F1, le 10 perle Ferrari in Brasile
Emozioni, ricordi, lacrime di gioia e di delusione, mondiali iniziati e finiti, vinti e solo accarezzati. Nelle dieci vittorie Ferrari in Brasile si dipana un filo rosso che accompagna la storia e le storie di una scuderia come nessun'altra.
Lauda 1976: inizia lo show – È il gran premio numero 265 nella storia del Mondiale di Formula 1. è la prima gara del campionato 1976, quella che diventerà “La” stagione. In Ferrari è arrivato Daniele Audetto in qualità di direttore sportivo al posto di Montezemolo. Il Cavallino presenta la 312T2, evoluzione della macchina dell'anno prima disegnata da Mauro Forghieri, senza le prese d'aria a periscopio per i nuovi regolamenti che limitano l'altezza totale della vettura, e un telaio più leggero. Il primo capitolo della rivalità tra il campione del mondo in carica Niki Lauda e James Hunt, passato alla McLaren grazie all'appoggio della Marlboro dopo la bancarotta della Hesketh, non ha storia. E sarà proprio Hunt ad agevolare la vittoria di Lauda, che al nono giro passa Clay Regazzoni. Lo svizzero fora e deve rientrare ai box. Il britannico fa “da tappo” su Jarier, terzo, e favorisce l'allungo di Lauda. La gara di Hunt finisce in un mare d'olio perso dalla sua McLaren al 33mo giro, quella di Lauda con un facile successo. Come andrà a finire quella stagione, è storia nota.
La doppietta di Reutemann – Restano molti dubbi su Lauda alla vigilia del Mondiale 1977. Le ombre dell'incidente al Nurburgring, del ritiro nel diluvio di Fuji, non si sono dissolte. E aumentano dopo le prime due gare del campionato. Lauda ha 3 punti, il suo compagno di squadra Carlos Reutemann ha un terzo posto nel gran premio di casa e una spettacolare vittoria a Interlagos, in una giornata di caldo infernale. Ricorderà sempre la sua quinta vittoria in F1, la prima in Ferrari, come una delle più difficili della sua carriera. Ricorderà quel giorno anche Renzo Zorzi, che va a punti per la prima e unica volta in F1 grazie ai ritiri di John Watson e Tom Pryce. Reutemann però non vincerà più quell'anno, e chiuderà il Mondiale al quarto posto. Lauda s’impone in Sudafrica, Germania ed Olanda e vince il titolo. Ma annuncia che lascerà la Ferrari, scelta che a posteriori ha definito un errore, ma che in quel momento sentiva come la più giusta: voleva, in un certo senso doveva, dimostrare di essere ancora in grado di vincere anche senza la Ferrari. Nelle ultime due gare del Mondiale, l'austriaco lascia il volante a un giovane canadese scelto dal Drake nonostante un curriculum fatto solo di corse su slitte: Gilles Villeneuve. Con queste premesse, Reutemann inizia la stagione 1978 conscio del ruolo di prima guida. Eppure, la prima gara è una grande delusione: è solo settimo a Buenos Aires. Vince però ancora una volta in Brasile, sul nuovo circuito di Jacarepagua (letteralmente “Palude dei coccodrilli”) costruito alle porte di Rio de Janeiro. È l'ultima gara della mitica 312T2, da Kyalami debutterà la T3 con cui l'argentino vincerà a Long Beach, a Brands Hatch, con un memorabile sorpasso su Lauda, e a Watkins Glen. A fine stagione Reutemann, “un uomo tormentoso e tormentato” come l'ha definito Enzo Ferrari, se ne va. “Come Fangio, Reutemann se n'è andato non appena ha avuto un'offerta da una scuderia con cui pensava di avere più chance di vincere il Mondiale” commenta il Drake. “Lole” non ha mai legato con il nuovo direttore sportivo Marco Piccinini. “Per me Enzo Ferrari era come un primo ministro circondato dai suoi consiglieri. Ho sempre avuto l'impressione che avesse già parlato con molti altri ogni volta che mi incontrava, e che non abbia mai creduto a quello che gli dicevo” ha ricordato l'argentino, che dopo la carriera sportiva si lancerà con successo in quella politica diventando anche governatore dello stato di Santa Fé dove è nato.
Mansell leone nella "Palude dei coccodrilli" – Si corre a Jacarepagua fino al 1989. È il primo GP della stagione, e il “Leone” Nigel Mansell, “un combattente nato, in lotta perenne con tutti, anche con se stesso” come diceva Enzo Ferrari,quel giorno scrive un pezzo di storia. Non vince solo una corsa, la 469ma nella storia della F1, non solo taglia per primo il traguardo alla prima gara al volante di una Ferrari, diventa il primo pilota a portare al successo una vettura con cambio semiautomatico al volante, la F1-89.
Il primo sigillo del Professore – Nel frattempo Interlagos viene rivoluzionato. Il tracciato è, da 7,8 km a 4,3, si ricostruiscono i box e si alzano gli standard di sicurezza. È la seconda prova della stagione, e in Ferrari è arrivato il Professore Alain Prost che si porta il numero 1, l'insegna del campione del mondo, dopo l'addio alla McLaren che ha sacrificato il francese nel nome di Ayrton Senna che però sbaglia, tocca Nakajima e finisce terzo, dietro anche al suo nuovo compagno di squadra, Gerhard Berger. Non ha ancora mai vinto in casa, mentre Prost festeggia il sesto successo in Brasile come non aveva mai fatto prima. Ha alzato il pugno al cielo dopo la prima vittoria in carriera, a Digione 1981, ha saltato di gioia per il Mondiale 1986, ma mai lo si era visto piangere di gioia e di rabbia come quel giorno a Interlagos. Si sentiva tradito dalla McLaren, quel giorno ha capito che il passaggio alla Ferrari è la scelta giusta, per tutti. Il francese, che in “rosso” vince 5 gare in due stagioni scarse di permanenza, porta carisma, classe, esperienza, capacità di collaudo, sensibilità meccanica, visione tattica. È lui il fattore chiave per il salto di qualità che si concretizzerà più avanti con l'arrivo di Jean Todt alla gestione sportiva a metà del 1993.
Gli anni di Schumi – Un'era scandita dai trionfi di Michael Schumacher, che riporta la Ferrari al successo in Brasile nel 2000, col brivido finale della verifica verifica tecnica per una presunta eccessiva usura del fondo piatto, e nel 2002, dopo l'intenso duello in avvio con Juan Pablo Montoya. A Interlagos, Schumacher chiude la sua straordinaria stagione in Ferrari, e finisce inevitabilmente per rubare la scena al compagno di squadra Felipe Massa, che trionfa davanti al suo pubblico. Ma ci sono almeno due vincitori morali di quella corsa: Fernando Alonso, che conquista il suo secondo titolo mondiale, e Schumacher che fora in avvio, ma rimonta quasi un giro a Massa e chiude incredibilmente quarto. Non ha centrato il titolo, ma lascia il Cavallino con una gara indimenticabile in cui ha messo tutto se stesso.
Raikkonen e Massa, gioia e dolore – Nei due anni successivi, il filo rosso si fa più acceso, più intenso, il ricordo più vivo mentre gli angoli diventano curve nella memoria. Nel 2007 Kimi Raikkonen arriva da terzo in classifica. Ma Lewis Hamilton ha un problema al cambio e perde praticamente un giro. Massa fa gioco di squadra, Raikkonen vince il mondiale ma sul podio il più contento sembra Alonso, che pare ridersela dei 17 punti dilapidati nelle ultime gare dal britannico, compagno di squadra gelidamente sopportato. Ma nel 2008, Hamilton si riprende quanto perso dodici mesi prima. Massa, che si gioca il titolo, prende subito il largo mentre Hamilton, sotto la pioggia arrivata a sparigliare destini e fortune nel finale, scivola sesto. Massa passa primo sotto la bandiera a scacchi ed è campione del mondo per 30 secondi, fino al sorpasso di Hamilton sulla Toyota di Timo Glock all'ultima curva. Alla Ferrari resta solo la consolazione dell'ultimo titolo costruttori della sua storia.