Chi è il Tazio Nuvolari di oggi?
“Nuvolari ha la maschera tagliente, di morire non gli importa niente… Nuvolari è cinquanta chili d’ossa, tre più tre per lui fa sempre sette!”. Così, con le parole di Roberto Roversi, Lucio Dalla ha reso omaggio al “mantovano volante”, come l'aveva ribattezzato Gabriele d'Annunzio. Nivola, l'altro suo soprannome, muore l'11 agosto 1953 per un ictus, ma da anni soffriva di problemi ai polmoni minati dalle tante sigarette e dai vapori di benzina. Al suo funerale il carro funebre (lo chassis di una macchina) sarà scortato da Alberto Ascari, Luigi Villoresi e Juan Manuel Fangio. Di Tazio Nuvolari, Ferdinand Porsche dirà: ‘‘è il più grande del passato, del presente e del futuro". Ma nel mondo delle corse di oggi esistono dei possibili eredi del miglior pilota dell'era pre-Mondiale?
Coraggio – “Nessuno accoppiava, come lui, una così elevata sensibilità della macchina a un coraggio quasi disumano” ha detto Enzo Ferrari. Un coraggio che l'ha spinto a imprese a metà fra realtà e leggenda possibili solo in quell'epoca irripetibile in cui si correva per rabbia o per amore. Impossibile pensare oggi di vedere un campione correre a fari spenti nella notte, e non per vedere se poi è tanto difficile morire, ma per sorpassare senza essere visto, vincere correndo ingessato sulla motocicletta o guidare con una chiave inglese al posto del volante. Inventore della derapata, Nuvolari abbordava la curva, racconta Enzo Ferrari, “puntando di colpo il muso della macchina contro il margine interno, proprio nel punto in cui la curva aveva inizio. A piede schiacciato faceva così partire la macchina in dérapage sulle quattro ruote, sfruttando la spinta della forza centrifuga” così quando la curva terminava “la macchina si trovava già in posizione normale per proseguire diritta la corsa, senza necessità di correzioni”. Capace di vincere una storica edizione della Coppa Vanderbilt, in America, senza cambiare gomme per 4 ore e mezza, Nuvolari è un'icona futurista che sembra rivivere nel sorriso di Dani Ricciardo, che come lui abbina coraggio e capacità di sentire la macchina, che come lui è rimasto in pista il più possibile con le morbide all'Hungaroring. E soprattutto che, come lui, ha umiliato i tedeschi. Perché tra le più belle imprese di Nuvolari c'è il trionfo al Nurburgring del 16 luglio 1935 sotto gli occhi di Adolf Hitler, accorso per assistere all’immancabile e preventivato trionfo della tecnologia tedesca, che invece deve inchinarsi al sorpasso del mantovano sulla Mercedes di von Brauchitsch all'ultimo giro. Gli organizzatori, certissimi del successo di uno dei loro, non avevano neppure il disco per suonare l’inno italiano che Nuvolari, invece, aveva portato nella sua valigia. Da quel giorno, per i tedeschi, il campione mantovano divenne “der Teufel”, il diavolo. Difficile non pensare, per analogia, all'australiano di origini siciliane, unico pilota capace quest'anno di rompere il dominio Mercedes nel Mondiale.
Eroe dei due mondi – Allargando lo sguardo, però, si possono individuare altri potenziali eredi. Autiere nella prima Guerra Mondiale, Nuvolari inizia con le moto, vince su una Harley Davidson 1000 al circuito del Belfiore nel 1921, soprattutto trionfa sotto la pioggia, fasciato e incerottato, il Gran Premio motociclistico delle Nazioni del 1925. Un aspetto che lo accomuna a John Surtees, l’unico uomo al mondo capace di vincere un mondiale di Formula 1 (con la Ferrari nel 1964) dopo e sette titoli nel Motomondiale (3 nella classe 350 e 4 nella 500), e a Valentino Rossi se mai dovesse dedicarsi con più dedizione al mondo delle quattro ruote dopo essere diventato il primo nella storia a raggiungere i 4000 mila punti nella classe regina del Motomondiale.
Leggende – In carriera, ottiene 91 vittorie sulle 308 gare disputate, l'ultima il 10 aprile 1950, quando aveva già 58 anni e i segni evidenti della malattia. Su una Cisitalia-Abarth 204A Sport Spider della Squadra Carlo Abarth, ha vinto nella classe fino ai 1100 cm³ Sport e il quinto posto assoluto alla cronoscalata Palermo-Monte Pellegrino, in Sicilia. Facile l'associazione con Michael Schumacher, che ha chiuso la carriera con una percentuale di successi praticamente identica, 91 vittorie in 306 GP, e gareggiato per l'ultima volta a 44 anni prima di lasciare per la seconda e ultima volta il mondo della Formula 1. Un'analisi della BBC dimostra che, se i punteggi attuali della F1 fossero sempre stati in vigore, il tedesco avrebbe conquistato più punti di tutti in una ideale classifica all time: un motivo in più per associare la leggenda di oggi al “più grande del passato, del presente e del futuro”.