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GP Belgio, Ferrari: una festa mancata

A meno di due giri, Vettel era terzo. Splendida la rimonta di Raikkonen, che a Spa si esalta. Il finlandese risponde in pista alle critiche di chi non ha gradito il rinnovo del suo contratto. Le Mercedes restano però lontane, più di un secondo a giro.
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Meno di due giri, poco più di dieci chilometri. Tanto mancava a Sebastian Vettel per celebrare con un podio il 900mo gran premio nella storia della Ferrari in Formula 1. Ha scelto una strategia rischiosa, di fermarsi solo una volta, al 15mo giro, e portare lo stesso treno di gomme medie fino al traguardo. Non ha voluto cambiare tattica, non ha effettuato una seconda sosta nemmeno in regime di virtual safety car per il guasto alla Red Bull di Ricciardo. Chissà, forse ha scommesso sulla pioggia, che in effetti stava già cadendo pesante a qualche decina di chilometri da Spa, e sulla possibilità di avere a quel punto una sosta in meno dei rivali. Ma ha cominciato a temere quando Grosjean, con le gomme nuove, continuava a rubargli secondi e fiducia. Fino all’esplosione della posteriore destra, probabilmente troppo usurata. Un mistero più semplice da risolvere delle cause ancora incerte dello scoppio, sempre della posteriore destra, sulla Mercedes di Rosberg nelle libere. Nemmeno gli analisti forensi stile-CSI della Pirelli hanno dato una spiegazione chiara, ma nella riunione prima della gara con i piloti hanno escluso l’esistenza di un problema strutturale che avrebbe potuto mettere in discussione la sicurezza di tutti.

Strategia rischiosa – Resta il rammarico per un podio possibile, o quanto meno per un duello serrato per il terzo posto con il pilota francese della Lotus, che era ormai attaccato agli scarichi del tedesco. Chissà se Vettel sarebbe comunque riuscito a salvare il terzo posto senza lo scoppio della gomma. Si può comunque guardare in positivo a questa gara in ottica Ferrari. Penalizzata nelle ultime stagioni da scelte fin troppo prudenti e conservative, stavolta il team ha rischiato, ha tentato la mossa a sorpresa, che stava anche riuscendo, e anche questo è un buon segno per il futuro.

Raikkonen, bel settimo posto – E poi c’è il settimo posto di Kimi Raikkonen, che riluce molto più di altri piazzamenti simili. Su una delle piste più belle e difficili del Mondiale, Iceman risorge. Non si abbatte dopo una qualifica più che deludente, dopo il cambio della pompa dell’olio che l’ha costretto a sostituire la scatola del cambio e a perdere ulteriori posizioni in griglia. Nel caos della partenza ripetuta e dei problemi a Sainz e Hulkenberg, è scattato in diciottesima posizione ed è risalito fino a un settimo posto che sa di personale vittoria, che sa di riscatto, di risposta alle critiche. Certo, non basta per smentire chi ha letto come un matrimonio di interesse, nemmeno troppo proficuo, il rinnovo del contratto del finlandese oltre il 2016.

Mercedes sempre lontanissime – L’undicesima gara del Mondiale, comunque, ha confermato una verità a volte difficile da digerire. I tempi delle qualifiche danno spesso un’indicazione esatta del divario tra le scuderie, più ancora delle situazioni in gara, che possono essere maggiormente condizionate da fattori esterni e variabili impossibili da prevedere. E le qualifiche di Spa hanno detto chiaramente che tra le Mercedes e le altre, comprese le scuderie con le power unit di Stoccarda, c’è almeno un secondo di gap. Segno che le Frecce d’Argento hanno anche qualità eccelse nell’insieme della progettazione della vettura. La seconda vittoria stagionale, a Budapest, ha permesso al Cavallino di raggiungere almeno l’obiettivo minimo dichiarato a inizio stagione, e non era di sicuro scontato che Vettel ci sarebbe riuscito prima della pausa estiva e del giro di boa del Mondiale. Ma solo gli errori della Mercedes hanno permesso ad altri di scalfirne il dominio. Il lavoro da svolgere a Maranello su motore, elettronica e aerodinamica è ancora molto lungo. Perché la casa tedesca è partita prima nella cultura della propulsione ibrida, e si trova a vivere una delle stagioni “monocolore” che hanno sempre caratterizzato la Formula 1, dalle Lotus a effetto suolo a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, alle McLaren nell’era d’oro di Senna e Prost alle Ferrari con Schumacher.

La conferma di Raikkonen – Oggi la Ferrari è sì la “migliore delle altre”, ma è ancora una macchina non competitiva per lottare seriamente per le vittorie. E alcuni dei problemi di questa stagione nascono anche dall’affannosa ricerca di soluzioni un po’ più estreme per cercare almeno di ridurre il gap. La gara di oggi ha confermato come, pur con le ombre di una stagione non sempre all’altezza, pur con i cali di concentrazione che l’hanno zavorrato e portato a ottenere la metà dei punti di Vettel, Raikkonen mantiene punte di qualità notevoli. E che la scelta di confermarlo, alla luce dello sviluppo della macchina, molto più vicina alle sue caratteristiche, può essere una mossa di continuità visti i cambiamenti a livello di gestione sportiva della scuderia.

Il futuro della FDA – Tuttavia, ed è questo un aspetto di cui non si potrà non tenere conto nel futuro prossimo, le prime indicazioni, resta da capire quale valore abbia davvero la Ferrari Drivers Academy. Il programma per i giovani piloti non ha prodotto nemmeno uno dei titolari in F1 di questa stagione, e per il futuro né Leone né Marciello, i due “cavallini” più in vista nella FDA, sembrano poter avere delle occasioni, nemmeno nelle scuderie clienti della Ferrari (Marussia, Sauber e dall’anno prossimo la Haas). Non sarà una priorità nell’immediato, ma nella definizione delle strategie di lungo periodo per riportare il Cavallino dove merita di stare, ovvero nelle posizioni che contano, in lotta per il Mondiale, arriverà il momento di capire se ha senso mantenere il progetto FDA così com’è. E quel momento non è poi così lontano.

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