi, che ha disegnato la Colani Alfa Romeo, prima vettura a scendere sotto i 10 minuti al Nurburgring e nel 1971, dal castello in Westfalia in cui vive, parte alla conquista della Formula 1. Il produttore tedesco Gunther Hennerici acquista una March 721 a motore Cosworth, che Colani trasforma con linee ovoidali, una presa d'aria sulla parte alta del musetto e lo specchietto retrovisore davanti al pilota, in posizione centrale. Dopo otto gare senza risultati di rilievo, il migliore resta l'onorevole decimo posto di Stommelen a Jarama per il GP di Spagna 1972. la Balena lascia per sempre la F1. L'anno successivo Ron Dennis, allora manager solo della Rondel in F2, rimanda l'ingresso in F1 per mancanza di fondi. Vende il suo progetto a due inglesi, il mediatore marittimo Tony Vlassopoulo e Ken Grob della Lloyds. Nasce così la Token, che però regge per appena tre GP prima di crollare per cronici problemi alle ruote. Quasi altrettanto folcloristico è il coinvolgimento dei due giovani ingegneri giapponesi Kenji Mimura e Masao Ono. Con un gruppo di meccanici anche loro ventenni, riescono a coinvolgere e convincere il pilota neozelandese Howden Ganley, senza un volante per il 1974 dopo un passato in BRM, March e Williams, che all'inizio pensa a uno scherzo telefonico. La sua carriera di pilota, però, finisce alla seconda gara in Maki, tradito dalla sospensione posteriore alla Hatzenbach, un paio di chilometri dalla partenza del giro di qualifica al Nurburgring, due anni dopo teatro dell'incidente a Lauda. La Maki si qualifica solo una volta, nel GP d'Olanda del 1975, ma solo perché gli organizzatori decidono di ammettere tutti e 25 i piloti: in ogni caso non potrà partire per la rottura del motore Cosworth. La macchina viene affidata all'inglese Tony Trimmer che non riesce mai a qualificarsi. Nell'ultima apparizione, l'unica della stagione 1976, in Giappone, arriva ultimo a 18 secondi dal poleman Mario Andretti. Nel 1977, Arturo Merzario, dopo l'esordio in Ferrari e due anni in Williams, decide di creare una sua scuderia. Lo scenario, però, sta cambiando, e lo spazio per i team artigianali si riduce. Nel 1978 corre con una macchina tutta sua, la A1, che conquista la decima fila al debutto in Argentina, ma in gara è costretta al ritiro per un problema al differenziale. Si qualifica sette volte, ma arriva al traguardo solo una, in Svezia, a 8 giri dal vincitore. Nel 1979 tenta anche di acquisire il telaio della tedesca Kauhsen, trova uno sponsor inusuale, un'agenzia di pompe funebri, ma la stagione è disastrosa: due partenze, due ritiri, una lista infinita di incidenti e motori esplosi. La Arturo Merzario si consegna alla storia.

Fallimento Eurobrun – Nel 1987 vede la luce la scuderia che ancora oggi ha il record imbattuto di eliminazioni in qualifica e pre-qualifica, la Coloni, per un periodo motorizzata Subaru, che ha retto comunque 4 anni e mezzo, ha partecipato a 81 GP e raggiunto anche un ottavo posto in Canada nel 1988 con Gabriele Tarquini. Nasce su basi piuttosto precarie anche la Eurobrun l'anno successivo. L'iniziativa è del pilota argentino Oscar Larrauri, protégé di Fangio, ex campione di F3 europea con la Euroracing di Giampaolo Pavanello nel 1982, che ha ottenuto qualche successo con le Porsche del team di Walter Brun, imprenditore che ha fatto fortuna con le slot machine, nel mondiale Endurance. Larrauri riesce a mettere insieme i due team: nasce la EuroBrun, ovviamente con l'argentino prima guida, che partecipa al Mondiale di Formula 1 1988. La partenza, nel 1988, è incoraggiante: due macchine su due qualificate al GP del Brasile. Finisce con due ritiri. La storia della EuroBrun è tutta qui: in qualifica va benino, in gara perde pezzi. Stefano Modena arriva 5 volte al traguardo, Larrauri due, tanto che vorrebbero sostituirlo con Christian Denner, che però non entra nell'abitacolo. L'anno dopo la Eurobrun presenta una sola vettura, affidata a Gregor Foitek, che in 11 gare non vede mai nemmeno la griglia di partenza. Torna Larrauri, che manca 5 pre-qualifiche su cinque. Nel 1990 con un motore Judd e un telaio Alfa Romeo progettato nel 1984, infila una serie infinita di qualifiche mancate e saluta la Formula 1.

Life e Andrea Moda – Sono i brevi anni di vita della Pacific e della Life, che nel 1990 viene eliminata 14 volte su 14 GP in pre-qualifiche. Un progetto, quello della Life, nato già morto. L'imprenditore Ernesto Vita acquista l'ambizioso motore W12 disegnato dall’ex tecnico Ferrari Franco Rocchi, e il telaio disegnato dal brasiliano Richard Divila per la scuderia First, che però non ha mai visto la luce tanto che lo stesso progettista ha fatto causa per impedire che il suo nome venisse associato a quella monoposto. Al primo GP Gary Brabham, figlio di Jack, prende mezzo minuto dal più lento dei due piloti Eurobrun. Dall'Italia arrivano due delle storie simbolo di questa stagione. Epocale la Andrea Moda, che entra nel 1992 per volontà di Andrea Sassetti, industriale in cerca di pubblicità per il suo marchio di scarpe, acquistando telaio e licenza dalla Coloni. Al primo GP della stagione, in Sudafrica, però, non viene ammessa perché non ha pagato la tassa d’iscrizione per le nuove squadre, che Sassetti è convinto di non dover versare avendo acquisito la licenza da un team pre-esistente. In più, la FIA da quell'anno stabilisce che per partecipare al Mondiale bisogna progettare e costruire una macchina nuova. Chiede e ottiene da Nick Wirth, che sarebbe stato socio di Mosley alla Simtek, la squadra del compianto Ratzenberger, di costruire due macchine in tre settimane assemblando pezzi semi-pronti. Le monoposto, però, non arrivano in tempo per il GP in Messico. I piloti, Caffi e Bertaggia, si lamentano e vengono licenziati. Al loro posto arrivano Moreno (che guiderà anche la Forti), che si qualifica a Montecarlo dove dura 11 giri, e il futuro Stig di Top Gear, Perry McCarthy, che diventerà poi lo Stig di Top Gear. Sassetti verrà arrestato nel paddock del GP del Belgio con l'accusa di frode finanziaria e il team viene espulso “per aver danneggiato la reputazione della F1”. Ma non c'è solo l'epica surreale, c'è anche la storia del destino cinico e baro che si oppone al successo della grande incompiuta del nostro automobilismo, la Fondmetal.

Fondmetal, grande incompiuta – L'idea è di Gabriele Rumi, che era a Monaco il giorno dell'incidente mortale di Bandini ed entra in F1 come fornitore di cerchi per Ligier, Williams, e Tyrrell già nel 1985. Nel 1991, Rumi acquista quote dell'Osella, mantiene il team manager di quella squadra, Gianfranco Palazzoli, e scende in pista in prima persona. Le prime due gare sono un disastro. Il pilota Olivier Grouillard usa ancora la Osella dell'anno prima, evoluzione di quella del 1990. A San Marino, poi, debutta la Fomet1, un progetto ambizioso creato durante l'inverno in Inghilterra, nella struttura di Robin Herd, uno dei fondatori della March. La lotta per le pre-qualifiche è serrata, con Lambo, Coloni, Scuderia Italia, Brabham, Footwork e la neonata Jordan. Il potenziale della Fondmetal è alto, molto alto. In Messico, pista iper-selettiva in cui Senna prende un minuto dalle Williams di Patrese e Mansell, Grouillard centra il decimo posto in griglia. Ma il destino ha detto no a quella vettura. Blundell spegne il motore al via ma lo sbandieratore indica erroneamente il pilota Fondmetal, che deve partire dal fondo della griglia senza nessuna colpa. In Ungheria, Grouillard non si qualifica per un solo decimo dall’ultima posizione buona, quella di Mika Hakkinen. A Spa la Fondmetal va ancora bene, ma qualcosa si rompe all'Estoril. Grouillard rompe l'ennesimo motore, Rumi lo licenzia e chiama Gabriele Tarquini, che era in vacanza. Nel 1992, però, il disegnatore Herd vende il progetto Fomet2 alla Larrousse e Rumi per la seconda parte della stagione sceglie la macchina già pronta che Sergio Rinland aveva invano proposto alla Brabham. La velocità c'è, Tarquini fa registrare il terzo tempo assoluto in gara a San Paolo ma deve ritirarsi a pochi giri dalla fine, si qualifica undicesimo a Montreal e 15mo a Silverstone a due secondi dalla Ferrari di Capelli. Il problema è il motore, troppo poco affidabile: Rumi spende 18 miliardi di soli propulsori per coprire la stagione. In più, il 1992 è l'anno dell'avvento dell'elettronica, un passaggio che segna un'epoca. La “sfortuna” di fatto chiude l'avventura della Fondmetal. Un montone attraversa la pista al primo giro sul rettilineo di Budapest. Tarquini lo prende in pieno e la scuderia abbandona la F1.

Oggi – L'elettronica segna la fine dell'era degli avventurieri della F1. Da quel momento per gestire un team serve un grosso budget e una complessa equipe di ingegneri. Anche se qualche esperimento di team un po' improvvisato si è visto anche nella storia recente, dalla Spyker alla Virgin alla stessa Caterham. Ultimi capitoli di una contro-storia che non finirà mai, che ha ancora molte pagine da scrivere.

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