Jules Bianchi: la storia di un sogno spezzato
“Realizzare i propri sogni è una delle cose più belle che possano capitare”. Così scriveva l’anno scorso Jules Bianchi, che aveva inaugurato una rubrica sul sito del giornalista britannico James Allen. “Se a 13 anni mi aveste detto che sarei arrivato in Formula 1 non ci avrei creduto”. Un ragazzo fortunato, perché gli hanno regalato un sogno. Ma quel sogno gli ha tolto tutto, a un mese dal 26mo compleanno.
Finestre di dolore – Ha le corse e il dolore nel sangue, la famiglia Bianchi, che nel 1950 lascia Milano per il Belgio. Mauro e Lucien, nonno e prozio di Jules, diventano meccanici di Johnny Claes, pilota che viaggia nel segno del jazz e morirà di tubercolosi nel 1956. è lui che permette a Lucien di completare i primi test in pista. I risultati sono più che incoraggianti. Debutta in una gara al Tour de France del 1952 con una Jaguar XK120 insieme al connazionale Jacques Herzet: cinque anni dopo, su una Ferrari 250 GT e in scuderia con Olivier Gendebien, il Tour lo vincerà. Tra il 1959 (aMontecarlo) e il 1968, disputa 17 gran premi in Formula 1, ma deve la sua fama soprattutto alle prove endurance. Nel 1967 vince la 6 ore del Nürburgring con il francese Jean Rolland su un’Alfa Romeo Giulia GTA.
L’anno successivo è il migliore della sua carriera. Arriva l’unico podio in F1, terzo a Montecarlo, e le vittorie alla 6 ore di Watkins Glen, al Mugello e soprattutto, il 29 settembre 1968, alla 24 ore di Le Mans, in coppia col messicano Pedro Rodriguez, che morirà in pista al Norisring nel 1971. È uno dei due fratelli, l’altro è Ricardo, anche lui scomparso durante una corsa, cui è dedicato l’autodromo di Città del Messico. Nel 1969, la stessa sorte era toccata a Lucien, proprio a Le Mans: si schianta contro un palo del telegrafo, al volante di una Alfa Romeo T33, il 30 marzo 1969. Da quel giorno, anche Mauro smette con le corse automobilistiche. E nemmeno suo figlio Philippe, il padre di Jules, nonostante la passione per la velocità, riesce a superare il tabù familiare. “Era troppo complicato per me, non volevamo altre sofferenze”. Sarà Jules, nel 2013, a riportare un Bianchi in Formula 1.
Gli inizi di Jules – La corsa di Jules verso un sogno inizia sui kart. Impara già a 3 anni e mezzo, sulla pista che il padre possiede a Brignoles: dopo la scuola, imparare a correre e curvare diventa un’abitudine. Il debutto con le monoposto è entusiasmante: nel 2007 è già campione francese di Formula Renault 2.0, un’impresa che non riusciva dai tempi di Alain Prost e si cimenta anche nella serie europea, prima di passare nel 2008 alla Formula 3. Arriva terzo nel campionato continentale, vinto da Nico Hülkenberg, che però batterà ai Masters. “E’ uno dei migliori piloti della sua generazione” diceva allora il manager Nicolas Todt. È il 2009 l’anno della svolta. Vince il campionato europeo e debutta in Formula Renault 3.5. Risultati che gli aprono le porte della GP2 e della Ferrari.
Verso la F1 – La casa di Maranello lo nota dopo un test a Jerez de la Frontera con la Ferrari F60 e lo inserisce subito nella Drivers Academy, il programma per giovani piloti, sotto la supervisione dell'ingegnere di pista di Michael Schumacher, Luca Baldisseri. Gli fa firmare un contratto pluriennale, che prevede qualche anno di prova in un team minore. A novembre del 2011, guida la Ferrari F10 a Yas Marina per testare i nuovi pneumatici Pirelli. “Vestire quella tuta rossa con il Cavallino Rampante sul petto è sempre un’emozione incredibile” scriverà. “Per me la Ferrari è come una seconda famiglia e guidare a tempo pieno per il Cavallino resta il mio obiettivo, il mio ultimo sogno”.
Il debutto in F1 – Nel 2012 chiude secondo il campionato mondiale di Formula Renault 3.5 e assaggia la Formula 1. È il terzo pilota della Force India, che lo schiera in diverse sessioni di prove libere, al venerdì, dalla Cina a Abu Dhabi. A settembre, Jules conferma il suo valore. È il migliore nello Young Drivers Test, i test per giovani piloti della Ferrari a Magny Cours. Nel 2013 ottiene un volante alla Marussia, al posto di Luiz Razia e in Bahrain per la prima volta si qualifica. Il meglio, però, deve ancora venire.
Montecarlo nel cuore – A Montecarlo, l’anno scorso, arriva ottavo al traguardo, ma i 5 secondi di penalità lo fanno retrocedere al nono posto. La gioia, però, è identica: per la prima volta, Jules e la piccola Marussia vanno a punti in Formula 1. “Sono rimasto molto sorpreso dell’eco di questo risultato” ammette in un’intervista a Autosprint. “Sapevo cosa avrebbe comportato per il team quel piazzamento, ma non avevo pensato che così tante persone avrebbero notato questa nostra piccola impresa. Alla fine è un nono posto, e credevo che soltanto noi della Marussia e pochi altri addetti ai lavori avrebbero dato il giusto peso a questo piazzamento, ed invece l’ambiente ha percepito, e per me è stata una piacevole sorpresa”.
Suzuka – Il 5 ottobre 2014, Bianchi è al via del GP del Giappone, a Suzuka. Quasi un anno prima, l’11 ottobre 2013, era morta a Siviglia Maria de Villota. Figlia d’arte, papà Emilio aveva corso 15 GP in Formula 1 con Williams, Brabham, McLaren e March senza mai andare a punti, era anche lei al volante di una Marussia il giorno che la sua vita ha preso l’ultima, drammatica, svolta. Sul rettilineo della pista di Duxford, un eliporto inglese, al termine dell’installation lap, mentre rientra ai box, va a sbattere contro un camion di supporto della scuderia, che non avrebbe dovuto essere lì: ha la pedana aperta, che la colpisce alla gola. Maria perde l'occhio destro, non ha più olfatto e la parte destra della testa rimane senza più sensibilità. Ha il sapore drammatico dell’epifania tragica, il preludio della gru che spezza il sogno di Jules.